Intervista a Donata D’Annunzio Lombardi e Leonardo Caimi

Donata D’Annunzio Lombardi vince il Concorso”Mattia Battistini” e rapidamente diviene nota per la sua interpretazione di Musetta ne La Bohème di Puccini, ruolo che ha cantato in più di 150 rappresentazioni nei più importanti teatri. 
Si è esibita nei più prestigiosi teatri d’opera italiani e esteri con un repertorio che spazia dal barocco a Puccinie ed oltre, toccando anche titoli meno consueti come Der Vampyr di Marschner. Grazie alle spiccate doti sceniche e agli studi giovanili presso la prestigiosa scuola di danza di Liliana Cosi e Marinel Stefanescu, affronta con disinvoltura anche il repertorio operettistico. 
La sua attività musicale è affiancata dalla ricerca culturale e musicologica: consegue la laurea in Storia della Musica con lode presso l’università”La Sapienza” di Roma con una tesi sul fraseggio di Puccini e successivamente la laurea in Psico-pedagogia, sempre con lode, presso l’università degli studi di L’Aquila con una tesi sulle distorsioni percettive nel mondo dell’opera lirica.
Leonardo Caimi avvicinatosi al canto dopo gli studi di clarinetto, vince il prestigioso Concorso Internazionale «Toti dal Monte» di Treviso ed inizia la sua carriera interpretando Paolino ne Il matrimonio segreto, Ramiro nella Cenerentola, il Conte d’Almaviva ne Il barbiere di Siviglia, il Cavalier Giocondo ne La pietra del paragone; successivamente allarga il suo repertorio interpretando Rinuccio in Gianni Schicchi, Nemorino ne L’elisir d’amore, Alfredo ne La Traviata, Pinkerton ne La Madama Butterfly. Debutta al teatro alla Scala con la Petite Messe solennelle di Rossini e vi torna successivamente con l’opera 1984 scritta e diretta dal M° Lorin Maazel. Tra le sue recenti performances segnaliamo:L’Elisir d’amore al Teatro Bellini di Catania; Falstaff all’Opera di Roma con la regia di Franco Zeffirelli. Ha ottenuto un personale successo al Festival della Valle D’Itria nei panni di “Errico Settebellizze”, nella prima ripresa mondiale dell’opera “Napoli Milionaria” di Nino Rota. Nella stessa estate, interpreta al Festival pucciniano di Torre del Lago il ruolo di Pinkerton nella Madama Butterfly diretto dal M° Eve Queler.
Abbiamo incontrato Donata D’Annunzio Lombardi, lo scorso agosto, prima di una rappresentazione di Bohème a Torre del Lago. Iniziamo la nostra conversazione con Donata D’Annunzio Lombardi.
Vedo che ha in camerino un bellissimo bouquet. Qual è il suo fiore preferito?
Le rose che amava anche Gabriele D’Annunnzio. Le rose francesi. Sono delle rose quasi bordeaux che hanno un petalo vellutato ed un odore inebriante, dalle quali si estraee l’essenza di rosa.
C’è un legame di parentela con Gabriele D’Annunzio?
Da parte di mia madre discendiamo da Antonio D’Annunzio, zio di Gabriele, dal quale il poeta (nato Rapagnetta) acquisì il cognome. Praticamente siamo più D’Annunzio noi che D’Annunzio stesso!  Ho avuto una bisnonna che era nata ad Ortona (come la madre di D’Annunzio) ed era maestra elementare. Stiamo parlando del 1880 circa: un’epoca nella quale dilagava l’analfabetismo, pochi sapevano leggere e scrivere e ancora meno erano le persone – soprattutto donne – che si occupavano di letteratura. La mia bisnonna e D’Annunzio tennero rapporti epistolari molto intensi dei quali conserviamo ancora tante belle testimonianze.
E’ stata la voce a scoprire lei o lei a scoprire la voce?
Penso che ad un certo momento sia stata la voce a scoprire me. Sicuramente io avevo scoperto il teatro d’opera e sono rimasta folgorata quando avevo 3 anni, la prima volta che ho visto Bohème, però pensavo più ad un amore per il teatro, così ho dedicato i miei studi ad un altro tipo di formazione. Poi a vent’anni è successo qualcosa e piano piano ho scoperto questa voce particolare che forse non è nemmeno la voce delle corde vocali, ma un qualcosa di molto più interiore, e sono stata rapita “in estasi” come direbbe Lucia.
