Roma, X° Festival Internazionale di Musica ed Arte Sacra
BASILICA PAPALE DI SAN PIETRO IN VATICANO
Santa Messa di Apertura celebrata da S. Em.za Angelo Cardinal Comastri
Arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano e Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano. La liturgia viene animata musicalmente dal seguente programma:
W. A. Mozart, Messa dell’ Incoronazione K 317
Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, Oratorio Society New York
Direttore Juanjo Mena
Maestro del Coro Ken Tritle
Soprano Lisa Larsson
Contralto Wiebke Lehmkuhl
Tenore Kenneth Tarver
Basso Tareq Nazmi
Preludio: Johann Sebastian Bach – Passacaglia e tema fugato in do minore BWV 582 / Introito: Antonio Vivaldi – “Et in terra pax” dal Gloria RV 589
Offertorio: Wolfgang Amadeus Mozart – “Laudate Dominum” dalle Vesperae Solemnes K 339 / Comunione: Wolfgang Amadeus Mozart – Ave Verum Corpus K 618
Finale: Georg Friedrich Händel – “Hallelujah, Amen” dall’oratorio Giuda Maccabeo
Roma, 26 ottobre 2011
BASILICA PAPALE DI SANTA MARIA MAGGIORE
Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo
Direttore Juanjo Mena
Violino Julia Fischer
Johann Sebastian Bach: Sinfonia dalla cantata Gott soll allein mein Herze haben, BWV 169; Wolfgang Amadeus Mozart: Concerto per violino e orchestra n. 1 K 207
Antonin Dvořák: Sinfonia n. 7, op. 70
Roma, 28 ottobre 2011
Il restauro del Mausoleo PHI (“dei Marci”) nella Necropoli Vaticana, del prospetto sud della Basilica di San Pietro (nel terzo lotto, progettato nel Cinquecento da Michelangelo), dell’artistica “Fontana della Burbera” (sulla terrazza nord di San Pietro). Sono questi i principali obiettivi raggiunti solo nell’ultimo anno dalla Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, giunta ormai al decimo anno di vita grazie ad una sana e intelligente opera di mecenatismo. Quello che nel nostro paese rischia di diventare un grido di aiuto disperato, sostituendo al presente il congiuntivo, qui è il motto della kermesse: “L’arte salva l’arte”, non un programma futuro, non uno spot elettorale, un’utopia, ma una solida realtà (per citare una celebre pubblicità) già in essere da molti anni. L’annuale (e consueta) edizione del Festival, giunto anch’esso alla decima edizione, assume dunque una duplice funzione: da un lato vuole essere una forma di ringraziamento verso tutti coloro che a vario titolo hanno sostenuto e sostengono l’operato della Fondazione medesima, e dall’altro un bacino inestimabile di divulgazione musicale entro le grandi basiliche papali.
Sulla via maestra tracciata dalle precedenti edizioni, anche l’inaugurazione 2011 è stata all’insegna della liturgia: all’interno della Basilica di San Pietro, alle spalle dell’altare maggiore e ai piedi della Cattedra di Pietro, il Cardinale Angelo Comastri (presidente onorario della Fondazione) ha officiato una messa solenne. Ad animarla, l’Oratorio Society di New York, l’Orchestre Philarmonique de Monte-Carlo, che con la Fondazione condivide «l’essenza stessa della musica, il cui effetto è quello di riunire gli uomini, sublimare gli spiriti ed elevare gli animi». A guidare le compagini Juanjo Mena, direttore di fibra spagnola, perfezionatosi alla scuola di Sergiu Celibidache, noto ai lettori genovesi poiché ospite fisso al Teatro Carlo Felice dal 2007 al 2010. L’Ordinario della celebrazione proveniva dalla Messa dell’Incoronazione K. 317 di Mozart, mentre ancora brani di Mozart ed Haendel (si chiude con l’“Hallelujah” dall’Oratorio Giuda Maccabeo) riempivano i momenti iniziali e finali della liturgia. La collocazione degli esecutori all’interno di una delle cappelle laterali si è rivelata però infelice: paradossalmente il suono si disperdeva in larga parte nell’ampia volta della Basilica.
Certo l’acustica della Basilica di Santa Maria Maggiore, sede del secondo dei concerti in programma (il primo prevedeva la Sinfonia n° 7 di Anton Bruckner con i Winer diretti da Gerges Prêtre, ndr) è forse maggiormente ingrata (la volta a cassettoni, si sa, non aiuta) ma è pur vero che un concerto non è una messa, e se la prima ha al centro il rito, il secondo ha al centro la musica. E con l’orchestra collocata come di consueto ai piedi dell’altare maggiore, l’infelice esperienza petrina si è fatta dimenticare presto. Una volta notato che il programma scelto ha messo in luce solo in parte, complice la bacchetta di Mena, le eccelse qualità dell’orchestra, è opportuno fare i dovuti distinguo.
Nella Sinfonia della Cantata Gott allein mein Herze haben ad esempio oboe, corno inglese e violino primo (spesso impegnato in episodi solistici) hanno poco spazio per emergere dal raffinato disegno contrappuntistico degli archi, e la linea del basso continuo, perde qualcosa nella sfrontatezza dello staccato. Il concerto per Violino K. 207, in cui Mena si avvale di Julia Fischer e del suo Giovanni Battista Guadagnini classe1742 è il “pezzo forte” della serata: sebbene l’artista tedesca si scaldi in itinere (nella prima metà dell’Allegro iniziale la resa delle parti virtuose ha lievi imprecisioni), le impervie cadenze risuonano sontuose negli ampi spazi della basilica e l’attacco del Presto si guadagna un posto tutto suo nella storia dell’esecuzione. Ma esiti sbalorditivi la Fischer e Mena li raggiungono nel secondo tempo (l’Adagio) dove il fluire del dialogo fra solo e orchestra è in più punti davvero commovente. Che la direzione operi però per “simpatie”, ossia prediligendo i tempi lenti a quelli rapidi, nei quali declina la responsabilità interpretativa al mero fattore ritmico, lo rivela anche la VII di Dvorák. Qui è solo il Poco Adagio ad essere intriso di passione nel fraseggio e trasporto nelle dinamiche, mentre gli altri tre tempi (i cui esiti sono singolarmente apprezzabili) hanno purtroppo vita propria e indipendente, a discapito dell’unitarietà della composizione sinfonica. Al termine, il pubblico (invero piuttosto “abbottonato” nel corso dalla serata) ha tributato un sincero successo, anche se il secondo tempo del Concerto di Mozart era da standing-ovation.