Roma, Terme di Caracalla, Stagione Lirica e di Balletto 2012 dell’Opera di Roma
“GISELLE”
Balletto in due atti su soggetto di Théophile Gautier e Vernoy de Saint-George.
Coreografia e impianto scenico Patrice Bart
Musica di Adolphe Adam
Giselle OLESYA NOVIKOVA
Albrecht LEONID SARAFANOV
Hilarion ALESSANDRO TRIBURZI
Myrtha ALESSANDRA AMATO
Passo a due dei contadini GIOVANNA PISANO, GIUSEPPE DEPALO
Corpo di ballo e orchestra del Teatro dell’Opera di Opera
Direttore David Garforth
Costumi Anna Anni
Luci Agostino Angelini
Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Roma, 8 luglio 2012
Ancora Giselle, ancora Caracalla per ammirare altre due stelle di livello mondiale: Olesya Novikova e Leonid Sarafanov, coppia nella vita come sulla scena. Serata calda e umida nel centro di Roma ma piacevole atmosfera nell’enorme platea e soprattutto altra grande performance per gli appassionati di balletto. I due sono giovanissimi, belli, con qualità che vanno oltre l’eccellenza. È la scuola russa: stile, grazia, limpidezza, tecnica raffinata ed impeccabile. Giselle è un balletto che andrebbe goduto da vicino, il viso, le espressioni, i piccoli atteggiamenti o le minime inclinazioni della testa disegnano il personaggio. Caracalla sembra più adatta a gesti eclatanti quanto è immensa; eppure la Novikova è Giselle. Il lungo collo, la bellissima testa e le lunghe leve le donano un aspetto nobile ma la recitazione è calzante; i suoi gesti raccontano con verità. È cosi giovane, deliziosa, dolcemente impacciata, sorpresa e imbarazzata; è palpitante d’amore e non può credere che tutto ciò stia accadendo a lei. Decisamente bello il nobile Sarafanov, deciso e risoluto con Wilfred ma impacciato ed emozionato al cospetto di Giselle. I due insieme esprimono quella fanciullesca emozione che si prova quando si riconoscere l’amore. Tecnicamente è chiaro che i due fuori classe possono danzare qualsiasi cosa. Eppure la Novikova nel primo atto non sembra spingere al limite le sue immense qualità. Pur sfoderando una danza sicura, uno sbalzo fuori dal comune ed un asse invidiabile, le sue leve sembrano controllate. In variazione non carica al massimo le pirouettes; è bella, piena di spunti raffinati, sempre con quegli atteggiamenti della testa deliziosi ma tecnicamente, un impressione, non del tutto a suo agio nell’immenso spazio. Lui impressiona invece: i suoi entrechats disegnano movimenti limpidi in aria e le sisonnes si elevano con immenso slancio terminando in pose di arabesque inchiodate al terreno con invidiabile sicurezza. Solo a tratti qualche lieve esitazione si percepisce nell’interagire col corpo di ballo nei complicati schemi del primo atto. Evidentemente stretti i tempi di prova per creare quell’amalgama col corpo di ballo e l’orchestra. Peccato che al culmine del dramma, quello della follia, le luci non aiutino. I dubbi avuti la sera della prima ritornano. La scena risulta buia, illuminata a chiazze, l’amplificazione della musica non sufficiente, una certa confusione si percepisce nelle masse colorate del corpo di ballo. Questo non esalta l’interpretazione della Novikova che se pur controllata quando si lancia tra le braccia della madre o quando cade esanime a terra, trasforma i suoi lineamenti ed è profondamente calata nel dramma. Sarafanof è una furia. Prostrato, incredulo, disperato, esplode la sua rabbia contro Hilarion ed è emozionante mentre implora una impossibile comprensione al suo tradimento verso coloro che assistono la morte di Giselle. Da qui i due regaleranno al pubblico momenti di pura danza e di magnifica interpretazione. Lei statuaria, implorante ma decisa al cospetto di Mirtha, dolce e plastica quando si inchina sul suo amato; sicura, sbalzo magnifico, piedi brillanti, in adagio un développé che lascia il pubblico senza fiato ed un port de bras che non conclude, che sospende la posa senza fine, dando quella sensazione di eterea immaterialità. Lui stupisce per la purezza delle linee e perché da quelle bellissime gambe filiformi non ti aspetti tanta potenza. Non gli bastano 32 entrechats–six, continua, va oltre e quando esausto cade a terra sembra si spezzi. Emozionante nella sua variazione se pur non impeccabile tecnicamente coinvolge soprattutto per il pathos che emana la sua danza. Per lui non è un problema emozionare, veste alla perfezione i panni di Albrecht. Toccante il finale, la rassegnazione di lei che si allontana il dolore inconsolabile di lui al culmine dell’intensità recitativa. Corpo di ballo ordinato nell’atto bianco, più di quanto non risultasse la sera della prima ed una Alessandra Amato ancora nel ruolo di Myrta più presente ma ancora non calata perfettamente non avendo uno sbalzo prorompente ne una presenza scenica aderente al ruolo. Lo stesso per Alessandro Tiburzi, invece come Hilarion; puntuale nei tempi non riesce a ben descrivere il carattere ambiguo del personaggio. Ancora da migliorare i ruoli di Giovanna Pisani e Giuseppe Depalo nel Passo a due dei contadini. Lei piuttosto impacciata nel sostenere il difficile compito, spesso impaurita di fronte alle difficoltà, i giri un po’ rubati ed un port de bras povero di intenzione seppur preciso. Lui con qualche difficoltà nel chiudere in Quinta i movimenti di sbalzo oltre che nel tenere la partner in asse nelle pirouettes e nelle promenades. Pubblico delle grandi occasione per questo capolavoro del balletto, tanti applausi e tributo ai bellissimi interpreti. Foto Lelli e Masotti © Opera di Roma