Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione concertistica 2011 / 2012
Recital del Soprano Mariella Devia
pianoforte Enrica Ciccarelli
Maurice Ravel: Cinq mélodies populaires grecques. Sonatina per pianoforte
Franz Liszt: Un sospiro Etude de concert nr 3 per pianoforte, Tre sonetti del Petrarca per soprano e pianoforte
Pace non trovo, Benedetto sia ‘l giorno, l’vidi in terra angelici
Friederik Chopin/Pauline Viardot: Nove Mazurche per voce e pianoforte
Seize ans, Aime-moi!, Plainte d’amour, L’oiselet, La fête, Faible cœur!, La jeune fille
Berceuse, La danse
Napoli, 17 ottobre 2011
Cominciamo dalla fine. Ore 22 Mariella Devia cesella l’ultima nota del suo recital. La sala del San Carlo si divide in tre tronconi. Il primo frettolosamente mette sotto braccio cappotti e parenti e guadagna l’uscita con strafottente indiscrezione; il secondo, ignorato dal primo, si impegna in quel protocollare processo di unione di mano destra e sinistra che si suole chiamare “cordiale applauso”. Il terzo troncone, collocato sui palchi e costituito in larga parte da giovani melomani di primo pelo, tramuta il protocollo in successo entusiastico e tributa meritatissimi e ripetuti “brava” alla soprano ligure. Adempiuto il protocollo, il secondo troncone si appresta alla sortita, seppure infastidito non poco dai moti di giubilo provenienti dai palchi! Accade così l’inimmaginabile: fra membri scelti del secondo e del terzo troncone scoppia la polemica! Il secondo addita al terzo di essere costituito da allievi del soprano (in sintesi, di essere una claque); quest’ultimo prontamente replica, con non poco rimpianto, di non possedere il sufficiente grado d’intonazione per approcciare lo studio del canto. Il diverbio si accende! Il secondo contrattacca e accusa il terzo di tributare encomi «esagerati» (da leggersi con inflessione partenopea) in rapporto alla bellezza effettiva del concerto, il terzo replica con affermazioni che per dovere di cronaca riportiamo integralmente «Signori, voi siete sordi se non saltate sulla sedia davanti ad una voce così! Voi tra dieci anni non ci sarete più, ma noi che adesso siamo giovani, fra dieci anni rimpiangeremo una voce così!». Giovani “1” – Resto del mondo “0”! E da questa parte si fa comunque tifo per i giovani! Sono loro il futuro del teatro! Allora, Il San Carlo si infiamma per il Recital della Devia? Diremmo di no, diremmo meglio che una generazione, alla quale per l’entusiasmo sentiamo di appartenere, applaude ammirata ed estasiata una grande cantante.
Ciò detto, ritorniamo alla musica. Data la presenza in locandina del Petrarca, occorre adeguare la prosa: il programma scelto, per omaggiare Liszt nel secondo centenario della Nascita, non è di quelli che fanno “tremar le vene ai polsi”.
Ben inteso, siamo in presenza di pagine cameristiche eccelse, scritte in ragione del canto, intrecciate di temi e melodie straordinarie in cui la parola viene sbalzata dalla musica o dove (si veda il caso di Liszt col Petrarca) la linea melodica esiste solo in ragione della resa del verso e della forma del Sonetto. Non si può tuttavia negare che il gusto della scrittura vocalistica sia lontano dal sentire italiano, forse rimpianto, non si sa quanto ingiustamente, da una parte del pubblico. Mariella Devia rimane infatti regina del canto di gusto e forgia schiettamente italiano, con buona pace di Maurice, Franz, Fryderyk e Pauline. E da principio questa scarsa compenetrazione stilistica fra l’italianità della voce e l’europeismo del repertorio si lascia percepire: Ravel (ma più il là anche la Viardot) porta il soprano a sollecitare la prima ottava del canto, quell’angolo recondito e problematico della fonazione che inevitabilmente restringe (di molto) il respiro di cui necessiterebbero alcuni frasi musicali. La cantante ha però coscienza dei propri limiti e con sopraffina intelligenza gioca in queste pagine sul pianissimo (a proposito, meraviglioso quello con cui cesella gli ultimi versi del Galant ravelliano) e lavora sulle dinamiche, mentre il pubblico forse rimpiange brani che maggiormente esaltino l’elasticità della voce (sarà accontentato nel bis finale con un “Signore, ascolta” da antologia).
Per iniziare a intravedere i veri bagliori di Mariella Devia bisogna ad ogni modo attendere la seconda parte del concerto, quella in cui Liszt e la Viardot finalmente la invitano (invero, timidamente) sfoderare il canto d’agilità. Qui la cantante ritorna la stessa di sempre, a dispetto degli anni… e di coloro che, invano, la ritengono al tramonto. Lo strumento della Devia brilla per il cristallo del timbro, l’intelligenza musicale fuori dal comune, il gusto misurato e composto dell’interprete. La soprano infatti, forse qui più che in altre occasioni, vive e interiorizza il canto e con esso i versi, affronta e supera magistralmente le piccole insidie delle pagine: nei salti d’ottava, nei glissando (nell’oiselet), nei trilli, la cantante dispensa lezioni di stile ed eleganza, che forse per ancora molti anni rimarranno insuperate. Enrica Ciccarelli appare molto risoluta nell’accompagnarla, ma lo è meno laddove si esibisce come solista: il Mouvement de Minuet della Sonatine è fin troppo cadenzato nell’andamento e il Sospiro lisztiano, pagina di mostruosa difficoltà, la prova emotivamente, specie nella prima parte.
La platea del San Carlo, affetta da una corale sindrome influenzale, districa l’udito fra la ritmica percussiva della tosse e la docilità del canto salvo dimenticare nel finale di avere di fronte un astro, e tentare, per lo meno in parte, la fuga di cui si è già riferito. Ben vengano quindi spettatori capaci di risvegliare dal torpore, dal sonnolento e preoccupante pressapochismo emozionale certe (troppe) sale italiane, dove il teatro è ridotto a mera alternativa al ciarpame televisivo, anziché cosciente di crocevia di passioni, massimo strumento e veicolo di sentimenti più o meno reconditi.
Foto Luciano Romano – Teatro di San Carlo di Napoli