Roma, Teatro dell’Opera:”Macbeth”

Roma, Teatro dell’Opera, Stagione Lirica  2011/2012
“MACBETH”

Melodramma in quattro parti di Francesco Maria Piave dall’omonimo dramma di William Shakespeare. Edizione Edwin F. Kalmus&Co., Inc.
Musica di Giuseppe Verdi
Macbeth DARIO SOLARI
Banco
RICCARDO ZANELLATO
Lady Macbeth
TATIANA SERJAN
Dama di Lady Macbeth ANNA MALAVASI
Macduff  ANTONIO POLI
Malcolm ANTONIO CORIANO’
Medico GIANLUCA BURATTO
Sicario ALSESSANDRO SPINA
Araldo FRANCESCO LUCCIONI
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Riccardo Muti
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Peter Stein
Scene Ferdinand Wögerbauer
Costumi
  Anna Maria Heinreich
Luci Joachim Barth
Movimenti coreografici Lia Tsolaki
Maestro d’armi
Renzo Musumeci Greco
Nuovo allestimento in coproduzione con il Festival di Salisburgo

Roma, 9 dicembre  2011
La stagione autunnale dell’Opera di Roma apre i battenti con il discusso allestimento di Peter Stein coprodotto con il Salzburger Festspiele e riadattato, non solo nelle misure, al palcoscenico del Costanzi. Stein fa un’operazione molto interessante mimetizzando il coro in lunghi mantelli neri (Coro dei sicari) o fronde verdi (cori delle streghe) che anticipano anacronisticamente la semovente foresta di Birnam. Tre giganteschi mimi fungono da streghe: ripugnanti, infarinate come gli spettri di Fussli, con gli avvizziti attributi femminili mostrati senza ritegno, e la “sordida barba” che diventa un pube ingrigito e stopposo. Allo stesso modo altri 4 mimi interpretano i sicari eseguendo movimenti e labiale sul canto del coro. Meno piacevole ma di indubbio impatto drammatico l’ampio ricorso a cadaveri insanguinati, fra i quali anche quello del vecchio Re Duncano, dei figli e della moglie di Macduff. Il sangue gronda a grossi pezzi – simile a marmellata – anche dalle mani di Macbeth e Lady durante tutto il duetto del 1° atto producendo un curioso e rumoroso gocciolio sul palcoscenico. Ben riusciti i movimenti delle masse anche grazie al contributo del Maestro d’armi Renzo Musumeci Greco per le scene di duello. Le scene di Ferdinand Wögerbauer sono talmente essenziali da non notarsi. Belli i costumi di Anna Maria Heinreich che contrappone all’usuale cupezza di tonalità a cui che siamo abituati col Macbeth un arcobaleno di colori che assieme alla ricca regia di Stein bastano a riempire il vuoto scenico.
Riccardo Muti è stato accolto con autentiche ovazioni dal pubblico romano che già dimostra un caloroso affetto al neo eletto Direttore Onorario a vita. Muti predilige da sempre tempi scattanti che se talvolta impediscono un più profondo scavo espressivo nel tessuto orchestrale, non aggrediscono ne mettono in difficoltà i cantanti, oltre ad avere il merito di creare una tensione emotiva che non viene mai meno nelle 3 ore e mezza di spettacolo. Molto curate ed efficaci le dinamiche portate da pianissimi appena sussurrati, al crescendo emozionale e sonoro di rara potenza del concertato del primo atto. L’edizione proposta dal Maestro è un collage  fra la versione 1847 della quale viene recuperato il finale ma non l’aria di Lady “Trionfai! Securi alfine” e la versione 1865. Particolare risalto viene dato alle danze delle streghe estrapolate dal loro contesto naturale ed eseguite a inizio atto col sipario chiuso in un momento di raccoglimento sinfonico di grande fascino per quanto sia sempre un peccato non vedere in azione il corpo di ballo dell’opera di Roma. L’Orchestra ha risposto con grande sensibilità, bel suono e precisione negli interventi solistici. Valido l’apporto del Coro che ha contributo efficacemente a  generare pathos e sonorità nei grandi concertati, a rendere l’atmosfera lugubre per i cori delle streghe e a creare suspense nella scena dei sicari, arrivando al momento apicale in “Patria oppressa”.
Faceva eccezione, all’unico cast previsto in cartellone, il ruolo di titolo sul quale Dario Solari avrebbe dovuto alternarsi a Sebatian Catana. A causa di un’indisposizione del collega Solari ha invece sostenuto tutte le 7 recite in calendario, dando vita ad un Macbeth decisamente al di fuori degli schemi:  giovane, attraente, perfettamente in linea con quel “Fanciul vanitoso” che Lady lo accusa di essere. L’umanità del personaggio è enfatizzata dal recupero del finale 1847 con l’aria“Mal per me che m’affidai”. Il timbro del baritono uruguaiano è suadente e carezzevole ma tende talvolta a mancare di incisività e di quegli accenti malvagi che il testo richiederebbe, mentre risalta nei lirismi di “Pietà, rispetto, amore”. 
Tatiana Serjan apre la sua performance con un improvviso attacco di  afonia seguito da colpi di tosse che la costringono a fermarsi durante la lettura della lettera fra l’imbarazzo generale. L’artista si riprende subito attaccando “Ambizioso spirto” con piglio eroico, sfoderando unghie e acuti su aria e cabaletta (con da capo). La voce risulta a tratti metallica e leggermente intubata con un vibrato stretto che compare in particolar modo nei pianissimi. Per quanto la caratterizzazione del personaggio sia perennemente spinta verso l’isteria, l’artista ha indubbie doti sceniche che vengono fuori soprattuto nella scena del brindisi e del sonnambulismo. Nella visione di Stein Macbeth e Lady sono molto vicini fisicamente come una vera coppia di  amanti e complici.  Riccardo Zanellato affronta il ruolo di Banco con notevole eleganza,  padronanza ed autorevolezza. La voce è ampia e di bel colore.
Antonio Poli canta con bella voce e buona tecnica i suoi interventi e l’aria “Ah, la paterna mano” per quanto il timbro risulti un po’ chiaro per un ruolo, come Macduff, spesso affidato a tenori lirico spinti.  La Dama di Anna Malavasi trova la giusta punta ed espressività nella piccola scena del 4° atto voluta da Muti in un pianissimo quasi sussurrato laddove il suo collega Gianluca Buratto, nei panni del Medico, tende invece a sfuocare. Antonio Corianò conferisce dignità regale al piccolo ruolo di Malcolm. Ben proiettato il domestico di Macbeth  di Luca dall’Amico che ha dato voce anche alla Prima Apparizione. Puliti gli interventi delle due voci bianche sulla Seconda e Terza Apparizione. Corrette le prestazioni di Alessandro Spina e Francesco Luccioni rispettivamente Sicario e Araldo.
Durante gli applausi a fine recita si è svolta una cerimonia a sorpresa nella quale il sovrintendente Catello de Martino e il Sindaco Gianni Alemanno hanno consegnato al Maestro Muti la chiave del Camerino n° 1 da sempre riservato ai direttori d’orchestra. Il Maestro assolutamente all’oscuro di questo fuori programma ha improvvisato con grande verve un discorso di una ventina di minuti non senza risparmiare una frecciatina al Sindaco Alemanno. Sul palco sono saliti anche i professori d’orchestra al fianco di coro e cast, mentre sul fondale un enorme striscione recitava: Roma ti ama Maestro Muti.