Bayreuth, Festspielhaus, Bayreuther Festspiele 2012
“TANNHÄUSER”
Opera romantica in tre atti.
Libretto e musica di Richard Wagner
Landgraf Hermann GÜNTHER GROISSBÖCK
Tannhäuser TORSTEN KERL
Wolfram von Eschenbach MICHAEL NAGY
Walther von der Vogelweide LOTHAR ODINIUS
Biterolf THOMAS JESATKO
Heinrich der Schreiber ARNOLD BEZUYEN
Reinmar von Zweter MARTIN SNELL
Elisabeth, Nichte des Landgrafen CAMILLA NYLUND
Venus MICHELLE BREEDT
Ein junger Hirt KATJA STUBER
Orchestra e Coro del Bayreuth Festspiele
Direttore Christian Thielemann
Maestro del coro Eberhard Friedrich
Regista Sebastian Baumgarten
Scene Joep van Lieshout
Costumi Nina von Mechow
Video Christopher Kondek
Luci Franck Evin
Drammaturgia Carl Hegemann
Bayreuth, 27 agosto 2012
Il regista Sebastian Baumgarten ci offre una versione alquanto astrusa di quest’opera, facendo di Tannhäuser un personaggio ridicolo: un gaudente bevitore dotato di una personalità debole. Questo ancora non è sufficiente al regista per farne un’interpretazione triste, confusa e piena di cliché. Egli stesso dice di considerare Bayreuth come un’officina, forse un laboratorio, dove si concretizzano le sue idee. La scena è concepita come una fabbrica di biogas dove tutto si trasforma; la combustione stessa dei rifiuti serve per produrre alcool che tutti bevono smodatamente; gli elementi scenici come cisterne e tubi, sono avvolti da luci che passano dal rosso satanico al bianco gelido. Anche i costumi, privi d’interesse, non aiutano durante le tre ore di spettacolo, ad intendere il disegno registico. Quando dopo il primo atto si chiude il sipario, il pubblico costernato, si sarà chiesto alla vista di Venus gravida e partoriente se nel mostrare il bimbo nato si volesse presagire il futuro dell’umanità; purtroppo il mio interrogativo sta nel chiedermi se la musica di Richard Wagner e il lavoro di tanti artisti e musicisti è utile per porre tali quesiti?
In opposizione a Venus dipinta qui come una prostituta, Elisabeth è presentata come una santa, pronta a mutilarsi le mani segnate dalle sacre stigmate. Proiezioni di spermatozoi, ovuli, cellule in divisione, sottolineano il concetto di fecondità dall’inizio alla fine dell’opera per concentrarsi sulla vita dal concepimento fino alla nascita. Il Venusberg è rappresentato da una gabbia dove sono rinchiusi Venus e Tannhäuser circondati come, in un’orgia, da amici di piacere; ma non c’è nulla di erotico o di sensuale in questa scena piuttosto volgare. Tutta l’atmosfera triviale che regna in questa produzione contrasta con il pensiero di Wagner dove nulla risulta rozzo e grossolano. Il desiderio è quello di sconcertare, turbare o indignare un pubblico che ormai non si pone più certi quesiti, accettando ormai tutto inequivocabilmente, all’insegna del moderno. Lasciatemi esprimere il mio disaccordo. Vedere Tannhäuser inviare degli aerei di carta o ballare con Venus gravida durante la tenzone poetica, o ancora Elisabeth che si suicida entrando in una vasca di biogas o Tannhäuser al rientro da Roma ricoperto dai segni di una malattia come l’AIDS non apporta nulla: se con tutto ciò i cantanti riescono ad elevarci, allora bene!
Ci nobilita da tutte queste scempiaggini la musica diretta da Christian Thielemann, direttore molto amato dai maestri di Bayreuth. Dobbiamo riconoscergli una direzione viva, incisiva a volte asciutta, ma l’orchestra abituata al suo gesto ne trae un suono straordinario. Bisogna seguire a occhi chiusi per profittare al massimo di ogni nota, per gustare le armonie peculiari della musica di Richard Wagner e, come dice il compositore, essere nello stato di raccoglimento necessario.L’ouverture ci fa sentire i principali temi interpretati in maniera maestosa, permettendo in questo teatro, di far emergere gli strumenti a corda e il loro suono voluttuoso; tutto ciò purtroppo viene disturbato dalle continue proiezioni.
Torsten Kerl è un Tannhäuser danneggiato dalla regia; negli acuti il timbro risulta teso e affaticato, ma riesce ad imporsi grazie ad una prestazione complessivamente omogenea. La voce ben impostata nel registro centrale risulta piacevole: una buona dizione ed un’eccellente proiezione del suono fanno dimenticare il timbro iniziale e riesce a sedurci con un buon fraseggio. Il duetto con Venus e l’aria “Dir tone Lob!” lasciano intravedere bei momenti musicali. Grazie alla sua musicalità la voce ben si accorda con quella di Wolfram.
Michelle Breedt è una Venus partecipe, anche se la regia le toglie ogni sensualità, ma la voce profonda dà carattere al personaggio. Gli acuti sono puliti, anche se alcuni un po’ forzati, senza dubbio più mezzo che soprano. In generale la voce resta melodiosa ed è con garbo che esegue le parti acute a mezzavoce.
Camilla Nylund interpreta Elisabeth, ruolo che le conviene decisamente. Il suo canto si evolve con molta eleganza, con voce piena e melodiosa e la perfetta dizione ci lascia come sospesi al suo canto. Passa dal piano al forte legando con morbidezza e il registro acuto non è alterato dalla potenza. Nella sua aria “Dich, teure Halle” del primo atto ogni suono è intonato mantenendo lo stesso smalto; ma è nel terzo atto, quando Elisabeth intona la preghiera, che il soprano trasmette la più grande emozione, mostrando un fraseggio che le permette d’incatenare le note senza asprezze, sempre con giusto accento musicale. Nel duetto con il tenore, malgrado la voce di quest’ultimo non si accordi con la propria, il risultato è stato comunque affascinante.
Michael Nagy possiede una voce di baritono magnifica; interpreta Wolfram Von Eschenbach in modo magistrale e verrà molto applaudito. La voce rimane rotonda sia nel forte che nel piano ed esegue la “romanza della stella” con dolcezza e tenerezza, accompagnato da un’orchestra attenta al canto, per regalarci un momento di puro piacere. Nel momento della tenzone può far apprezzare le note gravi ed è capace di sfumature sottili e notevole musicalità.
Günther Groissböck è un Langravio imponente per voce e statura. Il registro grave è robusto e di qualità tali da meritare l’ascolto in ruoli più estesi.
Lothar Odinius, meritevole di nota per l’interpretazione di Walter, possiede voce di tenore sicura e ben impostata, dotata di timbro piacevole. Anche gli altri cantanti si sono rivelati di buon livello come il soprano Katja Stuber nel ruolo del giovane pastore. Il coro rimane ammirevole per musicalità ed omogeneità. Malgrado tutte le qualità degli artisti questa produzione lascia comunque un ricordo deludente e spiacevole.