Roma, Auditorium Parco della Musica, Stagione 2011/2012 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Concerto diretto da James Judd, con la partecipazione del pianista Evgeny Kissin
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore James Judd
Pianoforte Evgeny Kissin
Johannes Brahms: Ouverture Tragica op.81
Edward Grieg: Concerto in La Minore per pianoforte e orchestra op.16
Pëtr Il’ic Čajkovskij: Sinfonia n. 2 in Do Minore op.17
Roma, 5 febbraio 2012
Una prima sofferta quella di domenica scorsa a Santa Cecilia. Vladimir Jurowski, rinomata bacchetta di livello internazionale, ammalatosi e costretto a rinunciare al suo impegno a ridosso delle prove, viene sostituito dall’inglese James Judd, mentre le avverse condizioni metereologiche obbligano l’Accademia ad un rinvio del concerto al giorno successivo. La neve e il ghiaccio non hanno però impedito ad un pubblico appassionato e ai fan di Evgeny Kissin di raggiungere la sala sufficientemente nutrita.
Abbandonata l’idea della coppia moscovita Kissin/Jurowski (anche se quest’ultimo ormai naturalizzato tedesco), ci siamo predisposti ad assistere all’incontro fra uno dei pianisti più apprezzati al mondo e James Judd, salito l’ultima volta sul podio di Santa Cecilia nel lontano 1977 con un programma che comprendeva la Leonore II e il Concerto n. 5 per pianoforte e orchestra di Beethoven (pianista, Robert Benz) e la Sinfonia n. 1 di Brahms.
È certamente un caso, ma il ritorno di Judd in Accademia è nel segno di Brahms che apre il concerto quasi a mantenere un ponte di continuità con l’ultima eseprienza ceciliana. Si tratta della Tragische Ouvertüre, che assieme alla consorella Ouverture Accademica, è, fin dalle iniziali battute della prima sezione, uno scrigno di incisiva impronta brahmsiana, la cui forza tardoromantica è apparsa affievolita nel momento in cui Judd ha scelto di staccare un tempo più cadenzato del solito, un Allegro ma non troppo che comunicava più un “Vorrei ma non posso”, impressione assestatasi nella seconda sezione del Molto più moderato. Indecisione comunicata non certo dall’orchestra, sempre compatta e pronta ad esplodere in un entusiasmante vigore musicale. Peccato non poter dire la stessa cosa per il Concerto in la minore di Grieg; la direzione, pur attenta nel dialogo con il pianoforte, lasciava intravedere alcune incertezze nel gesto con conseguenti ritardi, degli ottoni in particolare.
Seconda parte del concerto dedicata alla Sinfonia n. 2 di Čajkovskij, a differenza dell’iniziale programma con Jurowski che prevedeva la Terza Sinfonia. Un cambiamento apprezzato dal pubblico romano, che non ha spesso occasione di asoltare dal vivo la sinfonia forse meno “occidentale” delle sei di Čajkovskij. La compostezza britannica di Judd ha saputo gestire con eleganza dai ritmi saltellanti alla maestosità della trama compositiva, al lirismo dei temi echeggianti antiche melodie popolari russe. Come non descrivere, invece, la performance di Kissin se non un vero spettacolo di tecnica e pathos. Si rimane letteralmente stupiti di come questo ex enfant prodige riesca ad accarezzare la tastiera e a percuoterla nello stesso tempo, mantenendo un controllo naturale dell’articolazione, da cui traspare non soltanto un’estrema sicurezza ma anche una cura dettagliata ad ogni passaggio. Ne scaturisce un suono brillante ed energico ma allo stesso tempo morbido e delicato. Un calore avvolgente, ribadito nei due bis (fra cui il Carnaval di Grieg), che ha scaldato gli animi in barba alla gelida temperatura esterna.