Firenze, Nuovo Teatro dell’Opera, 75° Festival del Maggio Musicale Fiorentino
Pianoforte Radu Lupu
Franz Schubert: Quattro improvvisi op. 142 D 935
César Franck: Preludio, Corale e Fuga
Franz Schubert: Sonata in La minore op. 42 D 845
Firenze, 5 maggio 2012
La consolidata collaborazione tra due delle più prestigiose istituzioni musicali del capoluogo toscano, gli Amici della Musica di Firenze e la Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino, torna a offrire i suoi superbi frutti: stavolta è il recital pianistico di Radu Lupu che suggella la stagione concertistica della prima scandendo il secondo appuntamento festivaliero della seconda. Si torna al Nuovo Teatro dell’Opera, la struttura inaugurata lo scorso 21 dicembre 2011 e che ancora attende fondi statali per la usa ultimazione. Una sala funzionale e dall’acustica straordinaria che garantisce a chiunque di poter apprezzare ogni singolo suono di un pianoforte solitario sul vasto palco lasciato in penombra.
Allievo di Galina Eghyazarova e vincitore di numerosi concorsi, Radu Lupu debutta a Salisburgo nel 1978 con i Berliner Philharmoniker sotto la direzione di von Karajan, primo di una lunga serie di concerti e recital che lo vedono impegnato con prestigiose orchestre e in auditorium di tutto il mondo. Tra le ultime premiazioni ricevute sono da menzionare almeno il Premio Abbiati (1989) e il Premio Internazionale Arturo Benedetto Michelangeli (2006).
Il concerto proposto al pubblico fiorentino assume un carattere di forte valenza mistica che si fa sempre più carica nel durante. Nell’abbraccio architettonico della struttura della galleria concepito dall’architetto Paolo Desideri, il pianoforte diventa il centro nevralgico di un messaggio musicale romantico scelto dall’artista che a memoria esegue alcuni brani del suo autore prediletto Schubert e Franck. Lo Schubert che si è avuto modo di ascoltare è il compositore degli ultimi anni, quello degli Improvvisi op. 142 che aprono il recital nonché quello della piena maturità della Sonata op. 42. Il presagio a cui segue la presa di coscienza dell’imminente abbraccio della morte del compositore è tradotto dall’interprete da un andamento del discorso musicale soffuso e a tratti etereo, un’interpretazione che si fa ora lenta, ora riflessiva in quei punti preventivamente individuati sì che essi diventino carichi di quel pathos capace di pervadere tutto il resto del brano vibrando in esso sotto forma di silenzi tesi come corde di un arco. A trionfare è il Romanticismo il cui contenuto viene portato agli estremi forte della sua carica d’angoscia e abbattimento interiore di fronte dell’impotenza dell’uomo contro il nulla della morte.
Tra i due brani schubertiani il Preludio, corale e fuga di Franck fa da spartiacque. Nonostante l’atipicità del compositore per l’esecutore, quest’ultimo ne dimostra un’ampia scioltezza di lettura. Il brano, pur facendo riferimento al rigore formale bachiano, non disdegna di trasmettere quelle forti emozioni interiori che animavano gli animi degli europei negli anni della seconda metà del XIX secolo. Ora l’uno, ora l’altro, tecnica e sentimento dialogano parallelamente senza travalicarsi l’un con l’altro nel fluido discorso musicale a cui il pianista dà voce con carattere sempre sommesso, quasi timido, in un coinvolgimento profondo se non trascinato, caratteri quasi presenti costantamente nel corso dell’intero recital assolutamente mistico nel senso più romantico del termine e avente il premio di aver fatto vibrare le anime del folto il cui entusiasmo s’è manifestato in scroscianti applausi appagati anche da un bis che Lupu non ha disdegnato di concedere.