Trieste, Teatro Verdi – 42° Festival Internazionale dell’Operetta
“L’OPERA DA TRE SOLDI” (Die Dreigroschenoper)
Dremma in un Prologo e tre atti su libretto di Bertolt Brecht
Musica di Kurt Weill
Traduzione di Paola Capriolo
Macheath (Mackie Messer) MASSIMO RANIERI
Jenny delle Spelonche LINA SASTRI
Geremia Peachum UGO MARIA MOROSI
Charles Filch FABRIZIO NEVOLA
Signora Celia Peachum MARGHERITA DI RAUSO
Polly Peachum GAIA APREA
Matthias LEANDRO AMATO
Jakob LUIGI TABITA
Harold GIOVANNI PALUMBO
Robert ANTONIO SPERANZA
Ede MARIO ZINNO
Jimmy LUCA SACCOIA
Walter IVANO SCHIAVI
Reverendo Kimball ROBERTO BANI
Jackie “Tiger” Brown PAOLO SERRA
Mendicante ENZO TURRIN
Vixen DALAL SULEIMAN
Dolly ACAI LOMBARDO AROP
Betty ESTER BOTTA
Due prostitute LIDIA BIONDI, PATRIZIA DI MARTINO
Molly FRANCESCA BALESTRIERI
Smith ENZO TURRIN
Luci Brown ANGELA DE MATTEO
Orchestra del Teatro “Verdi” di Trieste
Direttore Francesco Lanzillotta
Regia Luca De Fusco
Costumi Giuseppe Crisolini Maltesta
Scene Fabrizio Plessi
Luci Maurizio Fabretti
Coreografie Alessandra Panzavolta
Produzione del Teatro Stabile di Napoli in coproduzione con Napoli Teatro Festival Italia
Trieste, 20 luglio 2011
Se non fosse per la durata verament eccessiva, potremmo definire questa produzione de “L’opera da tre soldi” di Kurt Weill e Bertolt Brecht, una versione di riferimento!
Dopo aver assistito a questa terza produzione del 42° Festival Internazionale dell’Operetta, possiamo dire di aver finalmente capito le linee guida del Direttore artistico, Antonio Calenda: ci ha proposto una serie di spettacoli decisamente diversi dalla tradizionale stagione estiva; una programmazione insolita per i gusti nazional-popolari del pubblico triestino amante dell’operetta, spettacoli raffinati, di nicchia che, però, non lasciano il segno, né grandi emozioni.
A parte questa “Opera da tre soldi”. Già dall’apertura del sipario si percepisce che è, finalmente, una produzione ricca. L’impianto scenico (fisso per tutti e tre gli atti e le 3 ore e 40 minuti di durata!!) ad opera di Fabrizio Plessi, rappresenta la facciata di un palazzo “sgarrupato” (sebbene si sia in Inghilterra) sulle cui finestre si succedono delle proiezioni che sottolineano, o spostano, la vicenda secondo le necessità del copione: ottima idea e bella realizzazione che non stanca affatto, nonostante la fissità.
Come già scritto in altre occasioni, le vere opere d’arte non temono il trascorrere del tempo perché portano con se un pensiero forte, pensato e tutto profuma sempre di attualità: i temi della corruzione, di bancari truffatori, di poliziotti corrotti sono quanto di più attuale sui quotidiani dei giorni nostri e di questo si parla durante lo spettacolo. Uno dei personaggi dice “il capo dei criminali e lo sceriffo sono amici”…che tristezza! Siamo ancora li…
La sceneggiatura, perfettamente comprensibile, avrebbe avuto bisogno di qualche taglio, soprattutto nei testi del pur bravissimo Ugo Maria Morosi, interprete di Geremia Peachum. Tanta prosa, troppa e una regia attenta e fantasiosa ma con un ritmo troppo lento (ad opera di Luca De Fusco) spegne la sensazione iniziale da pugno nello stomaco. Nel secondo tempo si ha ormai la sensazione di vivere in quella strada, con quelle persone, in quella situazione, tanto tutto è curato. La regia riesce a trasportarci completamente fino a infondere l’ansia di queste vite spezzate, bruciate. Il terzo atto dimostra, invece, tutti i suoi anni, soprattutto nel finale edulcorato e per la stanchezza che sopraffà anche lo spettatore più attento.
Alle storiche, indimenticabili, altissime interpretazione di Polly ad opera di Milly e Milva, possiamo aggiungere, senza paura di essere smentiti, quella di Gaia Aprea, un’artista. E dovrebbe bastare questo. Ma vogliamo esagerare: è un’artista completa, emozionante, totalizzante. Recita come un’attrice, canta come una cantante, gestisce il corpo e le gambe come una danzatrice…potremmo dire che il suo canto si fa danza, la sua recitazione è un canto. Grandiosa!
Massimo Ranieri stupisce sempre per la completezza scenica, per l’abilità nel saper passare dal canto al circo, dalla danza alla recitazione…pur non essendo più un bambino: il suo Mackie Messer merita un bravo! Chi invece ci delude per asprezza fisica, per una napoletanità che la fa vincere sono quando recita in dialetto, che trasforma le “canzoni” di Weill in canzonette sentimentali napoletane, è Lina Sastri che trasforma Jenny delle spelonche in Jenny ‘o Vascio…peccato!
Dobbiamo segnalare la divertente, e sia vocalmente che interpretativamente, convincente Celia Peachum, interpretata da Margherita Di Rauso e la bella prova di Angela De Matteo, nel ruolo di Lucy Brown.
La direzione musicale di Francesco Lanzillotta è precisa, completa e rassicurante, specialmente per Ranieri che ogni tanto gioca troppo con il ritmo e si perde rispetto all’orchestra. I musicisti della Fondazione lirica restituiscono tutto l’onore ad una partitura dall’orchestrazione così moderna da sembrare ancora avanguardia!
Ci si domanda perché, nel mondo della prosa, sussista ancora il rituale, ormai ridicolo e superato, di ringraziare il pubblico con tre inchini convulsi che sembrano quasi una caricatura….mah?!? Non sarebbe meglio uno solo ma profondo sincero e sentito? Teatro quasi pieno che si svuota strada facendo ma, alla fine, gli applausi sono convinti e generosi.
Foto Fabio Paranzan – Teatro Verdi di Trieste