In famiglia ci sono dei precedenti?
Siamo tutti “musicanti”: mia madre suonava benissimo il pianoforte e aveva una voce bellissima. Tutti i miei fratelli – sono la terza di 6 figli – hanno una voce bellissima, però nessuno si è dedicato a questo tipo di carriera. Io che ero la meno dotata dal punto di vista vocale ho avuto invece una passione sfrenata.
Ci sono stati dei cantanti che l’hanno appassionata e ai quali si è ispirata?
Ero innamorata di Rosa Ponselle e di Claudia Muzio e ovviamente della grande Callas. Fra gli artisti che ho conosciuto, Raina Kabaivanska mi ha iniziata al canto. E’ stata lei a farmi capire le mie possibilità dandomi, in maniera così generosa, tante lezioni di canto, gratuitamente. Le devo davvero molto! Poi ho incontrato la mia insegnante di canto, Annamaria Meli, che è stata una cantante straordinaria dai 19 ai 27 anni,  molto amata da Enzo Siciliani e non solo. E’ sua la voce che si sente nella colonna sonora di “Casa Ricordi”. Poi ha sposato un tenore e ha fatto un passo indietro con la carriera, dedicandosi all’insegnamento. E’ stata anche insegnante di Micaela Carosi e Susanna Branchini. E’ lei che mi ha dato l’identità vocale. Ancora oggi a 80 anni ha una voce bellissima e intatta. Venne a sentire un mio concerto e disse: “ quella ragazza ha una voce teatrale, ben proiettata, ma canta male”. Il mio problema era un vibrato molto stretto che fino a quel momento era stato equivocato con una qualità della mia voce e è stata l’unica a capire che dipendeva da un appoggio sbagliato sul fiato. Lei mi ha portata ad avere estensione vocale e mi ha fermato la voce. Ha lasciato che la voce trovasse le sue risonanze naturali. Venivo dalla danza classica, ero 15 kg meno di adesso… Avevo un fisico asciuttissimo e grande rigore, semplicemente non appoggiavo perché contraevo la pancia come fanno tutti i ballerini per lasciare la libertà alle gambe mentre nel canto succede esattamente il contrario!
La disciplina della danza l’ha aiutata anche nel canto?
Senz’altro. La grande disciplina che nella danza mi ha trasmesso Liliana Cosi mi ha insegnato un modo per trovare la strada. Ci sono anche tanti casi di cantanti che hanno avuto l’approccio con uno strumento e poi molto velocemente sono diventati cantanti.

Dopo aver ricoperto il ruolo di Musetta in oltre 150 recite, com’è stato il passaggio a Mimì e quale personaggio sente più vicino alla sua indole?

Credo che il ruolo di Musetta abbia rappresentato per me il passepartout a La Bohème. Il mio aspetto e il mio carattere hanno portato gli altri a credere che io fossi molto Musetta. Però io guardavo sempre quest’altro personaggio che in un certo senso mi chiamava anche perchè in un certo senso io non credo che Mimì sia vera. Mimì è un’icona, è una metafora della giovinezza che passa, di un tempo che nella sua brevità è prezioso. Questo mi ha sempre colpita anche negli accordi e nella musica. Credo che Musetta come scriveva lo stesso Puccini fosse la sua donna ideale, e ne deve avere incontrate diverse fra cui la stessa Elvira. Poi però ci sono Liù, Suor Angelica e Mimì che rappresentano un ideale, diverso da un amore che si può vivere concretamente. Anche ne La Bohéme esiste un linguaggio pieno di metafore su tutti i personaggi. Credo che la donna vera sia Musetta e la donna sognata ed evocata sia Mimì. Mimì e Musetta sono un po’ come due facce della stessa medaglia che ogni donna si ritrova a vivere: ognuno di noi ha un momento di sogno, di desiderio e poi è costretto all’azione pragmatica della vita di tutti i giorni. Gli uomini di solito preferiscono le Musette. Però il vero sogno è questa dolcezza struggente, questa lunarità, quasi una pittura di Chagal. Anche nel testo sembra quasi che Rodolfo si sia addormentato su questi fogli e l’abbia quasi evocata c’è una sola frase vera che dice Mimì: “No quel tanfo mi soffoca!” Per il resto è un chiedere permesso, un entrare in punta di piedi, un continuo parlare di questa caducità, è sempre un chiedere, invece questa scalmanata di Musetta, è perentoria: entra in scena sempre ripetendo due cose “Vien Lulù – Vien Lulù” E’ straordinario quello che costruiscono Giacosa ed Illica.
