Milano, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2011/2012
“LE NOZZE DI FIGARO””, ossia la folle giornata (K 492)
Opera buffa in quattro atti su libretto di Lorenzo Da Ponte, da Beaumerchais
Musica di Wolfganag Amadeus Mozart
Il Conte di Almaviva PIETRO SPAGNOLI
La Contessa DOROTHEA ROSCHMANN
Susanna ALEXANDRA KURZAK
Figaro NICOLA ULIVIERI
Cherubino KATIJA DRAGOJEVIC
Marcellina NATALIA GAVRILAN
Don Bartolo MAURIZIO MURARO
Don Basilio CARLO BOSI
Don Curzio EMANUELE GIANNINO
Barbarina PRETTY YENDE
Antonio DAVIDE PELISSERO
Due contadine LUCIA ELISS BERTINI, STEFANIA GIANNI’
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano
Direttore d’orchestra Andrea Battistoni
Regia Giorgio Strehler ripresa da Marina Bianchi
Scene Ezio Frigerio
Costumi Franca Squarciapino
Allestimento del Teatro alla Scala
Milano, 10 aprile 2012
Queste recite scaligere costituiscono una preziosa occasione per rivedere uno spettacolo che appare oggi come uno dei capisaldi poetici dell’esperienza di Strehler regista lirico e in generale una delle più alte realizzazioni in questo campo che il nostro tempo abbia conosciuto. L’opera di Strehler ebbe le sue radici ne 1972 quando Rolf Liebermann decise di chiamare all’Opera Comique Georg Solti e il regista triestino per proporre la versione originale delle Nozze.
Tra Solti e Strehler vi furono screzi all’ordine del giorno e il regista lasciò Parigi il giorno prima della “generale”. Nel 1981, Strehler propose alla Scala una nuova produzione delle Nozze, da quel momento chiamata la “versione di Milano”, che negli anni è andata in scena otto volte, sei delle quali diretta da Riccardo Muti (che anche grazie a questo spettacolo vide confermata la fama di mozartiano). L’edizione storica di Strehler è meravigliosa, mai agée, dalla scenografia di Ezio Frigerio sempre pulitissima, dagli interni essenziali, color pastello tanto caro al Settecento dove i movimenti sono naturali e armoniosi. Strehler conserva intatte la verve comica e l’audacia del testo e stempera gli attacchi diretti alle istituzioni giuridiche e all’assetto sociale, che Mozart e Da Ponte avevano già smorzato rispetto a Beaumarchais.
Quest’anno a dirigere la somma opera abbiamo trovato Andrea Battistoni. Classe 1987, fa il suo debutto al Teatro alla Scala con il primo titolo della trilogia del Da Ponte musicata da Mozart e ci è apparso corretto. Non capiamo tutte le varie diatribe sull’esecuzione di questo giovane direttore. Forse si agita un po’ troppo, soprattutto durante l’Ouverture (“Mi sono fatto fare una serie di camicie di seta nera..belle larghe, per sbracciarmi senza problemi“), ma non mi sento di condannare un artista che è arrivato a dirigere Mozart, un’opera così complessa nella sua apparente semplicità (qui sta il genio del salisburghese), all’età di 25 anni…Impariamo a tenerci stretti i talenti italiani invece di andare perennemente alla ricerca all’estero di artisti modesti. L’esterofilia è una grave turba per il nostro paese. Di notevole rilievo il cast maschile: per l’occasione Pietro Spagnoli e Nicola Ulivieri. Il conte d’Almaviva del baritono romano è curato nel fraseggio, i suoi recitativi sono perfetti e ottima la dizione. L’interprete e l’attore sono poi di presenza fisica soggiogante degna di un Conte. A suo agio nell’indossare i sontuosi e magnifici costumi del premio Oscar Franca Squarciapino. . Spagnoli è avvenente come il Conte richiede, naturalmente elegante, affascinante e raffinato
Il canto mozartiano non ha segreti per Nicola Ulivieri e il basso-baritono ce l’ha dimostrato anche in questa occasione. Attore eccellente, sempre con il suo ghigno da ragazzo scaltro, cantante affidabilissimo che lavora con ammirevole intelligenza artistica sul canto come sul recitato. Davide Pelissero ha disegnato un Antonio meraviglioso. Simpaticissimo nelle movenze e brillante nel canto a mio avviso forse il più divertente del cast. Tonante a dovere il Bartolo di Maurizio Muraro.
Nel comparto femminile sicuramente si è distinta la Barbarina di Pretty Yende che fisicamente ricorda la grande Kathleen Battle di un tempo. Questa ragazza, vincitrice nel 2010 del premio Leyla Gencer, ci ha regalato tutta la dolcezza e la raffinatezza della sua arte. Il soprano sudafricano ha gusto nel fraseggio, bella voce e la primavera nel canto.
Abbiamo trovato la Contessa d’Almaviva di Dorothea Röschmann un po’ troppo matronale, adatta forse più al temperamento di Donna Elvira che alla morbidezza e alla soavità del canto della Contessa (nella orecchie risuona troppo prepotentemente l’interpretazione di Kiri Te Kanawa). L’apprezzata Vitellia della “Clemenza di Tito” non si è trovata a suo agio con la tessitura di “Dove sono i bei momenti” dove spesso le mezzevoci e i pianissimi si trasformavano in forte. I colpi di glottide e la potenza del corpo nell’emettere le note acute erano visibili fin dal palchetti. Dal punto di vista scenico non è parsa a suo agio, imperturbabile per tutti i quattro atti. Aleksandra Kurzak è stata una Susanna “giusta”, un’ ottima interprete, simpatica nella recitazione e corretta nel canto ma poco esilarante nel duetto con Marcellina “Via, resti servita, madama brillante”. Natalia Gavrilan, notevole Marcellina, è un mezzosoprano dal timbro grave molto interessante, svettante nella zona acuta, capace di delineare anche con la recitazione un Marcellina perfetta. Katija Dragojevic non ci ha convinto vocalmente come Cherubino, anche se possedeva physique du rôle. Il personaggio mozartiano è bollente nell’estro, vivace ma pur sempre dolce e sensibile. Il Cherubino delineato dalla Dragojevic non sente, giustamente, né vero amore ne amicizia per le sue donne (Contessa, Susanna, Barbarina), ma un mélange di questi due spavaldi sentimenti. Il mezzosprano è stata quindi efficace sulla scena, ma la voce risultava talora coperta dall’orchestra. Completavano il cast il corretto Don Curzio di Emanuele Giannino, e il bravo Carlo Bosi seppur intimorito durante la sua aria “In quegli anni in cui val poco“. Deliziose le due contadine di Lucia Eliss Bertini e Stefania Giannì.Il pubblico abbastanza freddino non applaudiva quasi mai al termine delle note arie a parte quando veniva sollecitato da qualche “afecionados” degli artisti. I cambi di scena tra il primo e il secondo atto e tra il terzo e il quarto hanno superato anche i trenta minuti senza concedere al pubblico lo sgranchirsi le gambe. Tutto in mezza sala con il povero Battistoni sul podio che sorvegliava la sua orchestra. Al termine dello spettacolo il pubblico milanese, forse angosciato dal perdere l’ultimo metrò, ha salutato piuttosto frettolosamente i bravi artisti. Le nozze di Figaro sono in replica fino al 17 aprile.
Foto Amisano e Brescia – Teatro alla Scala