Parigi, Théâtre des Champs Elysées, Stagione Lirica 2011 /2012
“IL GIUSTINO”
Dramma per musica in tre atti di Nicolò Beregan
Musica di Antonio Vivaldi
Anastasio ILEANA MATEESCU
Arianna MARIA GRAZIA SCHIAVO
Giustino MARINA DE LISO
Leocasta SABINA PUERTOLAS
Vitaliano ED LYON
Andronico VARDUHI ABRAHAMYAN
Amanzio, la Fortuna LUCIA CIRLLO
Polidarte VINCENT LESAGE
I Virtuosi delle Muse
Primo violino Jonathan Guyonnet
Direttore Stefano Molardi
Esecuzione in forma di concerto
Parigi, 24 febbraio 2012
La musica del Giustino è sublime e compensa una drammaturgia che, come per buona parte delle opere del tempo, è quanto mai assurda e improbabile. A chi scrive sarebbe piaciuto essere nel 1724, quando quest’opera andava in scena e vedere i vari “primi castrati” combattersi tra loro a suon di iperboliche agilità, i favori del pubblico. Abbiamo parlato di castrati perchè, nella confusione di ruoli dell’opera seria Giustino andò in scena senza nemmeno una donna. Questi otto ruoli erano tutti cantati da uomini. Oggi, in questa esecuzione, rimangano solo due uomini, il cattivo Vitaliano e il suo braccio destro, Polidarte, e abbiamo sei splendide donne per quattro ruoli maschili e due ruoli femminili.
Stefano Molardi, I Virtuosi delle Muse, con il primo violino Jonathan Guyonnet, hanno offerto un’esecuzione fluida, ricca di magnifici effetti sonori. Citiamo ad esempio il virtuosimo del dulcimer concertante nell’aria di Giustino “Ho nel petto un cor sì forte” (fine atto II), o ancora l’uso del contrabbasso e le note di violoncello tenute continuamente sotto i pianissimi in filigrana degli archi, la teatralità dei passaggi del corno e delle trombe fuori scena. Magnifiche scansioni ritmiche e un utilizzo costante del tema con variazione, che genera un’immaginifica varietà di suoni diversi e una grande libertà di espressione.
Ottimo il cast vocale. Una vera parata di atletici virtuosi che, nel corso dell’opera hanno riscaldato il pubblico parigino inizialmente un po’ riservato. Nel corso degli atti ogni aria è stata salutata con applausi scroscianti e urla di “bravo”. Il mezzosoprano rumeno, Ileanu Mateescu(Anastasio) possiede una voce ampia con un’ammirevole proiezione. Dalla sua prima aria Un solo sguardo, passando per Vedrò con mio diletto, fino alla fine dell’opera, ci dà sempre l’impressione di grande sicurezza. Una bellissima scoperta! Il mezzosoprano armeno Varduhi Abrahamyan (Andronico), dopo aver recentemente interpretato Pauline nella Pikovaja Dama, all’Opéra Bastille, torna sulle scene parigine, confermandosi un’ottima musicista, una cantante dal timbro personalissimo, pieno robusto. La Abrahamyan possiede anche un’accattivante e quasi esotica presenza scenica. Il soprano spagnolo Sabina Puertolas (Leocasta) mostra l’energia nervosa di uno sprinter, pronta all’eccitamento ritmico e a regalarci delle vere cascate di note. La sua Sventurata navicella è stata eseguita con ritmico veramente vorticoso, senza perdere minimamente di precisione. Il mezzosoprano Marina De Liso (Giustino) ha mostrato un’espressività tenera, mai forzata nei recitativi ed un bel piglio nelle sue difficilissime arie. Il soprano Maria Grazia Schiavo (Arianna) si è mostrata capace capace di muoversi perfettamente in tutta la tessitura del suo non facile ruolo. Il suo canto veleggia libero senza costrizioni e difficoltà. Bellissima la straordinaria delicatezza della cadenza alla fine dell’aria Pace non trovar. Lucia Cirillo (Amanzio, La Fortuna), molto espressiva nel suo interagire con gli altri interpreti, come se si trattasse di un’esecuzione in forma scenica, ha mostrato anche energia e precisione esecutiva nell’affrontare la sua impegnativa aria: Or che cinto il crin d’alloro(atto terzo), da lei resa in maniera ammirevole. Il tenore Ed Lyon (Vitaliano) usa anche la sua voce di testa con ottimi effetti nell’affrontare i pianissimo. Le lunghe note gravi del suo Il piacer della vendetta (atto terzo)erano emesse con grande precisione. Si è mostrato invece più a disagio nel canto di agilità. L’altro tenore, Vincent Lesage (Polidarte) ci è sembrato troppo intento ad assumersi la difficile responsabilità di raccontare la storia attraverso un’espressività di canto decisamente troppo teatrale per questo contesto. In conclusione dobbiamo anche affermare che un’esecuzione in forma di concerto di un’opera come questa, diventa inevitabilmente una serie di arie, anche se una più accattivante dell’altra. E’ sicuramente un’esperienza molto esaltante ma, verso la fine, ci si rende anche conto della lunghezza eccessiva dell’opera (2 ore e 45′ per l’esattezza), con un intervallo di mezzora. Al finale, anche a due violinisti è sfuggito qualche lieve sbadiglio. Ciò nonostante, il pubblico si è mostrato entusiasta e ha continuato ad acclamare tutti gli interpreti.