Dopo l’inaugurazione del Gran Teatro Puccini ha mantenuto un rapporto privilegiato con questo Festival, come si trova su questo palcoscenico e quali sono le difficoltà del cantare all’aperto?
Io ho cantato anche diverse volte in Arena ed è stata una grande emozione ma devo dire che qui succede qualcosa a livello energetico. Soprattuto in Butterfly l’anno scorso: era un debutto su una delle opere più impegnative che esistano per emotività e tenuta. La stessa Raina Kabaivanska mi disse che c’erano due punti dell’opera nei quali credeva di morire. Eppure a torre del Lago c’è qualcosa che ti sostiene e ti fa arrivare fino in fondo.
Quindi c’è nel canto un rapporto con la spiritualità?
Indubbiamente. Soprattuto in Puccini. Visitare la sua Villa e vedere la sedia davanti al pianoforte con questi due segni delle mani, la sinistra che ruota in continuazione perché dal pianoforte si prende lo spartito e si appoggia sul tavolino. La correzione spasmodica, questo accanimento di cui pochi parlano. Puccini era un accanito, un innamorato del suo lavoro e questo rimane come se si fosse alzato da 5 minuti.
Venendo all’incontro con il suo fidanzato e collega, Leonardo Caimi, qual è stata l’opera galeotta e cosa l’ha colpita maggiormente in lui?
La nostra opera galeotta è stata una Turandot nella quale io interpretavo Liù e lui Pong. Leonardo stava avendo un momento di crisi perché veniva da un repertorio molto più leggero. Io gli dissi che mi sembrava evidente che fosse un tenore lirico e non dovesse più cantare Cimarosa e Rossini e quel tipo di repertorio che riusciva ad affrontare in virtù della sua musicalità ma che non si confaceva alla sua natura. Proprio su una panchina qui davanti al teatro, prima che ci fosse alcun coinvolgimento sentimentale, mentre gli parlavo di queste cose ho detto: “Magari fra qualche anno faremo insieme La Bohème”. Il nostro è stato un incontro umano, poi la sera mi sono anche accorta che era molto simpatico e molto bello ma fino a quel momento c’eravamo incontrati su di un altro livello…e poi non ci siamo lasciati più!
Ebbe la faccia tosta di venire a darmi suggerimenti artistici sulle scelte di repertorio. Da quella discussione abbiamo iniziato a conoscerci meglio e poi gli occhi hanno fatto il resto…
Quali sono i vostri tratti caratteriali in comune?
Leonardo è molto coriaceo e anche molto riflessivo e ipersensibile. Io sono sensibile ma più estroversa, anche più ottimista. Sono quella che energeticamente porta un po’ più le cose in superficie e questo ci fa da contraltare. Però caratterialmente lui, in questo suo essere così legato alla roccia rappresenta per me anche una grande forza. Mi ha aiutata moltissimo anche in questo mio leggero cambio di repertorio. Ci siamo molto amalgamati e lui, come musicista, mi è stato molto prezioso.
Quindi l’influenza sul repertorio è stata reciproca?
Si. Anche se io avevo già iniziato su consiglio di Lorin Maazel che mi suggerì di fare un reperotio più dolce, sul quale devo dire che mi trovo più a mio agio.
Aver per fidanzato un collega vuol dire condividere la disciplina o raddoppiare lo stress?
Entrambe le cose. Bisogna sempre essere molto intelligenti e tradurre. Io per carattere sono molto spettatrice, e neppure abbiamo questa bramosia di cantare sempre insieme. E’ giusto che ognuno viva la sua strada per tornare poi quando si sta insieme o si lavora insieme a questa spontaneità, altrimenti il lavoro diventa massacrante per la vita privata. Penso che per fare una grande carriera uno dei due debba fare un passo indietro.
E’ gelosa?
Io no! Lui lo chiamano “Il Moro di Lamezia”…
Della vostra vita privata cosa portate in palcoscenico?
L’ironia. Noi siamo molto ironici e scherziamo tantissimo, credo che ci aiuti molto. Naturalmente anche i sentimenti, filtrati dalla musica.
Che rapporto ha con lo specchio?
Ossessivo direi. (ride) Fin da quando ero bambina!
Quanto conta l’immagine nel mondo dell’Opera?
