Maria Agresta, musicalmente parlando è un soprano cilentano che tra passato, presente e futuro incastona una serie di appuntamenti nazionali ed internazionali, gioielli preziosi per gli amanti del bel canto ed in particolare delle opere di Puccini e Donizetti. Umanamente Maria Agresta è ancora di più, una perla di umiltà, saggezza, dolcezza ed anche forza pulita. Se fosse uno dei quattro elementi della natura, bisognerebbe sfruttarla per ricavarne energia pura.
L’abbiamo incontrata a Venezia in occasione dell’Opera Gala organizzato dal Teatro la Fenice nello splendido scenario di Palazzo Ducale, diretto dal grande maestro coreano Myung-Whun Chung, e prima dell’importante appuntamento dal 28 settembre la vedrà al Teatro La Scala di Milano con la storica Bohème di Franco Zeffirelli, diretta dal giovanissimo Daniele Rustioni.
Parliamo dell’esperienza veneziana? Cosa la ha emozionata di più?
Innanzitutto è stata la mia prima collaborazione con il Teatro La Fenice. Mi emoziona cantare in questa città che per me è un sogno. Ricordo quando ci venni per la prima volta qualche anno fa, ero incantata a passeggiare tra le calli chiuse…anche l’altra sera mi sono concessa il mio primo giro in gondola con mio marito. Venezia è come vivere in un sogno, in altri tempi, bellissima.
Se chiude gli occhi e pensa a Venezia, cosa le viene in mente?
La prima cosa che mi è venuta in mente è anche la prima fotografia della città: arrivare in Piazza San Marco e vedere tutti quegli angolini dedicati alla musica. In un momento in cui in Italia la musica sembra occupare non l’ultimo posto ma ancora peggio, Piazza San Marco è qualcosa di unico, mi fa rinascere, mi arricchisce, mi fa sperare in un futuro migliore.
Cosa si porta dietro del suo essere campana?
Mi porto sempre dietro l’attaccamento alla mia terra, alla mia famiglia, alla quale devo tutto, soprattutto l’appoggio che mi hanno dato all’inizio della carriera. E’ stato fondamentale per studiare canto ed è nella mia famiglia che ho trovato il mio primo pubblico, i miei fan. Soprattutto la mia mamma. Sono dovuta andare via dalla Campani, ma la porto sempre nel cuore e ogni volta che ritorno è una grande gioia, sempre.
Qual è il momento della sua carriera che vorrebbe ripetere?
Tutte le mie prime perché sono veramente il momento in cui ti esprimi al massimo e cerchi di dare il massimo. La prima è il momento in cui si realizzano tutti i tuoi sforzi, che divengono tangibili; si vede il lavoro fatto in scena, quello fatto sulla voce, con la musica, con il direttore d’orchestra. Tutte le recite danno emozioni fortissime ma le prime in particolare sono una bomba di adrenalina.
E quale invece vorrebbe cancellare?
Non esiste qualcosa che vorrei cancellare perché tutto mi ha dato qualcosa sia in negativo che in positivo. Dal negativo ho imparato ad essere più forte, sono temprata e ho capito quali cose vanno evitate, quali devono essere considerate, quali invece proprio essere ignorate.
Cosa manca nella sua vita di oggi?
Mi manca la quotidianità, svegliarmi a casa mia, muovermi tra le mie cose. Infatti le mie vacanze in genere le trascorro a casa, a Modena che ho scelto per motivi familiari.
Di cosa ha paura?
Ho paura di svegliarmi un giorno e non avere la mia voce: il timore non è tanto legato al fatto di dover smettere di cantare per il pubblico, ma di essere costretta a smettere di cantare per me. Questo mio lavoro è anche la mia grande passione, sono fortunatissima. E grazie al canto, alla voce che io riesco a provare delle emozione che credo nessuno al mondo possa sentire o comprendere.
Naturalmente ho anche paura di non riuscire a dedicare troppo spesso tempo ai miei affetti. Anche se le persone che ti vogliono bene comprendono, io sono molto legata alla famiglia, quindi non passa giorno che non telefoni alla mia mamma, alle mie sorelle e naturalmente a mio marito che è con me quasi sempre.
