Parigi, Theatre du Châtelet
GRACE BUMBRY IN CONCERTO
Pianoforte Kevin McCutcheon
Chitarra Wim Hoogewerf
Musiche di: Burton Lane, Marvin Hamlish, Carole Sager et Michael Masser, Stephen Sondheim, Joaquin Rodrigo, Charles Aznavour, Ewan MacColl, Richard Kerr, Michel Legrand, Carole King, J. Rosamond Johnson, Thomas Kerr Jr., Umberto Balsamo, Lucio Dalla, Tony Renis, Luther Vandross, Paul Anka.
Parigi, 6 marzo 2012
Possiamo definire Grace Bumbry come un tesoro che, speriamo di potere conservare il più a lungo ancora possibile, anche se la sua arte rimarrà per sempre, senza dubbio alcuno. Lo ha dimostrato ancora una volta l’entusiasmo che riscosso questa sua esibizione allo Châtelet. Lei è tanto intrattenitrice quanto prima donna. In un recital ove si è presentata in modo spontaneo, con un calore umano incredibile, la sorprendente Grace si avventurata in un repertorio più leggero con la medesima dedizione alla serenità e tranquillità musicale che da sempre la contraddistinguono. Pochi cantanti istruiti classicamente riescono in questo genere di repertorio. Incapaci di resistere al suono delle loro voci, si pavoneggiano, perdono le semplici intenzioni dei righi e distorcono le melodie. Mai una sola volta Grace Bumbry è caduta in questa trappola. Nel prestare il suo timbro straordinario ad alcune delle canzoni più affascinanti che siano mai state scritte, esprimeva uno swing incredibile e un lirismo controllato che potrebbero servire da lezione a qualunque cantante di qualsiasi stile.
Canzoni come Memories di Marvin Hamlisch, Will you love me Tomorrow? di Carole King o Yesterday when I was young di Charles Aznavour erano intense storie nuove con parole vecchie. La sua attenzione al particolare non ha mai perso il fluire dello slancio. Vocali e consonanti erano coniugate assieme come perle. The first time ever I saw your face aveva un impulso dolce e un movimento interiore ritmico e aggraziato tutto particolare. Aranjuez, un arrangiamento dell’Adagio dal Concierto d’Aranjuez di Rodrigo, ha avuto un grande successo. Ha dispiegato i suoi toni bassi, sofisticati. La Bumbry non è mai stata artefatta. Non ha mai trasceso. Non ne ha bisogno. Ha cantato I’ll never love this way again con libertà ritmica assoluta. La frase di apertura What are you doing for the resto f your life? di Michel Legrand è venuta alla luce da qualche luogo segreto nel suo cuore.
Il gioco di luci nello spettacolo è stato eccezionale. Uno sfondo con colori in mutazione impercettibile dal limone al rosso carminio e blu. Gli adattamenti non erano indicati nelle note del programma così ci si immagina che siano stati fatti dai musicisti stessi. Il pianista Kevin McCutcheon ha suonato accompagnamenti di sostegno ben espressi con tocchi chiari e trasporto ritmico. Il chitarrista Wim Hogewerf ha sfoggiato una stupenda sonorità in Aranjuez.
Tre spiritual hanno aperto la seconda parte. Contrasti di dinamiche sonore e morbide, ardito avventurarsi nelle regioni alte della sua voce in Great Day, una verve ritmica vigorosa in Git on board. L’energia della Bumbry stupisce perché lei non fa nulla senza una assoluta compostezza. In Natalie, la sua voce era così serena, un tono ricco, facile nel parlando quanto nel canto. In Caruso di Lucio Dalla, la Bumbry ha svelato tutto quanto conosce del recitativo operistico italiano creando un suono fluttuato senza la benché minima volgarità e cantando il ritornello con tale purezza da lasciare la sala esterrefatta. E poi Grande, grande, grande di Tony Renis. Una dopo l’altra, Grace Bumbry ha rigenerato queste canzoni con nuova energia. Nulla della svenevolezza dei cantanti d’opera che affrontano questo genere di repertorio. I righi di Bumbry erano semplici con il più bel legato che si possa immaginare. Il programma è terminato con due semplici ritratti di questa donna fantastica: Dance with my father di Luther Vandross e My Way di Paul Anka. Ritroveremo ancora Grace Bumbry in queste settimane come “Old Lady” nel Candide di Bernstein al Deutsche Ope di Berlino e nell’ottobre 2012 e debuttare il ruolo della Contessa nella Dama di Picche alla Staatsoper di Vienna. Foto Marie-Noëlle Robert – Théâtre du Châtelet