Verona, Teatro Nuovo
“IL LAGO DEI CIGNI”
Balletto in quattro atti, drammaturgia di V.Begichev e V.Geltzer
Coreografia di M.Petipa, L.Ivanov, V.Kovtun
Musica di Piotr Ilic Cajkovskij
Odette-Odile NATALI MASAK
Il principe Siegfried DENYS NEDAK
Il barone Rothbart NIKITA SUCHORUKOV
La regina madre SVETLANA PRONINA
Solisti e Corpo di ballo del Teatro Municipale di Kiev
Scene e costumi V.Okunev, I.Press
Luci Alexander Lazebnikov
Verona, 20 dicembre 2011
Tra i numerosi “ laghi dei cigni” visti in giro per il mondo e in Italia nelle varie versioni e interpretazioni, si inserisce ora questo “Lago” in cui i cigni stavolta sono di origine ucraina. Il 20 dicembre scorso, presso il Teatro Nuovo di Verona, la Compagnia Municipale di Kiev ha messo in scena la sua produzione e la sua lettura di questo classico della danza mondiale, recentemente anche oggetto di un film premio Oscar. Il “Lago dei Cigni” è un capolavoro del trittico di Ciaikovskyi – Petipà: “ Bella Addormentata” (1890), “ Schiaccianoci” (1892) e, appunto “Lago dei Cigni” (1895).
Gli ultimi due sono stati messi in scena in collaborazione con Lev Ivanov, il secondo, ma geniale coreografo del Mariinskyi. Creati in seno al teatro della corte imperiale, questi balletti portano il sigillo della nobiltà e richiedono agli interpreti il rigoroso rispetto delle regole di esecuzione, ancora oggi osservate al Teatro Mariinskyi. Per esempio, il “Lago dei Cigni “ si caratterizza per un’ampia gamma di requisiti artistici e per la grande spettacolarità, unita ad un alto livello di professionalità.
Per questo quasi tutte le grandi, ma anche le piccole, compagnie di balletto classico per affermarsi cercano di inserirlo nel loro repertorio. C’è pure un altro vantaggio: il “ Lago” è uno spettacolo classico, fra i più amati dal pubblico mondiale. Tutto ciò lo fa diventare un oggetto del desiderio anche per compagnie poco idonee, ma con tanta voglia di metterlo in scena e portarlo in tournée.
L’esibizione del teatro ucraino, purtroppo, si inserisce in questo filone. C’è da meravigliarsi per il gran coraggio con cui la compagnia, pur non avendo i mezzi necessari (un corpo di ballo insufficiente e carenza dei requisiti artistici minimi, ma di grande importanza, per interpretare questo balletto), si è lanciata nel portare in scena questo antico gioiello. Il cartellone dello spettacolo del teatro di Kiev ha annunciato tre autori. Oltre ai due nome storici di Petipà e Ivanov, ce n’era un altro, Kovtun: è il nome del direttore della compagnia. Ma in realtà i nomi avrebbero dovuto essere quattro. Il nome che è rimasto fuori dal cartellone è quello di F. Lopuchov, il coreografo di maggior spicco nella storia di balletto russo, il direttore del Teatro Kirov – Mariinskyi negli anni 1951- 1956, un celebre custode ed esperto dell’eredità ballettistica. Sono eccellenti i suoi lavori di riproposizione di vecchi balletti con inserti indistinguibili dallo stile originale. Nel “Lago” ucraino, riproponendo la produzione classica di Kiev, Lopuchov ha composto l’intero primo quadro del balletto, il valzer e il polonaise nella festa di compleanno del principe Sigfried. Con l’apertura del sipario, il valzer è sembrato leggiadro come un soffio di vento per tutto il palcoscenico, fino a scorrere in seguito nelle infinite figure coreografiche. Per padroneggiare pienamente quel brano il nuovo autore ha fatto un piccolo ritocco, “inchiodando” l’inizio del valzer con lo “stop quadre”. Certamente, quel ritocco non ha abbellito il balletto, però ha permesso al direttore di togliere il nome di Lopuchov dalla lista degli autori.
