Modena, Teatro Comunale, Stagione Lirica 2011/2012
“ROMÉO ET JULIETTE”
Opera in cinque atti. Libretto di Jules Barbier e Michel Carrè dalla tragedia Romeo and Juliet di William Shakespeare.
Musica di Charles Gounod
Juliette MONICA TARONE
Roméo PAOLO FANALE
Frère Laurent STEFANO PALATCHI
Mercutio MASSIMILIANO GAGLIARDO
Stéphano ANNALISA STROPPA
Le Comte Capulet ENRICO TURCO
Tybalt GIANLUCA BOCCHINO
Gertrude GABRIELLA SBORGI
Le Comte Pâris ALESSANDRO NUCCIO
Grégorio GRAZIANO DALLAVALLE
Benvolio STEFANO CONSOLINI
Le Duc de Vérone ZIYAN ATFEH
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Yves Abel
Maestro del Coro Corrado Casati
Regia Manfred Schweigkofler
Scene Nora Veneri
Costumi Richard St. Claire
ripresi da Massimo Carlotto
Luci Claudio Schmid
Coreografa e prima ballerina Lindsay Browning
Maestro d’armi Charles Conwell
Coproduzione Fondazione I Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Comunale di Modena e Auditorium di Bolzano
Modena, 18 novembre 2011
È un vero e proprio leitmotiv ormai: Roméo et Juliette di Charles Gounod impazza per i teatri del nord Italia aspirando a diventare una delle opere maggiormente rappresentate nelle stagioni correnti. Secondo titolo in cartellone al Teatro Comunale di Modena, dopo Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi in coproduzione con Festival Verdi di Parma, la tormentata storia degli amanti di Verona ci viene narrata in una veste che, lasciatasi alla spalle cimieri e brandir di spade, vorrebbe la vicenda ambientata nel competitivo mondo della moda. Peccato che, trascorso il primo atto in cui la festa in maschera diventa una sfilata con tanto di rete televisiva (la Capulet TV!), il resto… sia il solito Roméo et Juliette in cui -ammessa la trasposizione temporale che vede i Capulet come casata “glamour” e i Montague in abiti “pulp”- non si riesce a prescindere da scale e torre come luogo di incontri tra gli innamorati, da pose sospirose e retoriche alla scena finale e da alcune trovate davvero goffe, ché la gigantografia di Juliette drappeggiata di bianco e calata dall’alto durante il ballo tutto sembra tranne che una trovata pubblicitaria atta ad introdurre la giovane erede. In realtà, la regia di Manfred Schweigkofler un grandissimo pregio ce l’ha: il caratterizzare in modo divertentissimo e peculiare i personaggi femminili secondari. Gertrude, lasciati i panni polverosi della vecchia nutrice, diventa qui una divertente stagista intenta a praticare jogging senza però perdere quel quid di intrigante e allo contempo materno insito nel personaggio. Allo stesso modo, Stéphano è il tipico monello di strada che, con tanto di bomboletta spray alla mano, si diverte ad imbrattare i manifesti pubblicitari raffiguranti Juliette. La scena creata da Nora Veneri è piuttosto semplice, contraddistinta da una grandissima scalinata, motivo ricorrente per buona parte dello spettacolo: molto ben riuscita l’ambientazione notturna al secondo atto invece, dove sul fondale fiocamente illuminato, risaltano con bell’effetto alcune silhouette femminili. I costumi di Richard St. Claire, qui ripresi da Massimo Carlotto, si mostrano eleganti ma adagiati in una scialba piattezza cromatica nella connotazione della famiglia Capulet: ben più riuscita, grazie ad un vistoso turbinio di colori, quella dei Montague. Dovrebbero rappresentare l’apice della costumeria ma gli abiti indossati dalle modelle durante la sfilata sembrano semplici scampoli. Nel complesso gradevoli e funzionali le luci Claudio Schmid.
Luci e ombre per quanto riguarda la parte musicale. Monica Tarone è una Juliette ideale quanto a presenza scenica: alta, esile e dal fare elegante, si inserisce perfettamente nel disegno registico. La voce non è voluminosa ma abbastanza estesa e cristallina, poco incline al canto di agilità (faticoso il valzer) e talvolta tesa negli tesi estremi acuti. Paolo Fanale, nei panni di Roméo, viene annunciato indisposto prima dell’inizio della recita: ci limitiamo a rilevarne una sostanziale estraneità al titolo. La voce in più punti passa a fatica la massa orchestrale; il timbro nasale unito ad un fraseggio poco malleabile sviliscono la natura del personaggio. Stefano Palatchi è un buon Frère Laurent, in forza della voce corposa e dell’accento pertinente. Deludente Enrico Turco, Comte Capulet legnoso e con vistosi problemi nel legato. Spicca il Mercutio di Massimiliano Gagliardo, ottimo nella briosa ballata all’atto primo. Convincono il divertente Stéphano di Annalisa Stroppa così come la Gertrude di Gabriella Sborgi. Non lasciano particolari impressioni il Tybalt di Gianluca Bocchino, il Comte Pâris di Alessandro Nuccio e Ziyan Atfeh come Duc de Vérone. Volonterosi, più che realmente appaganti, gli interventi del Coro del Teatro Municipale di Piacenza. Yves Abel, a capo dell’ Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna, rivela grande dimestichezza nel gestire l’immenso materiale della partitura, mostrandosi poco incline a concessioni edonistiche e puntando ad una lettura spiccatamente teatrale. Buon successo di pubblico, con particolari apprezzamenti per la coppia di protagonisti.
Foto Archivio Teatro Comunale di Modena