Una cosa curiosa della Callas è che nonostante il suo spiccatissimo senso drammatico, trovo che non desse il meglio di sé nelle opere corte. Per esempio I Pagliacci, tutti si aspettavano che li facesse molto meglio, e così Andrea Chenier. Avrebbe dovuto essere come bere un bicchier d’acqua per lei, e invece non fu così. Si trovava più a suo agio nel repertorio che va da Rossini a Puccini…E’ interessante notare che benché la Callas fosse molto naturale, non spaziava tutta la gamma delle emozioni. Dominio, collera, rabbia, auto comprensione, tenerezza, amore, ma a dire la verità nessun senso dell’umorismo… Ho visto il suo Barbiere, che ha fatto decine di volte alla Scala, e sinceramente non è che sprizzasse di ironia. Il senso di trattenere buonumore era qualcosa da cui era molto lontana. Penso che avesse troppa energia, troppa forza di volontà, forse quasi una reticenza a rilassarsi quel tanto che basta per poter divertire il pubblico…
Una cosa però è certa, e cioè che la Callas aveva il miglior legato dei nostri tempi… Lei credeva che il legato doveva essere come il filo telefonico, con le consonanti aggrappate, per così dire a questo filo e con le zampette dei passeri che si posano sui fili telefonici, in campagna. Ma fondamentalmente si poteva sempre sentire la linea del legato e non ci si rendeva conto delle interruzioni delle consonanti che peri il loro scopo drammatico.
Ho cominciato a registrare con lei poi nel 1952, nella Lucia a Firenze. Lavorare con lei era fantastico. E’ stata una delle tre o quattro persone con cui ho lavorato meglio in assoluto. Veniva sempre preparata alla perfezione. Era estremamente puntuale, al contrario di molte primedonne di entrambi i sessi. Arrivava dieci minuti prima di cominciare e bastava farle un segno con gli occhi perché capisse immediatamente cosa si voleva da lei… e davanti al microfono aveva nervi d’acciaio…insomma era una compagna di lavoro perfetta…
Cominciammo in modo abbastanza strano, cercando di registrare le arie di Donna Anna perché io credevo che sarebbe stato bene avere qualche brano di riserva. Ma anche lei ebbe gli stessi problemi che hanno avuto tutti con quelle maledette arie e cioè che negli staccati acuti doveva rallentare un po’. Io allora mi ricordo che le dissi. “Tu potresti riuscire, con la tua tecnica potresti imparare”. Ma non ci siamo tornati più sopra, e quelle che registrammo allora non sono mai state pubblicate. Non so neanche se esistono ancora. Molti mi chiedono spesso come mai la Callas avesse molti nemici nell’ambiente, visto che era così puntuale e scrupolosa… Io personalmente non l’ho mai trovata una collega scorretta. Nelle registrazioni non stava mai troppo vicino al microfono. Ascoltava tutto ciò che facevano i colleghi. Per quanto riguarda il lavoro, l’ho sempre considerata come una delle migliori persone che abbia mai incontrato. Durante i dodici anni in cui abbiamo lavorato insieme non c’e’ mai stato un malinteso. Ma c’e’ una cosa da dire.
Un giorno mi disse: “Se un giorno dovessimo avere una disputa sarebbe terribile, perche tu sapresti esattamente come ferirmi, e io saprei come ferire te”. Io le dissi: “Maria, di cosa ti preoccupi, non vedo perche dovremmo litigare”. E lei rispose: “La gente con la nostra forza, la nostra volontà e la nostra personalità, finisce sempre per litigare”… questo poi non è successo, o almeno non ci fu un vero e proprio litigio.
Ma quando lasciai la EMI, le dissi che me ne sarei andato, e lei scrisse una lettera terribile alla direzione della compagnia, dove diceva che desiderava non aver più niente a che fare con me, e che io l’avevo ingannata per il Requiem di Verdi e voleva che nominassero qualcun altro per trattare con lei. Poi non l’ho più risentita fino a due settimane fa. Quando seppe che ero stato male mi telefonò e fu estremamente gentile e amichevole, come sa non ci fosse stato tra di noi nessun silenzio, e mi invitò a lavorare con lei a New York, alla Juillard School dove insegnava lo stile italiano da Rossini a Verdi. Mi disse: “Dopo tutto, siamo le uniche due persone che ci capiscono davvero qualcosa, e penso che sia nostro dovere farlo”. La Callas aveva qualche difficoltà con un tenore con cui aveva cantato molto spesso, e lui era un po’ geloso di lei perché alla fine dello spettacolo lei aveva sempre più chiamate di lui. Io pensavo che fossero una coppia straordinaria, come lo erano stati solo Caruso e la Melba al Covent Garden… ma un giorno la moglie di questo tenore scoprì che la Callas era allergica all’odore dell’aglio, come mia moglie, poiché entrambe hanno un’eccessiva secrezione di saliva. Così, la moglie del tenore cominciò a stare dietro le quinte, e ad ogni duetto d’amore, o prima di ogni abbraccio, il tenore si avvicinava alle quinte, stringeva la mano della moglie prendendo quattro o cinque spicchi d’aglio se li metteva in bocca, li masticava e poi abbracciava la Callas che non sapeva cosa farecon questa saliva in bocca. E questa fu la fine di una delle coppie operistiche più famose.
I suoi rapporti con i direttori comunque erano molto professionali…il primo con cui ha lavorato è stato Serafin più che da chiunque altro. Perché questo direttore era un maestro nel repertorio in cui eccelleva la Callas, cioè le opere drammatiche di Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi. Conosceva quei pezzi come nessun altro, a parte Toscanini, e inoltre sapeva moltissimo sul canto…
La prima volta che ha lavorato con Karajan invece è stato verso la metà della prima registrazione della Lucia. Karajan aveva già un gran successo alla Scala e Ghiringhelli lo pregava da anni di fare un opera italiana, ma Karajan aveva sempre rifiutato. A metà della registrazione della Lucia, in quel duetto tra tenore e soprano “Maledetto…”, l’enorme intensità della Callas e di Di Stefano nel cantare quel pezzo era così straordinaria che quando la sessione finì telefonai immediatamente a Milano ( noi eravamo a Firenze) e dissi a Karajan: “ Devo assolutamente vederti domattina, arrivo col treno della notte e appena puoi cerca la partitura della Lucia. Ti ricordi di quello che ha fatto Toscanini?” Perché entrambi l’avevamo sentito a Berlino quando eravamo ancora studenti. Lui disse che andava bene. Dopo pranzo ne parleremo con Ghiringhelli, e faremo la Luci alla Scala con la Callas e Di Stefano”. Lui stesso curò meravigliosamente la regia di quella produzione, e fu la stessa che portò a Berlino, e poi a Vienna prima di essere nominato direttore, per mostrare a Vienna che era capace di fare in quel tipo di repertorio. ( fine terza parte)