Verona, Arena, 89° Festival 2011
“LA TRAVIATA”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valéry ELENA MOSUC
Alfredo Germont FRANCESCO MELI
Giorgio Germont VLADIMIR STOYANOV
Flora Bervoix CRISTINA MELIS
Annina NATALYA KRAEVSKY
Gastone SAVERIO FIORE’
Il barone Douphol GIAMPIERO RUGGERI
Il marchese D’Obigny ZIYAN ATFEH
Giuseppe GIANLUCA SORRENTINO
I dottor Grenvil MANRICO SIGNORINI
Un domestico di Flora, Un commissonario VICTOR GARCIA SIERRA
Coro, Orchestra, Corpo di Ballo dell’Arena di Verona
Direttore Carlo Rizzi
Maestro del Coro Giovanni Andreoli
Regia, scene, costumi e luci Hugo de Hana
Coreografia Leda Lojodice
Verona, 21 luglio 2011
Grandi cornici quasi “accatastate” sul grande palcoscenico e le gradinate dell’anfiteatro romano, specchi svuotati, tele abbandonate. E’ questa la scenografia della nuova produzione del capolavoro verdiano firmato Hugo de Hana. Una impostazione tradizionalmente astratta , con la intelligente volontà di non creare saloni, case di campagna o camere da letto che, in uno spazio come quello areniano, adesso come adesso, non avrebbero alcun senso. Una atmosfera di decandenza, di abbandono nella quale agiscono e si aggirano quasi spaesati, personaggi in sontuosi abiti, non a caso, “fin de siècle”. Un fine ‘800 che è dunque la fine di un’epoca, di un romanticismo ormai giunto al capolinea. Violetta diventa la massima espressione di questa fine. Il suo percorso verso la inevitabile morte è contrassegnata da un forte senso di solitudine evidenziato da un’azione scenica circoscritta alla sola zona centrale della scena, mentre il coro, come in una tragedia greca, dalle parti laterali del palco, osserva quasi con distacco gli avvenimenti. Un’allestimento indubbiamente efficace, questo di de Hana, al quale possiamo solo imputare una certa tendenza a un “horror vacui”, in particolare nell’ultimo atto, anche se quasi certamente volutamente caotico. Belli, ma assai impegnativi per la recitazioni i costumi, soprattutto se il cantante si deve muovere su una scena fortemente inclinata.
Sul piano musicale, Carlo Rizzi, a costo di rendere l’orchestra quasi impercettibile, punta più che mai intima e dolorosa, tutta giocata a evidenziare i contrasti intimi e psicologici dei personaggi. In linea con la visione del regista, Rizzi, nel primo atto o nel secondo quadro del secondo, a casa di Flora, sa trasmettere quel senso di vuoto dato da una ricerca quasi nevrotica del divertimento.
Nel ruolo della protagonista troviamo una straordinaria Elene Mosuc. Il soprano rumeno, in virtù della sua bella voce di soprano lirico di coloratura, domina completamente la parte di Violetta. Brillante nel primo atto, con un “Sempre libera” vorticoso e culminato da un brillante mi bemolle. Malinconica e dolente nel procedere dell’opera, dimostrando di essere una fraseggiatrice sensibile nel dipanare piani e pianissimi magistrali. Il suo “Addio del passato” è stato da manuale, sia sul piano tecnico che interpretativo, esprimendo in pieno la nostalgica lacerazione di Violetta. Accanto a lei, un Francesco Meli in stato di grazie, è stato l’Alfredo perfetto da accostare all’intimismo vocale della Mosuc. Meli ci presenta un giovane tutto impeto, dall’ardore irrazionale, grazie alla sua voce che, sappiamo, è bellissima, omogenea squillante. Perfettamente aderente al “giovanile ardore” di Alfredo. La voce autenticamente lirica di Vladimir Stoyanov rende il personaggio di Germont, meno odiosa, facendo apparire una certa affettuosità di fondo di quest’uomo, prigioniero delle convenzioni. Esegue l’aria Di Provenza con grande sentimento, finezza e un bel senso del fraseggio verdiano. Possiamo considerare complessivamente buone tutti i ruoli di fianco. Così come la prova dei complessi areniani. Arena gremita e grande successo per tutti gli interpreti, in particolare per il soprano Elena Mosuc.
Foto Ennevi per Fondazione Arena di Verona