La prima esposizione ospitata alla Royal Opera House per la stagione 2011 – 2012, conclusasi in questi giorni, ha reso omaggio alla carriera della soprano Joan Sutherland che, approdata alla prestigiosa istituzione nel 1952 e scritturata come “utility soprano”, ha segnato con Lucia di Lammarmoor di G. Donizetti (1959), sotto la direzione di Tullio Serafin, un’indimenticabile interpretazione che la mise in particolare evidenza nel mondo lirico internazionale. Dotata di fenomenale tecnica, di voce scintillante e di acuti sicuri, è considerata tra le più grandi cantanti del Novecento.
Ma chi è stata veramente Joan Sutherland? All’inizio una goffa, sgraziata e alta cantante australiana, con una voce piacevole e nulla più. Soprano lirico d’agilità, dopo aver studiato canto nella natia Australia, prima con la madre Muriel, mezzosoprano, all’età di 16 anni, trovandosi nella posizione di doversi mantenere, intraprende un corso per segretaria e inizia a lavorare, proseguendo nello studio del canto privatamente con Aida Summers, a Sydney, dove nel 1947 fece il suo debutto con un concerto di brani wagneriani. Dopo il debutto australiano, Joan Sutherland si specializzò gradatamente nel repertorio virtuosistico. Nel 1951 vinse un prestigioso concorso canoro e questo le permise di trasferirsi a Londra per studiare al Royal College of Music.
Cristina Franchi, curatrice della mostra e responsabile del dipartimento esposizioni dal 1999, anno della sua istituzione, ci racconta come la vita di dame Joan, per quanto indubbiamente ricca di successi, sia in realtà segnata da “grande fatica ed estrema dedizione, moltissime ore di esercizio e tanta umiltà”. La Sutherland, infatti, venne scartata per ben tre volte alle audizioni per la Royal Opera a Covent Garden, prima di essere scritturata, come “utility soprano”, con una paga di £10 la settimana, debuttando come Prima Dama ne “Il Flauto Magico” di Mozart, nel 1952. E’ a partire da questo rapporto di lavoro con la Royal Opera House che l’esposizione su Joan Sutherland si sviluppa, offrendo mediante foto di prove e tournees, poster, materiale di scena e costumi la vita dietro le quinte e sulla scena della cantante australiana e richiamando alcuni dei ruoli più celebri da lei interpretati. Fondamentale per il proseguo della carriera di Joan è la relazione con il pianista Richard Bonynge, sposato nel 1956, che per primo riconobbe il talento di Joan, l’estensione e l’abilità nella coloratura, facendola esercitare in modo minuzioso, espandendo ulteriormente il talento della Sutherland mediante un’ottima tecnica. Nei primi anni di apprendistato alla Royal Opera House ha cantato parti secondarie, tra cui la sacerdotessa nell’Aida verdiana e Clotilde nella Norma di Bellini, entrambe accanto a Maria Callas, la quale raccomandò all’australiana di “curare la propria voce”, cosicché – continua Callas – “sentiremo grandi cose su di te”. Nel frattempo affronta vari ruoli minori, come la Soprintendente nella Elektra di Richard Strauss, Lady Rich nella Gloriana di Benjamin Britten, Frasquita nella Carmen di Georges Bizet e Helmwige nella Walküre di Richard Wagner.
“David Webster” – prosegue con entusiasmo la curatrice – “amministratore dal 1946, fu certamente assieme a Richard Bonynge una figura chiave nel proseguo della carriera della Sutherland in quanto grande scopritore di talenti, consapevole però delle rigidità e goffaggine della cantante australiana sulla scena. Per tale ragione assieme a Lord Harewood e Edward Downes, che ne riconoscevano il potenziale, venne deciso che Joan avrebbe preso lezioni di movimento da Norman Ayrton, all’Old Vic. Fu lo stesso Webster a spingere affinché la Sutherland avesse la parte di Lucia di Lammermoor, convincendo il consiglio che sarebbe stata all’altezza, dopo ulteriore studio con il direttore Tullio Serafin, già mentore della Callas”. Joan Sutherland, come Callas, conosceva l´arte di dare significato al virtuosismo vocale e di utilizzarlo come mezzo espressivo.
L’esperienza di Serafin, lo studio con il marito Bonynge, le lezioni di movimento e l’incontro con Franco Zeffirelli, che riuscì a liberare il fascino della Sutherland rendendola più sicura di sé sul palcoscenico grazie ad abiti ‘ad hoc’ per la sua figura, trasformandola in una diva.
Osservando i costumi esposti si può infatti notare un enorme cambiamento nelle linea dei costumi che evidenziano sempre più il punto vita: come risultato Sutherland, risulta più slanciata e aggraziata. “Grazie agli esercizi alla sbarra con Norman Ayrton, che ne migliora la postura, e all’intuizione di Zeffirelli che da’ un punto vita a Joan, tutti iniziano a vedere quanto sia meravigliosa e, da quel momento, come riporta il cronista Porter del Financial Times la Sutherland acquisisce una nuova sorprendente presenza scenica, la goffaggine è sparita e questa nuova sicurezza l’aiuta anche a cantare con maggiore intensità, ad essere persino seducente”, spiega Cristina, annuendo.
