Choréiges d’Orange, Festival Lirico 2012
“TURANDOT”
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri. Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni dalla fiaba teatrale di Carlo Gozzi
Musica di Giacomo Puccini
Turandot LISE LINDSTROM
Calaf ROBERTO ALAGNA
Liù MARIA LUIGIA BORSI
Timur MARCO SPOTTI
Ping MARC BARRARD
Pong JEAN-FRANCOIS BORRAS
Pang FLORIAN LACONI
Altoum CHRIS MERRITT
Un Mandarino LUC- BERTIN-HUGAULT
Orchestre National de France
Chœurs de l’Opéra-Théâtre d’Avignon, de l’Opéra de Nice, de l’Opéra de Toulon Provence-Méditerranée,
de l’Opéra de Tours et de l’Ensemble Vocal des Chorégies d’Orange, Maîtrise des Bouches-du-Rhône
Direttore Michel Plasson
Regia Charles Roubaud
Scene Dominique Lebourges
Costumi Katia Duflot
Luci Avi Yona Bueno
Orange, 28 luglio 2012
E’ nella magnifica cornice del Teatro Antico di Orange, esaurito fino all’ultimo gradino, che è andata in scena la nuova produzione di Turandot. L’immensa scena del Teatro è un luogo ideale per questa partitura e il regista Charles Roubaud, che ben conosce questi spazi, li ha saputo valorizzare al massimo, creando uno spettacolo grandioso, ma non stucchevole, retorico e scontato. Una qualità non da poco! Il gran numero di comparse a coristi presenti in scena sono stati ben coordinati dal regista riuscendo a non arrecare disturbo all’esecuzione musicale. Una regia ariosa, chiara, nella quale ogni personaggio ha una precisa collocazione. E’ una Cina cupa, quella che ci mostra Roubaud, in lutto come Turandot che ha rifiutato l’amore, traumatizzata dal rapimento della sua lontana ava.
La scena è fissa e ci presenta l’esterno del palazzo di Altoum imperatore della Cina e della figlia Turandot. Grazie a un sapiente gioco di luci e proiezioni si trasforma in una vasta sala bilioteca. Il palcoscenico è utilizzato su due piani sia orizzontalmente che verticalmente. Alla sommità un grande gong che nasconde la grande statua dell’imperatore di Augusto che questa volta non è stata invitata a partecipare allo spettacolo. Questo gong, variamente illuminato, si trasforma nella luna o nel sole. Al primo piano l’imperatore appare cinto da un’aureola di luce, sul piano più elevato appare Turandot scortata dalla corte tutta vestita di nero. Le luci di Avi Yona Bueno giocano un ruolo importante nel dare un ulteriore spessore psicologico ai personaggi, così come i costumi sobri,ma ricercati di Katia Duflot, perfettamente integrati con la linea registica. Ottimo, nel complesso, il cast vocale. Il Mandarino di Luc Bertin-Hugault che dopo un inizio un po’ incerto, nei successivi interventi acquisisce una maggiore sicurezza e omogeneità d’emissione. Ritroviamo Marco Spotti: rispetto al Colline di Bohème, in Timur ha mostrato una maggiore statura interpretativa e rilievo vocale. Chris Merrit è stato veramente un interprete degno del ruolo che interpretava. Un Altoum finalemte non dalla voce esangue, ma ampia e sonora. Lo ricordiamo come interprete de La fille du regiment, qui a Orange e ancora oggi la sua vocalità si espande timbratissima nei vasti spazi del Teatro Antico.
I tre ministri Ping, Pong e Pang, rispettivamante Marc Barrard, Jean-Francois Borras e Florian Laconi, hanno composto un trio omogeneo, corretto vocalmente e scenicamente, divertendo senza eccedere con un gioco teatrale volto a non rallentare la tensione che regna durante tutta l’opera.
Maria Luigia Borsi è stata una Liù commovente: all’inizio la sua voce si presenta con vibrato un pò largo, ma nel corso dell’opera acquista ampiezza conferendo spessore sempre maggiore al personaggio. Il registro acuto è felice, con prese di suono eleganti e delicate e un ventaglio di colori nelle dinamiche che le hanno fatto ottenere un particolare plauso da parte del pubblico. C’era molta attesa per il Calaf di Roberto Alagna. Sicuramente il tenore non ha tradito le aspettative. Il suo è stato un personaggio impetuoso e passionale. La vocalità “italiana” è presente, forte e e calda. Anche il registro grave risuona grazie al sapiente uso dei piani da parte dell’orchestra. La scena con Liù nell’atto primo è stata ricco di espressione, ma anche successivamente il suo Calaf spicca per presenza e credibilità.
Ci giunge come un fulmine a ciel sereno l’annuncio dopo l’intervallo, di una improvvisa difficoltà da parte del tenore causata da una micosi laringea. Nonostante ciò il cantante avrebbe portato a termine lo spettacolo. Arrivati al celebre “Nessun dorma” la voce lo abbandona al secondo “vincerò”. L’orchestra lo sostiene e il pubblico lo applaude con calore. Qualcuno protesta, ma ci sembra ingiusto: un’artista che si esibisce dal vivo può avere un cedimento senza per questo compromettere il successo di un’opera!
Coraggiosamente Alagna riprende in mano la situazione continua e porta a termine la recita con un duetto finale carico di fervore e impeto. Lise Lindstrom è una Turandot bella, altera e maestosa, la sua presenza scenica trasmette fierezza e orgoglio. La voce si presenta po’ metallica e tagliente, con un vibrato “stretto” non particolarmente gradevole. Senza dubbio il registro grave non è particolarmente ampio, ma gli acuti sono potenti e sicuri, si è dimostrata in grado di attaccare acuti in piano per poi rinforzarli, sfoggiare una buona gamma di colori nonchè di una dizione abbastanza accurata. Il vasto Coro è stato qualitativamente all’altezza. Gli interventi precisi ed intonati sempre “a tempo”, anche nei difficili passaggi dell’Invocazione alla luna. Prova posivitva anche per le voci bianche, ben preparate e intonate. L’Orchestra National de France sotto la guida di Michel Plasson sosteneva i cantanti con belle sonorità nella sezione degli archi. Bene anche le parti soliste. Plasson ha saputo evidenziare i vari colori dell’orchestrazione pucciniana. Una serata coronata da un successo pieno e convinto.