Torino, Teatro Regio, Stagione Lirica 2011/2012
“MADAMA BUTTERFLY”
Tragedia giapponese in due atti su Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa dal racconto di John Luther Long e dal dramma di David Belasco
Musica di Giacomo Puccini
Cio-Cio-San RAFFAELLA ANGELETTI
Pinkerton MASSIMILIANO PISAPIA
Sharpless DOMENICO BALZANI
Suzuki GIOVANNA LANZA
Goro GREGORY BONFATTI
Principe Yamadori PAOLO MARIA ORECCHIA
Lo zio bonzo LUCIANO MONTANARO
Commissario Imperiale FRANCO RIZZO
Yakusidé MARCO SPORTELLI
Kate Pinkerton ROBERTA GARELLI
La madre di Cio-Cio-San DANIELA VALDENASSI
La cugina ANNA MARIA BORRI
La zia RITA LA VECCHIA
Il figlio di Butterfly LUCA BOSSO
Coro e Orchestra del Teatro Regio di Torino
Direttore Daniele Rustioni
Maestro del Coro Claudio Fenoglio
Regia Damiano Michieletto
Ripresa da Roberto Pizzuto
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Marco Filibeck
Allestimento Teatro Regio
Torino, 25 febbraio 2012
L’opera ha una natura inverosimile poiché nessuno parla cantando, ma in certe occasioni la realtà può irrompere bruscamente per ricordare all’ascoltatore che lo spettacolo è molto più che una raccolta di belle melodie; questo è il caso della Madama Butterfly andata in scena al Teatro Regio di Torino con la regia di Damiano Michieletto. Il pubblico conosceva già questo allestimento intelligente ed efficace presentato la scorsa stagione, e tuttavia non ha potuto scongiurare l’effetto straniante. Niente fiori di pesco ed orchidee: le scene di Paolo Fantin rappresentano la periferia anonima di una metropoli giapponese popolata da enormi cartelloni pubblicitari; in questa esplosione di colori artificiali tutto risulta equivoco, dalla ragazzina che rivolge allo spettatore uno sguardo carico di calcolata ingenuità all’hamburger che sfida le bocche a morderlo. L’illusione qui è bandita: spesso si è abituati a vedere dei Pinkerton presentati attraverso lo sguardo innamorato della piccola geisha, e dunque uomini affascinanti e irresistibili; in questa occasione il tenente della marina americana è mostrato in tutta la sua viltà, sfoggiando un atteggiamento volgare e insensibile. L’anno scorso egli entrava in scena a bordo di una splendida e inarrivabile macchina bianca firmata Giugiaro: questo dettaglio gli conferiva quantomeno un portamento sofisticato e mondano; quest’anno (forse per esigenze tecniche) la macchina è stata sostituita da una Lancia Thema degli anni Novanta dall’aspetto modesto e antiquato, che rende il personaggio mediocre e spiacevole. Persino l’abito, che è rimasto lo stesso, sembra più trasandato. Da questo dettaglio deriva un contrasto ancora più brutale tra l’ufficiale americano, lascivo e spietato, e la quindicenne giapponese, ingenua e innamorata.
Non è un’impresa da poco impersonare questo Pinkerton petulante e spudorato, forse per questo la voce di Massimiliano Pisapia inizialmente si percepisce un po’ opaca e poco persuasiva; ad ogni modo, con il progredire dell’azione essa acquista fluidità rendendo l’interpretazione più che soddisfacente. Raffaella Angeletti veste i panni di Madama Butterfly: essa compensa la mancanza di leggerezza e di disinvoltura nei movimenti con l’abilità nel rendere le diverse sfaccettature del canto; in particolare, il suo registro grave è molto seducente. Giovanna Lanza è una brava Suzuki così come Domenico Balzani e Gregory Bonfatti sono rispettivamente un Sharpless e un Goro molto credibili.
I cantanti, nei costumi di Carla Teti, sorprendono e convincono: tutto appare curato nei minimi dettagli per offrire una lettura attualizzata dell’opera. Il trio Puccini – Illica – Giacosa difficilmente avrebbe concepito una Madama Butterfly in jeans e maglietta di Hello Kitty, e tuttavia la loro creazione non si vede tradita: la regia non ha fatto che sottolineare alcuni motivi fondamentali che possono rimanere altrimenti nascosti, come ad esempio l’idea volgare che tutto possa essere comprato. Il denaro è motivo ricorrente nei dialoghi e nell’orchestra: con questo allestimento il tema balza in primo piano. Le scelte forti del regista si adattano perfettamente alla partitura, che è stata ricreata con grande talento dal giovane direttore Daniele Rustioni. Sotto la bacchetta di Rustioni l’orchestra si muove con fluidità e determinazione; l’interpretazione risulta precisa e ricca di sfumature. Il direttore rende con sensibilità i ritmi nervosi e le atmosfere contemplative: ed è proprio questo controllo della materia sonora che anima e carica di emozione tutta la rappresentazione.