Roma, Teatro Olimpico con Accademia Filarmonica Romana – Festival Internazionale della Danza
“NUOVE STELLE”
Con gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Frédéric Olivieri
“Evening Songs”
Coreografia di Jiří Kylián, ripresa da Arlette Van Boven
Musica di Antonín Dvořák
Con: Elena Bottaro, Marianna Suriano, Paola Giovenzana, Germano Trovato, Jacopo Giarda, Lorenzo Bernardi
“Larmes blanches”
Coreografia di Angelin Preljocaj, ripresa da Silvia Bidegain
Musiche di Johann Sebastian Bach, Henry Purcell, Claude Balbastre
Con: Paride Biasuzzi, Vincenzo Turiano , Isabella Casola, Francesca Raule
“Gymnopédie”
Coreografia di Roland Petit, ripresa da Lienz Chang
Musica di Erik Satie
Con: Lucymay Di Stefano, Francesco Colombo, Germano Trovato
“Il Regno delle ombre” dal III atto de “La Bayadère”
Coreografia di Marius Petipa, ripresa da Tatiana Nikonova e Leonid Nikonov
Musica di Ludwig Minkus
Solor Edoardo Caporaletti
Nikiya Marianna Suriano
Variazioni delle ombre: Cecilia Pacillo, Silvia Selvini, Lucymay di Stefano
Con gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala
Roma, 21 Marzo 2012
È un piccolo evento quello che il Teatro Olimpico e l’Accademia Filarmonica Romana hanno offerto al pubblico romano, la possibilità di vedere in scena i giovani danzatori della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretti da Frédéric Olivieri. Uno spettacolo di pregio con un programma articolato e complesso per i giovani danzatori che spazia dal contemporaneo d’autore del Novecento, Jiří Kylián, Angelin Preljocaj, Roland Petit, al classico puro di fine Ottocento di Marius Petipa.
Con Evening Songs, lavoro di Jiří Kylián creato nel 1986 per il Nederlands Dance Theater, si apre la serata. Bellissimo brano di un autore che ci ha regalato pagine geniali ed emozionanti; per più di un ventennio anima della compagnia olandese ed esponente di quel periodo magico della danza tedesca legata allo Stuttgart Ballet di. John Cranko. In questo caso con estremo garbo e delicatezza Kylián traccia il filo della relazione e dell’incontro tra uomo e donna, maschile e femminile descrivendo i diversi caratteri, e richiamando, grazie anche alla musica di Antonín Dvořák, quel suo mondo dell’est tanto amato. Senza enfasi ma con gande lirismo tre donne e tre uomini portano il pezzo a snodarsi fluidamente, com’è tipico del suo stile, attraversando la scena. I danzatori, molto bravi, interpretano con maturità e compostezza il gioco dei ruoli rendendo perfettamente l’apparente calma di un mondo ormai scomparso.
Sempre di uomo e donna e delle loro relazioni d’amore ci racconta Angelin Preljocaj con Larmes blanches, altro geniale autore ma della danza francese; lavoro del 1986 che certo non dimostra la sua età. Incontri e scontri, conflitti e riconciliazioni, strade percorse insieme improvvisamente separate. Un indagine lungimirante sui moderni problemi della coppia? Certo il tratto è inconfondibile, lo stile deciso. Quattro danzatori, due uomini e due donne, tessono la ragnatela di un percorso complicato, continui cambi di ritmo, di direzione, pause e riprese, piccoli movimenti frenetici sospesi improvvisamente in attesa del fulmineo accento, lunghi momenti nel silenzio portati magicamente all’unisono ed altri descritti dal “ticchettio” di un metronomo che segna il tempo che passa. Bellissimo lavoro, di rara bravura i danzatori Paride Biasuzzi, Vincenzo Turiano, Isabella Casola, Francesca Raule, che sulle atmosfere barocche di Johann Sebastian Bach, Henry Purcell, Claude Balbastre, certo non facili, dimostrano un orecchio raffinato, ma soprattutto una sorprendente sicurezza tecnica e maturità. Gymnopédie è un omaggio a Roland Petit. Creato nel 1986 dal grande coreografo francese recentemente scomparso, sugli omonimi pezzi per pianoforte di Erik Satie, verrà sviluppato poi due anni dopo in Tout Satie. Raffinato, ironico, tipicamente francese per eleganza e una certa stravaganza, è stato danzato nel passato come oggi da grandi interpreti. Una danza dal carattere fluido, un incedere lento, che richiede grande controllo da esibire però con charme e giocosità. Lucymay Di Stefano spicca per le sue qualità fisiche, le linee dei piedi e sicurezza tecnica e per un interpretazione che è da raffinare forse sul piano della naturalezza e dell’espressività.
Dopo questi tre lavori incantevoli, si cambia pagina completamente. Sempre di amore si tratterà ma certo in altro stile. È il III atto de La Bayadère di Marius Petipa meraviglioso affresco di fine Ottocento che narra le vicende di Nikiya, danzatrice sacra che tradita dall’amato Solor si lascerà morire e per questo destinata al Regno delle Ombre. Un capolavoro per struttura e composizione coreografica, ma talmente complesso da essere banco di prova per il Teatro più blasonato ed il Corpo di Ballo più esperto. Molte cose buone si sono viste, tanta volontà, una certa grazia e padronanza nel port de bras, molte belle linee, una buona ricerca nel movimento all’unisono oltre che buoni elementi tecnici, ma si sa nel classico basta un traballamento di troppo per sciogliere l’incantesimo e mostrare la difficoltà di ciò che deve sembrare facile. Bravi i solisti alle prese con elementi tecnici notevoli quasi sempre esibiti, a parte qualche indecisione, con buona padronanza. Non sappiamo se ci fossero delle stelle in erba sul palco, ma certo abbiamo visto bravi e brillanti danzatori, un risultato non da poco. Bellissima serata, molto applaudita. Foto di Stefano Spina