Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2011/2012
“IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
Opera buffa in due atti, libretto di Cesare Sterbini.
Musica di Gioachino Rossini
Il Conte d’Almaviva JUAN FRANCISCO GATELL
Bartolo PAOLO BORDOGNA
Rosina ANNALISA STROPPA
Figaro ALESSANDRO LUONGO
Basilio NICOLA ULIVIERI
Berta LAURA CHIERICI
Fiorello ILYA SILCHUKOV
Un Ufficiale FABIO TINALLI
Ambrogio GIULIO CANCELLI
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Bruno Campanella
Regia Ruggero Cappuccio
Scene Carlo Savi
Costumi Carlo Poggioli
Luci Agostino Angelini
Clavicembalo Sergio La Stella
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma in coproduzione con il teatro G.Verdi di Trieste
Roma, 20 aprile 2012
Nuovo allestimento del teatro dell’Opera di Roma per questo Barbiere di Siviglia di Rossigni, affidato alla regia di Ruggero Cappuccio ed alla collaudata direzione di Bruno Campanella. Lo spettacolo è immaginato come una sorta di sogno del compositore immerso in un settecento senza tempo nel quale la narrazione è affidata ad una alternanza di elementi della più nota tradizione ad altri talvolta anche gradevoli o gustosi ma dei quali non sempre è facile comprendere il senso logico. Tutto lo svolgimento della vicenda sembra essere occupato più dall’ansia di riempire ogni spazio della scena o dall’accelerare il ritmo che non da sottolineare o più semplicemente illustrare i punti chiave della storia. C’è sempre un qualcosa d’altro che deve inevitabilmente accadere in palcoscenico mentre i cantanti si esibiscono nelle celeberrime arie o la scrittura musicale o il libretto si esprimerebbero benissimo da soli e il risultato è spesso semplicemente distraente rispetto all’ascolto, soprattutto quando questa operazione viene effettuata su una partitura così conosciuta. In più di una occasione abbiamo avuto la tentazione di chiudere gli occhi per affidarci al fluire della musica e questo non per affezione ad una risaputa tradizione o perché la parte visiva dello spettacolo non fosse di per se gradevole o interessante. Al contrario le scene ed i costumi a cura di Carlo Savi e Carlo Poggioli soprattutto con le loro scelte cromatiche unite ad alcune trovate, viste singolarmente erano senz’altro appropriate e in qualche caso anche simpatiche e piacevoli. Quello che secondo noi è mancato è stata una capacità globale dello spettacolo di divertire, di far ridere il pubblico che si è trovato come sopraffatto dalla quantità di cose proposte e da questa continua ricerca di movimento imposta anche alla recitazione dei cantanti che alla fine suonava un po’ afinalistica e soprattutto slegata dal ritmo intrinseco della vicenda. Si comprendono senz’altro le ragioni di un rinnovamento con l’abolizione delle solite interpolazioni del testo, delle gag di tradizione, delle riscritture musicali e quant’altro, o il gusto per la citazione e la rivisitazione purchè però questa operazione non comporti uno spegnersi della vitalità oltretutto naturale di un testo. Parlare bene della direzione del maestro Campanella soprattutto in questo genere di repertorio può apparire immodesto. Raffinatissime le scelte timbriche ottenute dall’orchestra specialmente nella sinfonia e sempre eleganti sono apparsi il dipanarsi delle tante e famose melodie di questa partitura e la realizzazione dei concertati. Però in alcuni momenti, forse contagiato dal ritmo della recitazione, è apparsa un po’ eccessiva la velocità talora impressa ad alcuni recitativi accompagnati al clavicembalo da Sergio La Stella. E veniamo ai cantanti. Nella parte del Conte d’Almaviva il tenore Juan Francisco Gatell, costretto spesso a percorrere su e giù il palcoscenico a grandi passi, ha cantato sostanzialmente con correttezza, sia pure forse con poco volume di suono specie nelle colorature, tralasciando però un po’ il lato aristocratico del proprio personaggio. Annalisa Stroppa nei panni di Rosina ha mostrato una notevole sicurezza musicale a dispetto di un registro grave un po’ poco sonoro e di alcuni estremi acuti un po’ avventurosi. Alessandro Luongo ha realizzato un Figaro movimentato scenicamente sia pure con un timbro molto chiaro. Corretto e vocalmente molto gradevole ma senza tuttavia riuscire a far emergere completamente la realizzazione del personaggio, forse dato il contesto interpretativo, il Basilio di Nicola Ulivieri. Molto buono scenicamente e vocalmente il Bartolo di Paolo Bordogna, l’unico, va detto a suo merito, insieme alla divertente e vocalmente ottima Berta di Laura Chierici che sia riuscito completamente ad imprimere un carattere definito ed una autenticità teatrale pienamente convincenti al proprio personaggio. Mediocri ma nei limiti della correttezza le parti minori e ben curata la realizzazione del programma di sala. Il pubblico ha riso pochino, ha applaudito con educazione ed alla fine è in parte uscito con maleducazione prima che si accendessero le luci in sala. Ma il Barbiere può essere anche lungo.