Fondazione Arena di Verona – 90° Festival 2012
“TOSCA”
Melodramma in tre atti. Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma omonimo di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca MARTINA SERAFIN
Mario Cavaradossi ALEKSANDRS ANTONENKO
Il barone Scarpia ALBERTO MASTROMARINO
Cesare Angelotti ALESSANDRO GUERZONI
Il Sagrestano MARCO CAMASTRA
Spoletta SAVERIO FIORE
Sciarrone DARIO GIORGELÈ
Un Carceriere ARMANDO CAFORIO
Un pastorello ALBERTO TESTA
Coro e Orchestra dell’Arena di Verona
Coro voci bianche A. d’A.Mus.
Direttore Marco Armiliato
Direttore voci bianche Marco Tonini
Regia, scene, costumi e luci Hugo De Ana
Verona, 25 agosto 2012
L’allestimento di Tosca di Giacomo Puccini firmato interamente da Hugo De Ana è stato senz’altro il repêchage più significativo della stagione areniana da poco conclusasi. Infatti, se da un lato se ne possono apprezzare i contenuti – una regia sostanzialmente d’impianto narrativo, benché in alcuni momenti di “maniera” -, dall’altro possiamo godere di un allestimento che punta ad una spettacolarità veramente grandiosa, ben ideata, che sembra voler esaltare il gusto decadente dell’opera. È un allestimento che si svela a poco a poco, in cui tutto è inizialmente coperto da teli neri, lasciando adito solo all’enorme fondale nero, i cui pannelli, aprendosi, faranno poi scorgere parte del clero durante lo sfarzoso Te Deum e la prigione di Cavaradossi all’ultimo atto. Campeggia per l’intera durata dello spettacolo l’enorme testa dell’Angelo di Castello, la cui spada brandita si abbasserà solo all’inizio dell’ultimo atto, quasi un gesto ironico in un dramma in cui vincitori e vinti, “buoni e cattivi” vengono inesorabilmente messi sullo stesso piano subendo la medesima sorte. Gli oggetti in scena sono sempre pochi ma fortemente connotativi: ne consegue un campo d’azione e movimento molto vasto che, come abbiamo sottolineato in apertura, porta a momenti slentati e involontariamente parodistici soprattutto nel serrato confronto tra Tosca e Scarpia. A sottolineare la natura barocca dell’allestimento contribuiscono in modo determinante i costumi, soprattutto quelli sfoggiati durante il macabro Te Deum e quelli di Tosca – crediamo davvero poco agibile quello utilizzato durante il secondo atto -. Definiremmo fin troppo “realistici” il primo colpo di cannone e i fucili all’uccisione di Cavaradossi: magari si sarebbero potuto calibrarne meglio l’effetto; parimenti, si sarebbe potuto calibrare meglio i suoni di organo e campane, davvero soverchianti. Al finale, troviamo Tosca, colta solamente di schiena, assunta martire sulla testa dell’Angelo, brandire un crocifisso: sarà quindi possibile una redenzione all’amante che ha ucciso per amore? Bello e funzionale il disegno luci, sempre firmato da De Hana, nel rimarcare attraverso gradazioni sempre pertinenti non solo i momenti topici, ma anche le atmosfere: opulenza, gioia, angoscia, disperazione, morte.
La Tosca di Martina Serafin ci è sembrata adagiarsi fin troppo ai momenti più blandi della regia, risultando talvolta affettata nel fraseggio; vocalmente, ha mostrato un registro centrale corposo e sonoro. Lo stesso non si può dire della zona acuta, in più punti compromessa nell’estensione e, soprattutto, nell’intonazione. Aleksandrs Antonenko come Cavaradossi si è fatto valere in forza di una voce sufficientemente voluminosa, ancorché con palesi disomogeneità nel registro acuto, ma stentorea e avara di colori. Non altrettanto “avaro” è stato il tenore nel bissare “E lucevan le stelle”, nonostante le richieste non particolarmente insistenti. Alberto Mastromarino, Scarpia, è stato senz’altro l’unico a tratteggiare un personaggio vivido e vibrante, ad onta di qualche effetto plateale. Marco Camastra come Sagrestano è risultato composto e vocalmente adeguato. Alessandro Guerzoni, nei panni di Angelotti, è stato anche troppo “tonante”; di Saverio Fiore, Spoletta, abbiamo sentito molto poco. Completavano il cast Dario Giorgelè, Sciarrone, e Armando Caforio, Carceriere. Alberto Testa è stato un bravissimo Pastorello. Molto bella e pertinente la lettura optata da Marco Armiliato, capace di farsi lirica ma mai blanda nei momenti distesi senza però rinunciare all’incisività necessaria in quelli più concitati. Bene anche Coro e Orchestra; discreta la prova del Coro di voci bianche A.d’A.MUS diretto da Marco Tonini. Successo vivo, soprattutto per i protagonisti, nonostante il pubblico non troppo numeroso. Foto Ennevi – Fondazione Arena di Verona.