Savona, Complesso monumentale del Priamàr, Opera Giocosa 2012
“DON GIOVANNI”
Dramma Giocoso in due atti su libretto di Lorenzo da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni SIMONE ALBERGHINI
Donna Anna IRINA DUBROVSKAYA
Don Ottavio FRANCESCO MARSIGLIA
Il Commendatore MANRICO SIGNORINI
Donna Elvira ANNA MARIA CHIURI
Leporello SIMONE DEL SAVIO
Zerlina LINDA CAMPANELLA
Masetto MATTEO PEIRONE
Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
Direttore Giovanni Di Stefano
Maestro del Coro Marco Balderi
Regia Elisabetta Courir
Scene e costumi Guido Fiorato
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera Giocosa – ONLUS di Savona
Coproduzione con la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e il Teatro Sociale di Rovigo
Savona, 14 luglio 2012
Nello scenario suggestivo del Complesso Monumentale del Priamàr è andata in scena la prima di “Don Giovanni”, secondo titolo in cartellone per la stagione estiva dell’Opera Giocosa di Savona. Se l’alto livello artistico del cast fa di questa produzione un vero trionfo musicale, lo stesso non si può dire dell’allestimento, che reca la firma di Elisabetta Courir per la regia e di Guido Fiorato per scene e costumi. Sul palco vediamo per tutta la durata dell’opera alcuni elementi mobili simili a bare, una pedana inclinata e uno sfondo neutro di colore mutevole a seconda dell’illuminazione. La conformazione minimal delle scene – dovuta probabilmente anche alla scarsità di fondi – di per sé non sarebbe male se fosse supportata da scelte registiche che garantiscano uno sviluppo coerente e sensato del “dramma giocoso”. Si ha invece l’impressione che la Courir non abbia le idee particolarmente chiare, ma che piuttosto proponga un’accozzaglia di spunti sparsi – alcuni anche validi – senza però sforzarsi di risolverne compiutamente nemmeno uno. Le note di regia, invece di fare chiarezza, contengono una generica divagazione sulla figura del protagonista, ulteriore sintomo di quanto detto sopra. Intellettualismo criptico o grande confusione? Come se non bastasse, diverse scelte hanno davvero del grottesco e, invece di sorprendere positivamente, rasentano il ridicolo. Pensiamo ai petardi festosi sparati al termine del finale moraleggiante, o all’intera caratterizzazione violenta ed esagerata di una Donna Elvira armata di fucili, moschetti e ventagli (praticamente una Valchiria vestita da Madama Butterfly), o ancora all’apparizione improbabile del Commendatore che fa capolino da un cielo stellato con le sembianze di una luna piena. Purtroppo potremmo continuare. Non mancano tuttavia momenti visivamente gradevoli e originali come la Scena del Catalogo nella quale Leporello sfodera dal “non picciol libro” immagini che riproducono le sagome delle innumerevoli belle, oppure scene ad effetto come la fuga di Don Giovanni aggrappato al lampadario. Per quanto riguarda le dinamiche di interazione tra i cantanti, niente viene lasciato al caso e ogni movimento suggerisce d’essere stato studiato nel dettaglio. Ne consegue una certa rigidità che più volte mette evidentemente a disagio gli artisti, costretti spesso a spostarsi acrobaticamente o ad assumere posizioni scomode che sarebbe bene non proporre nell’ambito di una regia lirica se si vuole evitare di compromettere il canto.
Nemmeno il direttore Giovanni Di Stefano, che ha qui guidato l’Orchestra del Carlo Felice, riesce a semplificare il lavoro ai protagonisti in scena, proponendo tempi fin troppo frenetici ed incalzanti.Nonostante tutto, come si diceva, è il fronte musicale a coronare d’alloro la produzione, e di questo dobbiamo ringraziare solamente gli eccezionali interpreti che vi hanno preso parte.
Il Don Giovanni di Simone Alberghini può aggiungere alle sue duemilasessantacinque conquiste elencate nel “Catalogo” anche tutto il pubblico savonese, letteralmente rapito dalla sua performance. Con un physique du role su misura per la parte seduce ed incanta tutti grazie alle sue mirabili doti attoriali, riuscendo a padroneggiare la scena con incredibile disinvoltura. Alberghini dimostra d’essere non solo un ottimo attore, ma anche un bravo cantante, dotato di una voce corposa e di bel timbro brunito. Da segnalare la straordinaria interpretazione musicale della canzonetta “Deh, vieni alla finestra”, che il protagonista intona con rara soavità accompagnato da una sorridente mandolinista uscita dalla buca per suonare seduta a bordo palco.
Ottima spalla del libertino è Simone del Savio nei panni del servo Leporello, che convince sia sul piano musicale sia sul piano scenico suscitando simpatia già a partire dal suo atletico ingresso in scena con un’improbabile capriola. La complessa parte di Donna Anna è affidata a Irina Dubrovskaya, che qui per la prima volta si misura con un’opera mozartiana. La sua spiccata sensibilità artistica, la tecnica solida e l’innato buon gusto permettono al soprano siberiano di affrontare un ruolo delicato come questo in modo più che convincente. Decisa e risoluta nella prima aria (“Or sai chi l’onore”) e infinitamente dolce nella seconda (“Non mi dir, bell’idol mio”), la Dubrovskaya dipinge ogni sfumatura psicologica del personaggio con straordinaria efficacia e riesce a coniugare perfettamente canto e gestualità regalandoci un’interpretazione complessiva di commovente bellezza. Non è da meno il suo promesso sposo Don Ottavio (Francesco Marsiglia). Il tenore napoletano, forte di una dizione ottima e un timbro chiaro assai gradevole, esibisce un fraseggio straordinariamente elegante e riceve applausi meritati e calorosi al termine di entrambe le sue arie, in particolare “Il mio tesoro intanto” cantata pressoché alla perfezione, con gusto e pulizia di suono. Se, come si diceva, l’Elvira ideata dalla Courir per questo allestimento non è certo un monumento di delicatezza, dal punto di vista vocale non lo è nemmeno Anna Maria Chiuri, cui è stato affidato il ruolo. Certamente provvista di uno strumento più che buono ma forse non della tecnica necessaria per poterlo sfruttare al meglio, il mezzosoprano sforza incessantemente non riuscendo a trovare quel senso della misura indispensabile per cantare Mozart in modo soddisfacente. Qua e là possiamo tuttavia ascoltare a sorpresa pianissimi mozzafiato, chiare manifestazioni della qualità artistica che non le manca ma che andrebbe in qualche modo meglio addomesticata.
Al contrario troviamo in Linda Campanella una tecnica solida e sicura che, unita alle sue grandi capacità d’interprete ormai esperta, le permette di dar vita ad una frizzante Zerlina molto ben cantata e disinvolta. Assai meno valido il Masetto di Matteo Peirone, che tenta di mascherare le difficoltà vocali con un’esagerata espressività di gusto verista che con Mozart non ha nulla a che fare. D’eccezionale potenza, infine, il Commendatore di Manrico Signorini, che con la sua tonante voce di basso profondo incanta già nel terzetto iniziale e ci ipnotizza totalmente nelle pagine conclusive del secondo e ultimo atto, nella scena XV (“Don Giovanni, a cenar teco”) che lo vede protagonista. Al termine il numeroso pubblico estivo accorso per l’occasione ha salutato tutti gli artisti con calorosa riconoscenza, sommergendoli con una pioggia di applausi che rimbombava tra le mura della Fortezza gremita in ogni ordine di posto. Foto di Luigi Cerati – Osteria dell’immagine – Varazze.