Quando entriamo in scena cantiamo prima con il corpo che con la voce. Quando Raina Kabaivanska entrava in scena nell’Adriana Lecouvrer partivano gli applausi perché era già personaggio prima di cantare. Anche Pavarotti me lo disse: se lei è una bella ragazza ed entra in scena ha già cantato al 50%.
Ascolta musica per diletto?
Come no! Sempre melodiosa, di tutti i generi.
Altre passioni?
La psicologia. Sto scrivendo un libro sulle distorsioni percettive. Ho anche conseguito una seconda laurea presso l’Università dell’Aquila su questo argomento. Mi piace in particolar modo la fisiognomica e la bioenergetica che sto cercando di rapportare con un approccio nuovo nei confronti dell’insegnamento del canto. Presto sarò al Carlo Felice di Genova per un master class.
Quale sarebbe la sua vacanza ideale?
Ho una piccola casa che era un rudere contadino nel paese dei miei nonni dove ho un orto molto carino dal quale raccolgo tutto quello che semino. Sono in mezzo ad un bosco e mi piace molto anche andare a cavallo. Vivo questa dimensione molto naturale. Amo il silenzio, l’aria pulita e la meditazione.
Vivere con una collega vuol dire condividere la disciplina o raddoppiare lo stress?
Leonardo: Entrambe le cose. Lei è una collega un po’ particolare, non è il  soprano con la quale un tenore non potrebbe mai vivere.  Lei è una persona particolare al di là della sua professione. Quello che è stato il nostro incontro, con Donata che ebbe la faccia tosta di venire a darmi suggerimenti artistici sulle scelte di repertorio. Da quella discussione abbiamo iniziato a conoscerci meglio e poi gli occhi hanno fatto il resto…
Studiate insieme?
(in coro)Sempre!
Donata: Siamo l’uno lo specchio dell’altro. C’è un contraddittorio attivo ma anche tante belle cose.
Gli strumentisti in genere non hanno una bella opinione dei cantanti.Com’è stato il passaggio dal clarinetto alla voce?
Leonardo:Ero estremamente critico nei confronti dei cantanti e per la legge del contrappasso, qualcuno mi ha voluto punire e mi sono ritrovato a stare sulpalcoscenico. Per la tecnica della respirazione ci sono delle cose molto simili. Senz’altro ero predisposto per alcune tematiche della gestione del fiato per il modo di pensare il suono. Poi per altre cose il cantante è soggetto a delle problematiche che riguardano un mondo un po’ più vasto. Il nostro strumento è tutto il nostro corpo e la nostra psiche, non è solo la nostra gola e non essendo esterno a noi nascono delle problematiche un po’ più complesse di quelle degli strumentisti.
Cosa manca nella sua vita di oggi?
Leonardo: La mia prossima recita. Dopo sarò molto più sereno!
Donata: un po’ di stacco dal lavoro e un po’ di comprensione di quella che è la nostra vita privata. Dobbiamo spostarci di qualche grado. Ma ci basta una settimana di vacanza.
Che rapporto avete con la vostra voce registrata, vi piace riascoltarvi?
Leonardo:Lei si ascolta continuamente. Io ogni volta che mi ascolto vado in depressione per cui preferisco evitare.
Donata: Lui ha un rapporto dicotomico con la sua voce, mentre io mi diverto a riascoltarmi e mi autocritico in continuazione.
Leonardo: Lei quando si critica riesce ad ironizzare. Io no.
A chi non vi conosce cosa fareste ascoltare?
La Bohème, ma anche Madama Butterfly che canteremo insieme a Novembre a Pisa.
Avete qualche rito scaramantico? Cosa non manca mai nel vostro camerino?
Donata: Nel mio camerino mancano sempre molte cose per cui  dico sempre: mi son dimenticata! Di solito abbiamo Puccini nel cuore e alle volte anche una sua piccola immagine. Leonardo: Io non ho riti scaramantici ma nel mio camerino non deve mai mancare il pane.
Donata D’Annunzoio Lombardi e Leonardo Caimi saranno i protagonisti a partire da questa sera (12 novembre) di Madama Butterfly al Teatro Verdi di Pisa. Questo ruolo sarà poi ripreso al Teatro Donizetti di Bergamo (25 e 27  novembre).  Degno di interesse anche il recital lirico all’ Oatorio del Gonfalone, (16 novembre). Seguiranno Bohème a Genova (dicembre) e “Il viaggio a Reims” a Firenze (gennaio 2012).