Palermo, Politeama Garibaldi, Amici della Musica, 80a stagione concertistica 2011/2012
Concerto sinfonico diretto da Xu Zhong
Orchestra del Teatro Massimo “Bellini” di Catania.
Direttore e solista Xu Zhong
Wolfgang Amadeus Mozart: Concerto in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra Kv.271 “Jeunehomme”
Richard Wagner: Preludio dall’opera Lohengrin
Richard Strauss: “Macbeth”, poema sinfonico op.23
Suite dal “Rosenkavalier” op.59
Concerto realizzato in collaborazione con il Teatro Massimo Bellini di Catania
Palermo, 13 marzo 2012
Appartiene alla schiera sempre più folta dei pianisti/direttori, il cinese Xu Zhong che si è esibito al Politeama Garibaldi di Palermo, accanto all’orchestra del Teatro Massimo “Vincenzo Bellini” di Catania, nell’ambito della 80ª stagione dell’Associazione “Amici della Musica”. Nato a Shanghai, Zhong è considerato uno dei più importanti pianisti cinesi a livello internazionale e ricopre oggi le cariche di direttore artistico della Shanghai International Piano Competition (di cui è membro fondatore), direttore musicale della Shanghai Symphony Orchestra e Chef Guest Conductor della KBS Symphony Orchestra. Da diversi anni ha inoltre affiancato all’attività pianistica quella di direttore, esibendosi in Europa, in Italia e consolidando, a partire dal 2011, una proficua collaborazione con il Teatro Bellini di Catania.
Per l’appuntamento palermitano è stato proposto lo stesso programma già presentato per la stagione sinfonica 2011-2012 del Bellini, il 9 e 10 marzo scorsi. Il primo brano rimanda al mondo del classicismo viennese e ne costituisce uno dei vertici. Si tratta del mozartiano Concerto in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra Kv. 271 detto “Jeunehomme”, che ha impegnato Zhong nel doppio ruolo di solista e direttore. Nelle vesti di pianista, il musicista ha dimostrato di conoscere a fondo i meccanismi interni dell’Allegro e lo ha rivelato immediatamente, nell’attacco iniziale, reso con vigore e insieme delicatezza. L’aspetto gioioso della ripresa conduce alla cadenza, che sotto le mani dell’esecutore ha svelato il suo carattere beethoveniano, appassionato e dolente. Meno bene l’interpretazione del movimento centrale (Andantino), priva delle sfumature intime e struggenti che costituiscono l’essenza di questo movimento. In generale la direzione di Zhong sembra prestare ridotta attenzione ai contrasti d’intensità, ottenendo una poco opportuna omogeneità dinamica. Il carattere meditativo è stato recuperato nell’episodio solistico del pianoforte nel Rondò, terzo movimento al quale si è passati senza soluzione di continuità. Al suo interno si isola una sezione in tempo di minuetto, affrontata con spirito aggraziato ma non esente da un’ombra di inquietudine, nel puntuale dosaggio dei singoli timbri.
Nella seconda parte del concerto, Zhong è passato dal ruolo di strumentista a quello esclusivo di direttore, concentrandosi sui capolavori del romanticismo tedesco e sulle opere di Richard Strauss. Molte le insidie che vengono offerte dal Preludio all’Atto I del Lohengrin di Wagner. In questo caso il direttore ha adottato tempi eccessivamente veloci, che sono arrivati a mettere in ombra le buone qualità dell’orchestra, annullando l’impressione di sublime coinvolgimento che caratterizza questa pagina musicale. Zhong appare più adatto a concertare le composizioni di carattere incalzante: lo dimostra nei movimenti estremi del Concerto mozartiano, e ancor più riesce a farlo nelle ultime due opere in programma. Il poema sinfonico Macbeth op. 23 è stato infatti fronteggiato con maggiore sicurezza e più attenzione alle caratteristiche della partitura. Fragoroso il suono degli ottoni, imponenti le percussioni, ma ad infuocare l’esecuzione sono stati soprattutto i violoncelli, rappresentazione del tormento del personaggio shakespeariano. Per concludere la splendida Suite da “Il Cavaliere della Rosa” op. 59. L’incipit di sfavillante vitalità è risuonato con convinzione, contrapponendosi all’atmosfera nostalgica della parte successiva e alla trasparenza dei delicati impasti strumentali, che Zhong ha enfatizzato con estrema accortezza. Sonorità cameristiche che sono emerse nello squisito dialogo fra violini e legni, attraverso una tumultuosa transizione che ha portato alla citazione del valzer del barone Ochs (“Ohne mich”) e al resto della Suite, dominata dalla ripresa di valzer viennesi e dalla voce del primo violino. Due i bis che sono stati offerti al pubblico del Politeama, entrambi pianistici ed entrambi eseguiti alla fine della prima parte del concerto. Il Notturno in si bemolle minore op. 9 n. 1 di Chopin, brano particolarmente amato dal pianista, è stato interpretato correttamente ma senza guizzi, mentre la Danza russa da Petruška di Stravinsky ha colpito per l’efficacia ritmica e per la precisione del tocco, che ha suscitato consensi e applausi da parte del pubblico.