Ancona, Teatro delle Muse, Stagione Lirica 2012
“LE NOZZE DI FIGARO””, ossia la folle giornata (K 492)
Opera buffa in quattro atti su libretto di Lorenzo Da Ponte, da Beaumerchais
Musica di Wolfganag Amadeus Mozart
Il Conte di Almaviva ALESSANDRO LUONGO
La Contessa CARMELA REMIGIO
Susanna ADRIANA KUCEROVA
Figaro RICCARDO NOVARO
Cherubino ELENA BELFIORE
Marcellina GIACINTA NICOTRA
Don Bartolo LUCA DALL’AMICO
Don Basilio, Don Curzio LUCA CANONICI
Barbarina MARIA ABBATE
Antonio WILLIAM CORRO’
Due donne YULIYA POLESHCHUK, TATIA JIBLADZE*
FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”
* allieve dell’Accademia di Arte Lirica di Osimo
Direttore d’orchestra Guillaume Tourniaire
Maestro del coro Simone Baiocchi
Regia, scene, costumi Pier Luigi Pizzi
Luci Vincenzo Raponi
Movimenti coreografici Roberto Maria Pizzuto
Nuovo allestimento Fondazione Teatro delle Muse
Ancona, 27 gennaio 2012
Il 27 gennaio 1756 nasceva a Salisburgo Wolfgang Amadeus Mozart ed il 27 Gennaio 2012 si apriva la Stagione Lirica 2012 della Fondazione Teatro delle Muse di Ancona con l’attesissima nuova produzione ‘Le nozze di Figaro’ con la regia, scene, costumi di Pier Luigi Pizzi. Attesissima perché andava a completare la trilogia Mozart dopo il Così fan tutte dello scorso anno e il Don Giovanni di due stagioni fa realizzate in coproduzione con lo Sferisterio Opera Festival. Esule ahimè della collaborazione di Macerata l’ente del capoluogo marchigiano ha dovuto fronteggiare e gestire spese e costi assai ingenti pur di poter assicurare una degna conclusione ad un progetto iniziato anni fa e che ha portato in scena con grande orgoglio e chiaramente solleticando aspettative di molti. Aspettative in verità in parte soddisfatte ed in parte deluse. Il pubblico è stato quello delle grandi occasioni, anche se per r essere l’inaugurazione di una stagione lirica il clima non era quello che di solito si respira in altri teatri. Non basta un tappeto rosso e qualche flash in sala. Colpa della crisi? Sarà…
Soffocati da un caldo straziante colpa di riscaldamenti e ventole impazzite, inizia lo spettacolo.
Le scene di Pier Luigi Pizzi sono come sempre funzionali all’opera: sobrie, semplici e rigorosamente simmetriche e speculari. Un perfetto esercizio di composizione architettonica, in questo caso sin troppo didascalico. Un taglio di un elegante interno ligneo color rovere racchiuso da travi a vista e contornato da finestre, porte a specchio ed armadi a parete; elementi questi che chiusi, aperti, celati da pannelli e abbelliti da arredi palesemente riciclati dalle precedenti produzioni cangiavano l’aspetto della scena ;ora stanza della servitù nel primo atto, ora talamo della Contessa ed ora salone delle feste e sul finale orto del palazzo. Un palco fortemente inclinato regalava poi prospettiva e profondità oltre a sottolineare e dare risalto al movimento scenico degli interpreti
Questa componibilità di scena racchiude forse all’esigenza di rapidi cambi scena per far posto alle altre due opere, consentendo, nel caso, di offrire al pubblico, già dall’anno prossimo, la trilogia completa. Dunque se così fosse per chi non avesse frequentato il Teatro di Ancona in questi ultimi tre anni, forse avrà la possibilità di recuperare quanto perduto e per chi questi spettacoli oltre che ad Ancona ha avuto modo di vederli a Macerata…un esercizio di memoria. L’idea registica di Pizzi è alquanto tradizionale senza particolari guizzi di stravaganza o originalità. La recitazione è realistica e non sempre i protagonisti sono stati in grado di rendere in pieno i personaggi creati da Da Ponte e Mozart, forse troppo impegnati a gestire la parte musicale.
Anche i costumi sempre di Pier Luigi Pizzi erano un “déjà vu”. Il regista ha pescato dal Don Giovanni e dall’ Andrea Chénier di Macerata. Una scelta comunque ben assortita e riuscita. Le luci di Vincenzo Raponi hanno arricchito di molto la scena, con tagli arditi e giochi di contrasto fortissimi dando profondità e prospettiva alle scene con effetti nel complesso assolutamente riusciti.