In una sola serata, grazie a un ruolo di coloratura drammatica che affronterà addirittura per un trentennio, la giovane australiana diventa improvvisamente una star internazionale, guadagnandosi un contratto esclusivo con un’importante casa discografica londinese e iniziando a incidere numerosi recital (tra cui il capolavoro assoluto The Art of the Prima Donna, nel 1960, che vinse il prestigioso premio Grammy) e quasi tutti i ruoli da quel momento affrontati in teatro. Dopo Lucia di Lammermoor, interpreta la Rodelinda di Händel, La traviata di Verdi, I puritani e La sonnambula di Bellini.
“La Stupenda”, “Koloraturwunder” e “The Incomparable” sono solo alcuni degli appellativi con cui veniva definita dai melomani questa virtuosa fenomenale, le cui interpretazioni sono autentiche pietre miliari nella storia della musica operistica e del recupero delle prassi del belcanto. “La figura della Sutherlan, dotata di una voce di bellissimo timbro, di notevole volume e assai estesa” spiega Franchi “ha significato soprattutto la scoperta di un repertorio, di una tecnica e di uno stile di canto che si credevano perduti e dei quali la Callas aveva cominciato a svelare i contorni”.
Le foto sono state esposte negli ambienti di passaggio della Royal Opera House, foyer, gallerie, corridoi, bar; non essendovi un ambiente separato adibito all’allestimento di mostre, oltre che per una precisa volontà del management, come ci spiega Cristina Franchi, management che si è proposto di rendere l’opera e il lavoro dietro le quinte per realizzarla, approcciabile attraverso queste esposizioni da un elevato numero di persone, non esclusivamente per i melomani. “Abbiamo una vastissima collezione, oltre 6.000 pezzi tra costumi e oggetti di scena, un capitale di cimeli che testimoniano la laboriosità della Royal Opera, in attività dal 1732, sopravvissuta a ben due incendi”. In questo contesto s’inserisce la relazione pluridecennale con Joan Sutherland, ritiratasi dale scene con un gala di fine anno esibendosi in Die Fledermaus con il mezzo soprano Marilyn Horne e l’amico Pavarotti. “Era molto amata qui alla Royal e ogni qualvolta tornava c’era un grande brusio tra i corridoi ‘Joan è qui’; per questo motivo ci è sembrato opportuno renderle omaggio con una mostra in suo onore”. Era molto amata anche dal pubblico e trovava sempre il tempo di fermarsi a firmare autografi.
Tra i meriti a lei attribuiti, insieme al marito, anche quello di aver contribuito al lancio di Luciano Pavarotti sulla scena internazionale, durante il tour australiano del 1965. Pavarotti affermò in più occasioni di aver compiutamente rifinito la tecnica di respirazione ed appoggio del suono grazie a suoi insegnamenti, divenendone il partner privilegiato per molti anni, di “aver imparato a respirare da Joan”. Questa relazione lavorativa è testimoniata da numerosi immagini che ritraggono i due cantanti assieme in scena e non. Curioso quanto la curatrice mette in evidenza: a causa della sua statura Sutherland, quando accompagnata da Pavarotti, ha spesso dovuto cantare seduta o comunque in posizione arretrata rispetto al collega.
Joan era una donna schietta e sincera, con i piedi per terra, diva solo sul palco, ma semplice e solare nella vita quotidiana, grazie anche al costante supporto del marito, una cara energica signora che amava lavorare a maglia e giocare con i propri nipoti. Pochi cantanti lirici hanno avuto una carriera prestigiosa e lunga come la sua, che è durata oltre quarant’anni. Joan Sutherland è deceduta nelle prime ore di domenica 10 ottobre 2010 nella sua casa a Les Avants, nei pressi di Montreux; da tempo malata di cuore, le sue condizioni di salute erano peggiorate dopo una caduta nel luglio 2008 che le aveva procurato la frattura di entrambe le gambe. Quando chiedo alla Franchi quali siano gli aspetti della vita della Sutherland che ha scoperto solo approfondendo la conoscenza della sua vita per allestire l’esposizione richiama ancora una volta l’impegno, la dedizione e la fatica. Molte sono state le critiche rivolte all’australiana: in un primo momento per la sua incapacità di stare in scena, sempre le è stato rimproverato di avere una cattiva dizione e pronuncia quando si è cimentata in pezzi in lingua straniera, non da ultimo, la sofferenza legata alla sinusite, per cui ha anche subito un delicato intervento, l’ha fatta bersaglio di numerose recensioni negative, ma a tutte le critiche ha sempre risposto applicandosi per migliorare. Questo dunque l’insegnamento della Sutherland, non abbattersi mai e lottare per i propri sogni.
Nelle foto, gentilmente concesse dalla Royal Opera House, Covent Garden, potere vedere, a partire dall’alto:
1 – Costume indossato dalla Sutherland nel ruolo di Clotilde, per la Norma del 1952 con la Callas, designer Alan Barlow
2 – Franco Zeffirelli e Joan Sutherland durante le prove di “Lucia di Lammermoor” , 1959 (Roger Wood Photographic Collection)
3 e 4 – Copricapo e costume per Lucrezia Borgia (1980) disegnati da Michael Stennett
5 – Costume per Anna Bolena (1988) disegnato da John Pascoe