La celebre storia della principessa-cigno, nella narrazione del balletto ucraino non è arrivata dal palcoscenico al pubblico. L’esibizione della compagnia di Kiev, nel complesso, mancava di una vera interpretazione. Addirittura, sembrava di assistere talora ad una esecuzione di dilettanti. Ben addestrate a muoversi a tempo con la musica, facendo da contrappunto agli accenti musicali con gesti delle braccia stranamente bruschi, le ballerine – cigni sembravano degli automi in movimento da un insegnante zelante.
Questo concetto lo possiamo esprimere anche per la Odette di Natali Matsak. La melodia di largo respiro di Chaikovskyi suggerisce il tema della tristezza, raccontandoci la storia di un’infelice fanciulla, ma la ballerina sembrava non ascoltarla, rispondendo alla musica con movimenti secchi, senza sentimento. Appariva pure indifferente al principe salvatore Sigfried, Denys Nedak. A questo punto, Nedak non ha avuto altra scelta che farsi carico per entrambi della dimensione artistica, interpretando l’amore reciproco da solo, mostrando grande sensibilità verso la sua gelida partner. Questo danzatore si è rivelato valido anche tecnicamente, nelle piroette e nei salti larghi e alti, con l’atterraggio morbido, tanto da bastargli soltanto un grand jeté per attraversare intero palcoscenico del teatro Nuovo. Ritornando alla Matsak, si è notato che la prima ballerina del teatro di Kiev nella parte di Odette – Odile non è stata in grado di affrontare levariazioni, che entrano obbligatoriamente nel pas d’action del secondo atto (di Odette) e nel pas de deaux del cigno nero del terzo atto (di Odile). Variazioni importanti per i caratteri dei personaggi, qui completamente escluse dallo spettacolo.
Occorre dire tuttavia che, nel terzo, atto nel ruolo di Odile (l’immagine dualistica di Odette creata da Rothbart per far confondere il principe Sigfried e fargli dimenticare la sua Odette ) la Masdak si è finalmente svegliata. Condotta da Rothbart alla festa reale, la sua Odile ha si è un po’ caricata di seduzione, cercando così di coinvolgere il principe nel suo gioco intrigante, riuscendo anche a fare le inevitabili 32 fuettée nel finale del pas de deux nero, ( fatte bene o male poco importava).
E’ inutile parlare dell’interpretazione generale nel terzo atto. Lì, nella festa reale, dove erano invitati ospiti di vari paesi, si svolgeva il divertissement delle danze nazionali. Qui è lo sfoggio della pura scuola accademica con i rigorosi codici d’esecuzione. Ogni nazione ha le sue regole, il suo carattere e il suo stile, che non possono essere confusi. Purtroppo però, pochi degli artisti di questa compagnia possiedono questa padronanza accademica, era difficile sperare in una esecuzione adeguata. Si può solo dire che quale che fosse la danza: “spagnola” o “ungherese” o qualsiasi altra, tutte avevano il carattere “ucraino”.
Soffermiamoci infine,sugli aspetti positivi di questa esecuzione. Oltre al protagonista Denys Nedak, si sono dimostrati validi altri tre artisti: Nikita Suchorukov, un Rothbart di bella presenza scenica, coretto e preciso nei movimenti, con molta plasticità nei gesti e il disegno grafico delle pose. Il suo Rothbart, un vero genio del male, ha riempito lo spazio del palcoscenico con vera energia maligna; Alisa Voronova, una delle due fanciulle nel pas de trois (primo quadro, primo atto), possiede buona tecnica, che le permette di fornire una prestazione corretta; Viktor Tomashek è riuscito a brillare con numerose belle piroette nel breve intervento solistico della danza napoletana. Tutti e quattro, con il loro contributo artistico, hanno cercato di risollevare lo spettacolo per non far trasformare il “Lago dei cigni” in una palude fangosa.