Il ritorno di Edita Gruberova alla Scala

Milano, Teatro alla Scala, Recital di canto 2012
Concerto del soprano  Edita Gruberova
Pianoforte
Alexander Schmalcz
Franz Schubert: Vier Canzonen D 688 – Non t’accostar all’urna, Guarda che bianca luna, Da quel sembiante  appresi, Mio ben ricordatiLa pastorella al prato D 528; Vedi quanto adoro D 510 – Suleika I “Was bedeutet die Bewegung?” D 720; Suleika II “Ach um deine feuchten Schwingen” D 717; Gretchen am Spinnrade “Meine Ruh’ ist hin” D 118; Lied der Delphine “Ach, was soll ich beginnen” D 857.
Hugo Wolf: Gesang Weylas “Du bist Orplid, mein Land” n. 46; Der Gärtner “Auf ihrem Leibrösslen” n. 17; Zitronenfalter im April “Grausame Frühlingssonne” n. 18; Mausfallensprüchlein “Kleine Gäste, Kleines Haus” n. 6; Er ist’s “Frühling lässt sein blaues Band” n. 6; Der Knabe und das Immlein “Im Weinberg auf der Höhe” n. 2; Elfenlied “Bei Nacht im Dorf der Wächter rief” n. 16.
Richard Strauss: Ich wollt’ ein Sträusslen binden op. 68 n. 2; Säusle, liebe Myrthe! op. 68 n. 3; Als mir dein Lied erklang op. 68 n. 4.
Milano, 14 maggio 2012

L’ultima regina ha cantato…e lo ha fatto alla grande in un recital al Teatro alla Scala!
  La “Santa di Bratislava” alla bella età di 66 anni, forte ancora di un fascino che spinge i suoi eletti e i detrattori a girare il mondo (ora soprattutto a Vienna e a Zurigo), negli ultimi anni è fonte di accese discussioni dopo ogni sua rappresentazione. Giudicarla dai molti video postati su youtube è cosa errata perché la potenza della sua voce e il temperamento non vengono percepiti appieno dall’ascoltatore. Criticarla aspramente per il suo stile tutto “gruberoviano” a mio avviso è scorretto. Edita bisogna udirla e vederla dal vivo, ritrovarsi con lei in sala in modo che ti scaraventi addosso tutto quel magistrale ed ipnotico suono di voce ancora fresco. Canto che incanta e stordisce anche nei momenti di non precisa intonazione.  Io ho avuto la fortuna di ascoltarla dal vivo alla Staasoper di Vienna sia nel ruolo di Elvira dei “Puritani” che nel suo cavallo di battaglia, ovvero il ruolo di Zerbinetta nel 2008.
Un “animale da palcoscenico”, spregiudicata nell’eseguire qualsiasi pezzo
soprattutto dove è necessario autocontrollo nelle mezze voci. Sicura, forte e pronta sempre anche all’improvvisazione. I consueti fanatismi ad ogni suo intervento sono giustificabili perché ella porta solarità negli antri bui dove risiede spesso -in questo periodo- l’arte del canto. Nella prima parte del recital scaligero dedicato a Schubert ( Vier Canzonen, La pastorella al prato, Vedi, quanto t’adoro, Suleika I e II, Margherita all’arcolaio, Canto di Delphine) il soprano ha cantato con eleganza impeccabile sempre con rotondità e morbidezza dando risalto ad ogni singola parola. Magistrale.
Nella seconda parte nei lied di Wolf e Strauss
si è esibita, sempre con grande partecipazione, distillando momenti commoventi.  La Gruberova comunque fa percepire la sua preferenza nell’eseguire brani come “ Mausfallenspruchlein” dove può sprigionare la sua scatenata simpatia, e con il “Witt witt” può anche imitare l’urrà del topino dopo cena.
Mi ha convinto meno nel repertorio di Richard Strauss forse perché le manca l’accento giusto e quella cara dolce malinconia del compositore tedesco ma si è subito rifatta nell’esplosivo “Kling”,concesso come primo bis.
