“Marguerite and Armand” e “Concerto DSCH

Milano, Teatro alla Scala, Stagione di Balletto 2012
“MARGUERITE AND ARMAND”
Produzione del Teatro Musicale Accademico “Stanislavskij e Nemirovič-Dančenko” di Mosca
Marguerite EMANUELA MONTANARI
Armand MASSIMO MURRU
Il Padre ANDREA VOLPINTESTA
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Coreografia Frederick Ashton
Ripresa da Grant Coyle
Musica Franz Liszt
Arrangiamento Dudley Simpson
Scene e costumi Cecil Beaton
Luci John B. Read
“CONCERTO DSCH”
Nuova produzione Teatro alla Scala
FRANCESCA PODINI-GABRIELE CORRADO
STEFANIA BALLONE – ANTONINO SUTERA – FEDERICO FRESI
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Coreografia Alexei Ratmansky
Assistente coreografo Tatiana Ratmansky
Musica Dmitrij Šostakovič
Costumi Holly Hynes
Luci Mark Stanley
Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore David Coleman
Pianoforte Davide Cabassi
Milano, 20 maggio 2012
L’ultimo appuntamento con la Danza per la corrente Stagione Scaligera, prima della ripresa autunnale che vedrà le riproposte di Onegin e Raymonda, è costituito da un dittico il cui comune denominatore può essere rintracciato nella cosiddetta corrente neoclassica… quella di ieri e quella di oggi: i titoli abbinati sono infatti Marguerite and Armand di Frederic Ashton  e Concerto DSCH di Alexei Ratmansky. Se la struttura e il linguaggio possono in qualche modo accomunarli, differenti sono le tematiche affrontate: l’amore e la morte nel primo, in un contesto tipicamente narrativo, la vita e la gioia nel secondo, in cui cenni di narratività possono essere scorti solo a tratti. In un’epoca, quella odierna, in cui la danza continua ad interrogarsi sul celebre romanzo La Dame aux camélias di Dumas figlio, Marguerite and Armand resta a tutt’oggi un titolo leggendario. E anche senza sapere nulla a riguardo, questo celebre duetto è ancora lì, tutto rivolto a occhieggiare quella che fu il risultato di una grande fucina tecnica e creativa: il piede e la grazia di Margot Fontayne, le pose letteralmente gloriose pensate per Rudolf Nureyev cui va sommato l’apporto per scene e costumi di Cecil Beaton che, divo in mezzo ai divi, non tardò ad aumentare l’alone “mitico” dell’evento entrando in aperto conflitto con i danzatori riguardo la fattura e la fruibilità dei costumi. La partitura coreografica ideata da Ashton sulle musiche di Franz Liszt, procede per quadri rapidi e contigui, mediante la tecnica del flashback: è infatti Marguerite morente, adagiata sulla propria dormeuse, ad inaugurare il primo quadro fino ad arrivare al tardivo ricongiungimento con l’amato Armand. Qui la morte sembra quasi inglobare una delle storie d’amore più celebri al mondo. La prima ebbe luogo al Covent Garden di Londra nel 1963 e fu un successo clamoroso: Ashton, consapevole dell’unicità dell’evento, ne vietò la messinscena in assenza di Nureyev e Fontayne. A volerlo riprendere fu una delle dive più amate e discusse di sempre: Sylvie Guillem danzò Marguerite and Armand con Nicolas Le Riche e con Massimo Murru alla ripresa Scaligera del 2004. Ritroviamo Murru anche in quest’occasione, alle ultime tre repliche del dittico, in coppia con Emanuela Montanari. E proprio da quest’ultima vogliamo partire perché ci è piaciuta molto. Fisicamente bellissima, ha saputo fondere con grazia e maestria l’impasto di recitazione e danza richiesta dalla partitura: esile e aggraziata nella punteggiatura minuta (ora spezzata, ora più fitta), languida e dolcissima nell’abbandonarsi tra le braccia dell’amato, è stata una Marguerite che ha saputo fuggire intelligentemente una raffigurazione oleografica; fragile e spontanea dell’uso della mimica ha commosso in modo sincero. Discorso pressoché sovrapponibile per Massimo Murru, che si è riconfermato grandissimo Armand fin dalla celebre entrata: tradita qualche imprecisione iniziale, ha saputo farsi forte della tecnica forgiata, sbalzando un innamorato genuino e sensibile ma risoluto alla scena dell’insulto, schietto nella recitazione fino struggimento nell’intimità della scena finale.
Il secondo titolo rappresentato, Concerto DSCH, è una coreografia creata da Alexei Ratmansky nel 2008 per il New York City Ballet sulla musica del celebre Secondo concerto per pianoforte di Dmitrij Šostakovič. Quasi a segnarne da subito l’architettura astratta e geometrica, all’aprirsi del sipario troviamo sulla scena spoglia i danzatori in cerchio; un cerchio che subito si apre e si disperde, un fiore che sboccia, che prorompe in un ballo serrato, non spettacolare ma gioioso, in cui convergono e si susseguono danze di carattere, scherzi, disequilibri che repentinamente si ricompongono in briose armonie. Nell’Andante centrale trova spazio un passo a due dolcissimo e di fattura pregiata affidato ad una coppia solista. Una vera e propria festa in danza, un piacere per gli occhi, anche grazie all’ottima prova fornita dal Corpo di Ballo. Dei solisti c’è veramente poco da dire: sono stati tutti molto bravi. Della coppia principale, segnaliamo Gabriele Corrado, che ha saputo abbinare grande eleganza alla fisicità scolpita; con lui ha danzato Francesca Podini. Del trio, sono emerse  l’estrosità, la simpatia e la tecnica ferrata di Federico Fresi; egualmente pregevoli le prove di Antonino Sutera e Stefania Ballone. L’apporto strettamente musicale fornito da David Coleman e Davide Cabassi, quest’ultimo al pianoforte, è stato eccellente. Una grande serata di danza salutata da molti applausi ai quali ci siamo convintamente uniti.
Foto Brescia e Amisano © Teatro alla Scala