La direzione del maestro Guillaume Tourniaire non è stata sempre assai precisa e puntuale. I tempi molto spesso elegantemente “allargati” e di conseguenza non sempre agevoli al canto. Si è percepita chiaramente una mancanza di incisività e vivacità teatrale. All’interno dunque di questo contesto e detta orchestrazione, ciascun interprete ha reagito secondo le doti personali ed esperienza, dimostrando nel complesso un buon affiatamento e convinzione dei ruoli.
Alessandro Luongo (Conte di Almaviva) ha una voce decisamente gradevole ,rotonda e pastosa. Ha risolto con grande cuore e le giuste intonazioni la sua aria del terzo atto “Hai già vinta la causa – Vedrò mentr’io sospiro” delineando un personaggio erotomane e rancoroso, in accordo con la regia, ma anche assai contenuto e consapevole del suo status sociale. Forse un po’ più di disinvoltura in scena avrebbe giovato.
Carmela Remigio (Contessa) è stata assolutamente la protagonista indiscussa della serata. A lei il pubblico ha tributato un personale successo. In accordo con Pizzi, la Remigio ha tratteggiato una Contessa nobilmente rassegnata ad un rapporto coniugale stantio e logoro. Uno status che spinge la donna a una forma di alcolismo. In quest’ottica la voce della Remigio ha regalato momenti di grande intensità. Le sue due arie (“Porgi amor e “Dove sono i bei momenti”) sono state cantante con grande intensità emotiva e bella linea di canto. Va poi evidenziata la cura che la Remigio a posto nella dizione dei recitativi, eseguiti sempre con un fraseggio chiaro e nitido.
Molto attesa la Susanna di Adriana Kučerová. Scenicamente, il soprano slovacco è una donna avvenente, indubbiamente scenicamente e vocalmente talentuosa, ma non certo una rivelazione. Se mai una certa delusione, visti i palesi limiti di corpo vocale che più volte la vedevano in evidente difficoltà. Solo nella sua scena del quarto atto (“Giunse alfine il momento – Deh vieni, non tardar” ) ha trovato un certo equilibrio vocale e interpretativo. Un po’ troppo poco però.
Ben caratterizzato il Figaro di Riccardo Novaro. Dotato di una bella voce e di indubbia musicalità. Quando avrà raggiunto una maggiore omogeneità nel corpo vocale, sarà sicuramente l’interprete ideale per questo ruolo.
Il Cherubino ha trovato una bella caratterizzazione nella vocalità di Elena Belfiore. Questo talentuoso mezzosoprano, superando anche gli squilibri ritmici della concertazione, ha saputo sempre essere credibile, sotto ogni punto di vista, scenico e musicale.Giacinta Nicotra è stata una Marcellina di lusso. Ha saputo dare i giusti accenti e il colore vocale a ogni suo intervento. La sua interpretazione della piuttosto difficile aria “Il capro e la capretta” è stata assolutamente impeccabile. Di buon livello il Don Bartolo di Luca Dall’Amico. La sua è una voce di bel colore ed ampiezza seppur alle volte usata con eccessiva irruenza. Un inedito Luca Canonici nel doppio ruolo di Don Basilio e Don Curzio, pur con qualche palese difficoltà nel registro acuto, ha cantato con la consueta musicalità e intelligenza interpretativa. Maria Abbate, nel ruolo di Barberina ha messo in luce una bella voce, buon gusto regalandoci una deliziosa interpretazione di “L’ho perduta… me meschina”. Antonio, giardiniere del Conte e zio di Susanna era William Corrò e le due donne erano Yuliya Poleshchuk e Tatia Jibladze quest’ultime allieve dell’Accademia di Arte Lirica di Osimo. I pochi elementi del Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” selezionato in pochi elementi erano segregati in buca. Di conseguenza era evidente la difficoltà nel sentire chiaramente i loro interventi. Un plauso comunque a questi musicisti che nonostante le scelte registiche, hanno svolto il loro lavoro con grande dignità e professionalità. Prima della rappresentazione, le maestranze del teatro hanno distribuito un volantino per invitare le istituzioni locali a chiudere con le polemiche sulle sorti della lirica «che hanno già stancato cittadinanza e lavoratori» e piuttosto rilanciare questo genere di spettacolo valorizzando a pieno «la capacità dimostrata negli anni di produrre spettacoli di qualità». Nel volantino, anche riguardo alla prospettiva di tagli nel settore, si parla di «orgoglio» delle maestranze di sentirsi «fra gli artefici di eventi culturali di rilievo, di assoluta eccellenza sul piano regionale e nazionale» e si evidenzia che esse hanno saputo «svolgere il proprio lavoro con professionalità».