Roma, X° Festival Internazionale di Musica ed Arte Sacra 2011

Roma, X° Festival Internazionale di Musica ed Arte Sacra
BASILICA PAPALE DI SAN GIOVANNI IN LATERANO

Orchestra della Cappella Ludovicea
Oratorio Society New York
Direttori Ildebrando Mura, Ken Tritlel
Soprani Keiko Morikawa, Rachel Rosales
Mezzosoprano Malena Dayen
Tenore John Tiranno
Basso Joshua South
Organo Kent Tritle
Luigi Boccherini: Stabat Mater
Camille Saint-Saëns: Requiem
Gabriel Fauré: Pavane op.50 in Fa Diesis Minore
Johann Sebastian Bach: Preludio e Fuga in Sol Maggiore
Roma, 29 ottobre 2011
Il terzo concerto del Festival Internazionale di Musica e Arte sacra lascia il segno per la ricercatezza dell’offerta, ma meno per la raffinatezza dell’esecuzione. Lo Stabat di Boccherini infatti è spesso eclissato dall’omonimo pergolesiano… e lo stesso dicasi per il Requiem del compositore francese, un bel gioiello di musica, degno di competere con gli “omonimi” rivali, sebbene al contrario di questi sposi felicemente la causa della sintesi e della brevità. A completare il programma non il previsto Concerto per organo n. 1 in Fa maggiore, altresì la Pavane op. 50 in Fa diesis minore di Gabriel Fauré (nella versione per orchestra) e un Preludio e Fuga in Sol Maggiore di Bach. Quest’ultima una pagina che, nonostante il lodevole impegno di Kent Tritle, non lascia il segno, ma piuttosto un rimpianto: quello di non averla ascoltata dall’organo della Basilica Laterana ma da un organo amplificato, viziato oltretutto da un fastidioso riverbero dei bassi.
Ildebrando Mura dal canto suo dirige con zelo e precisione l’Orchestra della Cappella Ludovicea e lo Stabat, specie nella seconda parte dove il suono degli archi è in più punti pregevolmente levigato e raffinato: ci si riferisce agli esiti intensi del Qui est homo e al pizzicato che sostiene il canto nel Virgo virginum. A non convincere è invece il canto Keiko Morikawa, soprano giapponese che ha compiuto gli studi musicali al Conservatorio di Santa Cecilia. Gli acuti, è vero, girano bene, ma la linea nei centri è scomposta e l’emissione troppo “larga”, l’intonazione vacillante (accade fin dall’attacco dello Stabat), i suoni fissi (e a risentirne è in primis il Cuius Animam) e il canto in declamato (nel Qui est homo) è sfocato. In più il volume ridotto obbliga l’orchestra a “tirare i remi in barca” e ad un suono “risentito”. Una prestazione opaca la cui causa riteniamo non sia da ricercarsi nel solo fattore emotivo (ma gli occhi così incollati sullo spartito mutano una interprete in una fredda e distaccata esecutrice) né in quello puramente linguistico (è pur vero che, specie nel Qui est homo si rimpiange una chiara dizione della lingua latina). Riteniamo invece risieda nel repertorio: la Morikawa, si legge nel suo curriculum, affronta da anni repertorio contemporaneo, probabilmente senza aver prima acquisito il dovuto bagaglio tecnico. E la voce, si sa, alla lunga ne risente.
Diverso discorso tocca al Requiem di Saint-Saëns, anche perché diversa era la bacchetta. Kent Tritle restituisce, forse perché suggestionato dal luogo, o magari dal pubblico, un’esecuzione “timida” e trattenuta, con buona pace degli intenti del compositore. E se da un lato il Dies Irae è molto meno “martellante” di quello che dovrebbe realmente essere, dall’altro il “Salva me” del Rex tremendae è una frase fra le tante che scivola via, anziché colpire orecchio e anima per il realismo della supplica; perfino il discorso fugato del Sanctus appare confuso, privo di un attento governo. Circa l’Offertorio, decisamente la pagina migliore, occorre però chiamare in causa il coro. L’Oratorio Society New York ha un canto arido, e ciò non la distingue da molti altri cori americani, per di più, sebbene in a volte in logica difficoltà con la dizione latina, preferisce l’approssimazione (vedi l’Offertorio, appunto) alla precisione della frase melodica e il parlato al cantato (si veda lo sfuocato Confutatis).
Quanto ai solisti, Rachel Rosales e Malena Dayen, rispettivamente soprano e mezzo, cantano bene e con gusto… lo fanno meno John Tiranno (un tenorino che non riesce a mordere) e Joshua South, la cui voce di basso suona spesso “indietro”. Tutti e quattro sono accumunati da una curiosa peculiarità: non vedono, o non vogliono vedere, il direttore… e tutto ciò comporta attacchi sporchi e scoordinati, guidati dalla logica del sentimento anziché da quella della bacchetta.