Gustav Mahler (1860-1911): Sinfonia N. 6 in La minore (1906) I. Allegro energico, ma non troppo. Veemente ma scandito; II. Scherzo. Pesante; III. Andante moderato; IV. Finale: Sostenuto. Allegro moderato-Allegro energico. Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Antonio Pappano (direzione). Registrazione: Auditorium Parco della Musica Santa Cecilia, Roma, 8, 10 & 11 Gennaio 2011. 2 CDs EMI 0 84413 2 – 85’.
In occasione delle celebrazioni dei 100 anni dalla morte del compositore, la EMI Classics ha pubblicato la 6a Sinfonia di Gustav Mahler, nell’interpretazione di Antonio Pappano e dei complessi orchestrali di Santa Cecilia, eseguita dal vivo al Parco della Musica in Roma, tra l’8 e l’11 Gennaio di quest’anno. In questo doppio CD, il maestro Pappano valorizza la colorita espressione lirica e non trascura al tempo stesso la dimensione drammatica della composizione, evidenziando la posizione cardine della Sesta all’interno della produzione mahleriana. La ripresa del suono, come in altre registrazioni effettuate al Parco della Musica di Roma, coglie al meglio la variegata polifonia della composizione, individuando nella Sinfonia una cifra riepilogativa dello stile mahleriano ed evidenziandone il percorso compositivo particolarmente cruciale. Tutta l’esecuzione, con l’eccezione dell’Andante moderato, un momento di quiete transitoria, si svolge in una scansione serrata e marcata: la percorre un ritmo di marcia che, nella sua inesorabile violenza, sembra voler affermare qualcosa di irreparabile, alla stregua di un’idea fissa che diventa il leitmotiv stesso della Sinfonia. In certo senso la Sesta rappresenta un documento di cupo riepilogo della struttura sinfonica centro-europea, nel momento in cui più forte se ne rivela l’inattualità e se ne teme il prossimo estinguersi; qui Mahler sembra finalmente identificarsi nella tradizione musicale eurpoea, intesa come unanime dichiarazione di angosce e sconfitte. Il compositore era cosciente che la connotazione prevalentemente negativa dell’opera, da lui stesso definita “Tragica”, poteva impressionare sfavorevolmente l’ascoltatore per l’assenza di una liberazione finale, dopo molte, ripetute e spasmodiche tensioni. Come ebbe a dichiarare al suo biografo Richard Specht,: «La mia Sesta proporrà enigmi la cui soluzione potrà essere tentata solo da una generazione che abbia fatto proprie e assimilato le mie prime cinque Sinfonie». Molti di questi “enigmi” sono stati illustrati dalla sensibilità di Alma Mahler, moglie del compositore, prima commentatrice della Sinfonia e delle sue premesse. Insieme ad altre rilevanti testimonianze, queste ultime si possono ritrovare nella pubblicazione: Alma Mahler, “Ricordi e lettere”, Ed. Il Saggiatore, 2010”.
La 6a Sinfonia fu composta nei mesi estivi degli anni 1903 e 1904 ed eseguita per la prima volta ad Essen il 27 maggio 1906, sotto la direzione dell’Autore. L’esito lasciò sconcertato il pubblico. Insieme alla Quinta e alla Settima, la Sesta segna il ritorno di Mahler alla sola strumentalità, dopo l’impiego della voce nella Seconda, Terza e Quarta Sinfonia. A differenza della Seconda e della Terza, entrambe in cinque movimenti, la Sinfonia si articola nei quattro tempi tradizionali: I. Allegro energico, ma non troppo – II. Scherzo – III. Andante moderato – IV. Finale.
Pur rinunciando ai testi poetici, l’intera partitura è disseminata di programmi interiori e l’idea che la percorre è di natura atipica, ovvero risponde all’intenzione di costringere un disegno drammatico e fortemente personalizzato, a realizzarsi compiutamente nella forma di una tradizionale sinfonia classica in quattro movimenti. Da evidenziare inoltre l’uso di strumenti alquanto inconsueti, presenti nell’organico orchestrale della Sesta, come lo xilofono, le nacchere, la frusta, il martello, la celesta, le campane tubolari e soprattutto i campanacci da mucca. E’ evidente la tentazione di assegnare a questi interventi una simbologia di natura extramusicale; nacchere e xilofono fanno pensare ai ghigni beffardi del diavolo, le campane profonde ai rintocchi confortanti delle chiese di paese, la frusta ai colpi sferzanti del destino, la celesta all’evocazione di atmosfere incorporee, poco prima che i poderosi e inesorabili colpi di martello, echeggianti nel Finale, compiano l’opera di fatale annientamento.