Milano, Teatro alla Scala, recital di canto, Stagione 2011/2012
Recital del soprano Mariella Devia
Pianoforte Enrica Ciccarelli
Fryderyk Chopin – Pauline Viardot: Otto mazurke per soprano e pianoforte
Maurice Ravel: Ballade de la reine morte d’aimer, Cinq Mélodies populaires grecques Franz Liszt: Oh! quand je dors, Tre Sonetti del Petrarca
Franz Schubert: Da Didone abbandonata D 510 “Vedi quanto adoro – Ah non lasciarmi”
Milano, 26 marzo 2012
Teatro alla Scala di Milano gremito di appassionati ed estimatori del noto soprano Mariella Devia definita dalla Guide de l’Operà come “una delle più belle voci di scuola italiana”. Un programma sofisticato e originale quello che hanno deciso di presentare il soprano ligure e la bravissima Enrica Ciccarelli, pianista accompagnatrice di altri ma pur sempre noti artisti del canto.
La serata musicale si è aperta con le Dodici mazurche per soprano e pianoforte di Fryderyk Chopin nella trascrizione ottocentesca di Pauline Verdot, mezzosoprano, pianista e compositrice, figlia del grande tenore Manuel García e sorella di Maria Malibran.
Spettacolare fin dall’inizio con il brano “Seize ans”, Mariella Devia ha fatto percepire al suo pubblico che quasi nulla è mutato nella sua voce che osa e vince in qualsiasi repertorio lei decida di cantare. I trilli sono cristallini e forse addirittura migliori rispetto a quelli di qualche anno fa…come faccia nessuno lo sa. La spavalderia della giovinetta di sedici anni che pare dire le parole di Violetta Valery è stata espressa anche con l’aggiunta di volatine, cadenze e acuti che la nostra diva esegue egregiamente. La sequela ricamata di pagine nostalgiche che Chopin aveva ricavato dal patrimonio popolare polacco si contorna di altre melodie vibranti: la “Ballade de la Reine mort d’aimer” più le “Cinq mélodies populaires grecques” di Ravel, i Tre Sonetti dal Petrarca di Liszt e lo straziante “Vedi quanto adoro” di Schubert, ispirato alla “Didone abbandonata” di Metastasio.
Nei pezzi più lirici la voce di “Mariella” –come ieri la chiamavano dal loggione- diventa uno strumento che produce suoni impalpabili e allo stesso tempo carichi di pathos .Ha commosso particolarmente nei “Tre sonetti del Petrarca” e soprattutto in “Pace non trovo” dove Liszt ci regala il meglio del suo romanticismo. Un “sogno d’amore” cantato dove una dolcissima lirica in note, struggente e delicata ci accompagna in una rappresentazione intima e onirica. Tutto pare nascere dalla signora Devia come frutto di un’intenzione unica: tutta l’armonia in lei diventano voce, il miracolo della forza umana articolata e onnipotente. Mariella Devia è una grande, meravigliosa artista del canto, un’interprete vocale di prodigiosa e commovente efficacia. Io non credo che la tecnica di Devia sia dovuta solamente allo studio…qui sembra che ci sia di mezzo un patto con il diavolo. Nel pezzo “Vedi, quanto t’adoro” di Schubert abbiamo avuto l’occasione di sentire zone acute cristalline, filati senza mai forzature, accenti sempre controllati e delicati, è cosa da sovrannaturale…Nella memoria non ho altri cantanti di riferimento per paragonarli alla longeva vocalità della signora Devia. Forse perché è una delle poche che ha applicato il proprio strumento vocale a quel repertorio che le si addice e a quelle opere musicali per le quali la sua sottile sensibilità è così poeticamente dotata. Mariella Devia sa che la sua carta vincente è la zona acuta e sovracuta dove può volare senza colpo ferire e che le consente di realizzare delle variazioni, abbellire, dipingere la melodia per caratterizzare cospicuamente ed in modo ingegnoso il personaggio. Dire che è incredibile nell’uso della voce sarebbe cosa ovvia e risaputa, dal momento che a tanta sapiente amministrazione la signora ora, più di qualche anno fa, aggiunge un’espressività intensa con nuances di malinconia. Ancora prima di terminare il concerto con il pezzo di Schubert dai palchetti e dal loggione si solo levate urla da stadio che richiedevano arie d’opera e richieste precise come “Anna Bolena!!!”
Come bis, molto attesi dai più, abbiamo potuto ascoltare una lunare “Casta Diva” dalla Norma di Bellini, un perfetto per stile e linea di canto “Signore ascolta” dalla Turandot di Puccini opera nella quale tra breve interpreterà il ruolo di Liù al Teatro Carlo Felice di Genova e per concludere “Chi il bel sogno di Doretta” aria tratta dall’opera pucciniana “La Rondine”, quest’ultima cantata in modo magistrale. Tecnica perfetta, senso innato della musica, buon gusto e una sana discrezione che la contraddistingue anche fuori dal palco sono le caratteristiche di donna Mariella.
Il soprano è una cantante che ha raggiunto una fama che ammette pochi paragoni ed è un gran peccato che in Italia non sia considerata una celebrità anche per i non “addetti ai lavori”…da notare come il nostro paese tratti l’arte e coloro che la praticano a differenza delle civiltà culturalmente più evolute come la Francia o il Belgio. Impazienti attendiamo cosa questa somma artista ci offrirà nel futuro imminente…magari un celestiale “D’amor sull’ali rosee” mi basta solo quello…chissà…
Foto Marco Brescia © Teatro alla Scala