Come tiene allenata la sua voce?
Studiando tutti i giorni, ma anche prendendo dei momenti di pausa soprattutto dopo le recite, in cui far rilassare le corde vocali ma anche il corpo. E’ tutto molto collegato. Comunque l’esercizio costante, quello di ogni giorno va fatto. Siamo atleti.
Che rapporto ha con il suo essere donna e cantante?
In passato ho dovuto fare una dieta molto drastica e, nonostante sia rimasta in carne, sono riuscita a perdere circa 30 chili. Mi piace curarmi, mi piace essere donna come credo piaccia a tutte. Certo è che non ne faccio una malattia per il fatto che non sono magra, perchè purtroppo non potrei mai diventarlo e soprattutto mi spaventa molto perdere la voce. Quando ho fatto questa dieta in due anni ho dovuto proprio riassettare tutto, avevo perso i punti fermi, ho dovuto rimettermi gioco, ricostruire la tecnica su quello che ero diventata. Non si può avere tutto dalla vita.
Qual è la situazione che considera più rilassante?
La cosa che mi fa rilassare di più è passeggiare di sera. Mi piace moltissimo a piedi o in bicicletta. E poi come tutti adoro i massaggi. Comunque mi piace rilassarmi anche stando seduta sul terrazzo ad ascoltare musica. Ed il silenzio.
Quale è stato il primo disco che ha acquistato?
E’ stato un disco di arie scelte di Maria Callas e l’ho consumato. E’ stato il mio primo amore, per cui lo conservo.
Qual è la musica che di solito fa da sottofondo alle sue giornate?
Diciamo che spazia dalla sinfonica alla lirica, al pop, alla classica. Mi piace tutta. Certo è che se voglio particolarmente rilassarmi ascolto Chopin, Brahms, Rachmaninov, che sono un po’ le colonne sonore della mia vita.
Il ruolo che ha già interpretato in cui si sente più a suo agio?
Non saprei dirlo: c’è un ruolo che mi ha dato moltissime emozioni, anche a livello di crescita artista e professionale: Norma, sicuramente. Credo che sia il ruolo più completo, Norma è una donna ferita, è una mamma, un’amante, ci sono vari lati interessanti. Ma devo dire che soddisfazioni molto grandi me le ha date per esempio anche Gemma di Vergy di Donizetti. E’ stata una sfida tremenda ma bellissima, come anche la sfida di Traviata, che all’inizio ho fatto fatica a debuttare anche perché spesso mi veniva detto “ma la voce è troppo scura”, “ma quale tenore ti mettiamo vicino?” Io chiedevo solo la possibilità di interpretarlo. Sinceramente considerando che da quando ho fatto il passaggio da mezzosoprano a soprano molti personaggi sono più vicini a quello che sono io a livello emozionale, di sentimenti, mi piace entrare nelle vite di queste donne. Tra virgolette a volte io “uso” le eroine dell’Opera anche nella mia vita personale.
Il ruolo dei suoi sogni e quello che non potrebbe interpretare mai?
Diversi sono i ruoli dei miei sogni, ma diciamo che mi piacciono le eroine pucciniane. Spero un giorno di riuscire a cantare Madama Butterfly per intero. Lo dico sia per una questione di difficoltà vocale che secondo me è estrema, e sia perché è un ruolo che mi prende a tal punto da non riuscire a staccarmi fino ad essere lucida e continuare. E’ una lotta. Le emozioni che Puccini regala fanno male. Quando riuscirò a staccarmi un po’, forse riuscirò a cantarla: per il momento è ancora un sentimento troppo vivo, troppo radicato, troppo dentro. Un altro mio sogno è quello di fare la Manon Lescaut sempre di Puccini, perchè è un’altra bomba di emozioni indescrivibili.