I momenti attesissimi da tutti, erano comunque i pezzi fuori programma
dove ci si aspettava- e siamo stati esauditi- arie d’opera o di coloratura. Kling di R. Strauss, Villanelle di Dell’Acqua, Ombre legere dal “Dinorah”, O luce di quest’anima dalla “Linda di Chamonix” , l’aria di Adele “Spiel Ich die Unschuld ” dal “Die Fledermaus ”.
Gruberova come abbiamo potuto vedere, durante i 50 minuti di applausi, ha una forza travolgente che non fa schiodare lo spettatore dalla poltrona. Si spera che mai termini il concerto e che si scateni ancora in volatine, trilli, sovracuti, colorature a tutto spiano e chissà cos’altro… Tutto diventa spettacolo, le sue movenze con le mani, le faccine che la fanno divenire una caricature di se stessa, i famosi trilli accompagnati dal virtuosismo delle sue dita che imitano l’ondeggiare strettissimo del suono della voce. ll côté virtuosistico soprattutto nel terzo brano fuori programma “Ombre legere” era ferratissimo, forte di una tecnica di prim’ordine e se per caso per raggiungere un sovracuto durante il pezzo era necessario (?) usare glissandi non era cosa importante. Tutti i vizi e i vezzi venivano appannati dal temperamento e dalla sicurezza che questa donna emanava in scena. In “O luce di quest’anima” ella si abbandonava alle insidie della scrittura utilizzando quel tanto di eccessivo e di esibito che faceva “colore”(la situazione e la funzione della coloratura lo ammettono!).La Gruberova non è un’attrice nata e mai lo è stata o lo sarà. Un pettegolezzo a proposito: mi raccontò un mio collegata, assistente alla regia, che lei arrivò due giorni prima del debutto della compagnia, e alla sua prima prova di regia (se non sbaglio “IPuritani”) iniziò a dettare legge a tutti. Cosa dovevano fare e come lei si sarebbe comportata in scena. Il regista non contava. Ciò non ci deve meravigliare… Non è un caso che in diverse regie di “Lucrezia Borgia” lei si tolga sempre quella benedetta parrucca durante la ripresa dell’aria finale…Lei incarna se stessa e il suo mondo che vive negli ornamenti virtuosistici.
Forse il canto legato di Edita si compiace di discutibili portamenti 
di note, con a volte effetti non piacevoli, complicati dalla presenza di sonorità leziose al limite del birignao e a volte nei passi più scopertamente virtuosistici- mi riferisco Villanelle– il canto fiorito di agilità è meno scatenato che in altre passate prove. Rimane comunque intatta l’emissione morbida ed appoggiata, di una superlativa rotondità.L’estro vitale e simpatico di questo soprano slovacco le fa compiere effetti di glissando specialmente nell’eseguire brani di belcanto. L’attraversare un arcobaleno di note per arrivare dove si è prefissa -che spesso non corrisponde con la nota pensata dal compositore- crea mormorii in sala. Brusii non si capisce se dettati dallo sconcerto o perchè viene riconosciuto con sorpresa lo stile che la cantante ci ha ormai abituato. Detta lei legge e non sembra per niente a disagio. La suadente gattina nell’aria “Spiel ich die Unschuld vom Lande” ci ha fatto ridere come i pazzi. Suoni gutturali, sbuffi e “strisciando” quasi come se la Santa Edita si prendesse in giro da sola. Paragonando l’interpretazione della medesima aria straussiana regalata al concerto con quella del 1980 si ha l’impressione che la voce non sia mutata per niente, sempre fresca e giovanile.Squisito e altrettanto complice del successo della serata il bravissimo e raffinato pianista Alexander Schmalez che nei momenti difficili ricordava in incognito alla Signora le tantissime parole dei brani. Abbiamo partecipato ad una serata divertentissima, ricca di generosità artistica, un pizzico di pazzia e amore a gogò per il canto. Grazie!
Foto Marco Brescia © Teatro alla Scala