Un ruolo che non potrò interpretare, o almeno lo vedo molto molto lontano, è Turandot sempre restando su Puccini, proprio per l’ideale che ho di voce adatta a questo repertorio. Ma chissà un domani…
Secondo lei, la lirica si può e si deve fare solo nei luoghi tradizionali?
Penso che la lirica sia un’arte talmente intima che va fatta nei luoghi consoni. Ben vengano altri situazioni ma si devono creare le circostanze adatte per far arrivare alla gente le stesse emozioni che normalmente si provano a teatro. Per esempio sono molto d’accordo con la diffusione dell’Opera in televisione perchè è l’unico metodo per avvicinarla alla gente che non frequenta i teatri per motivi economici, di distanza o anche culturali, magari semplicemente non si è abituati. Però bisogna sempre rispettare la lirica: questa è la cosa principale.
Il teatro dei suoi sogni?
Per me tutti sono teatri dei sogni, soprattutto in Italia. Però mi piacerebbe cantare anche all’estero. Presto sarò all’Opera de Paris. E’ in programma il Metropolitan, il Covent Garden. Quindi i grandi teatri stanno per arrivare, ma proprio per questo amore nei confronti della mia terra vorrei anche restare, esprimermi e respirare l’aria dei teatri italiani. Per esempio quando sono entrata in Fenice ho pensato “qui c’è stato Puccini, Verdi con Traviata”. C’è la storia che ha un peso fortissimo. Quando sono stata alla Scala quest’anno, ignara del fatto che fosse stato tutto cancellato, sono andata a cercare il camerino della Callas. Se me lo concedono mi piace andare a cercare gli archivi, le foto, perché lì c’è il nostro passato, il nostro patrimonio, i nostri monumenti culturali.
Che cosa la imbarazza?
Restando nel mio lavoro mi imbarazza spesso dover varcare la soglia del rispetto di alcuni colleghi. Purtroppo molto la maggior parte delle volte viene richiesto dal regista. Mi aiuta però il fatto che facendo le prove si arriva ad un grado di feeling che mi mette a mio agio. Quello che mi imbarazza in assoluto è la maleducazione perché non so come affrontarla. E’ disarmante, mi lascia basita.
Dei 7 vizi capitali, per lei quale non è un vizio?
La gola. Eh, sì diciamo la verità. E’ una delle sette meraviglie. Io non invidio nessuno, solo chi si siede a tavola e mangia liberamente.
Il senso più importante?
Il tatto.
A chi non conoscesse la sua voce, cosa farebbe ascoltare?
Farei ascoltare delle romanze da camera come prima cosa perché credo che su questo repertorio si possano creare colori ed atmosfere ancora più intime rispetto all’opera, in cui a volte la quantità di strumenti sacrifica la parte per me più importante. E poi farei ascoltare un’aria che io amo molto anche se è soggetta a tantissimi paragoni: Casta Diva.
Cosa fa un’ora prima di salire sul palco?
Mi scaldo la voce, chiamo mio marito se non è con me, mando l’ultimo messaggino alla mia mamma e faccio una preghiera.
Cosa non manca mai nel suo camerino?
L’acqua, un rosario che mi ha regalato la mia mamma e che porto sempre anche in scena.
A cosa pensa quando si guarda allo specchio?
Sono contenta perché nella mia vita ho fatto tantissimo per arrivare dove sono arrivata. Ho lottato a volte tirando fuori un carattere che non era sicuramente mio. Anzi in quel caso ho dovuto recitare. Però sono contenta di aver insistito e di non avere mollato. Ci sono stati momenti in cui ho detto basta, non ce la posso fare, non ne posso più, invece adesso sono felice per me, per la mia famiglia, per mio marito che è stato sempre una guida fondamentale da quando l’ho conosciuto.
L’insegnamento più importante che ha ricevuto nella sua vita?
Sono tanti. Anche se la mia vita è relativamente breve è stata intensa, fatta di cose belle, brutte, di dolori, di dispiaceri. Forse l’insegnamento più grande è stato proprio quello di non mollare ma guardare sempre avanti rispettando tutto e tutti quelli che mi circondano.