The Israel Opera, Tel Aviv Performing Arts Center, Stagione Lirica 2010 / 2011
“LA TRAVIATA”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valéry CINZIA FORTE
Alfredo Germont STEFAN POP
Giorgio Germont GEORGE PETEAN
Flora Bervoix AYALA ZIMBLER
Annina EFRAT ASHKENAZI
Gastone GUY MANNHEIM
Il barone Douphol NOAH BRIGER
Il marchese D’Obigny YAIR GOREN
Il dottor Grenvil VLADIMIR BRAUN
Giuseppe MARK SHEIMER
Un domestico di Flora SORIN SEMIALIAN
Un commissionario ANATOLY KRASIK
The Israeli Opera Chorus
The Israeli Symphony Orchestra Rishon LeZion
Direttore e Maestro del Coro Yishai Steckler
Regia Stefano Mazzonis di Palafrera
Scene Edoardo Sanchi
Costumi Kaat Tillery
Luci Franco Marri
Allestimento dell’Opéra Royal de Wallonie
Tel Aviv, 5 luglio 2011
Il titolo più rappresentato alla Israeli Opera (con ben 11 produzioni dal 1985 ad oggi), torna sul palco del Tel Aviv Performing Arts Center in una versione post moderna presa in prestito dall’Opéra Royal de Wallonie. Fedele a Dumas il regista, Stefano Mazzonis da Pralafera narra la vicenda del libretto in flash back, aprendo l’opera con un preludio mimato in cui si assiste alla vendita all’asta dei beni di Violetta Valery alias Marguerite Gautier.
L’allestimento è ricco di palesi riferimenti a un voyerismo che è sia della società che circonda Violetta, che del pubblico che dalla sala che ritrova proiettato in palcoscenico nei riflessi di una gigantesca specchiera sagomata a forma di buco della serratura. Alcune file di poltroncine da teatro fungono da salotto nelle scene di festa mentre ricoperte da un telone bianco, nella scena di campagna, accolgono un unico spettatore, Giorgio Germont, che veglia come un tetro fantasma sulla vita dei due protagonisti. Altro elemento ricorrente è il letto: gigantesco nel primo atto e progressivamente più piccolo a seconda del numero di ospiti che è destinato ad accogliere (addirittura un’orgia nel primo atto) fino al minuscolo letto, quasi una culla, sul quale morirà la protagonista.
La fragilità di Violetta, è resa attraverso l’interazione con delle bambole, abbigliate come lei stessa, che richiamano un’infanzia non vissuta, mentre lo scorrere del tempo è segnato da un alternarsi di stagioni, che rispecchiano la breve vita della protagonista, idealmente rappresentate nelle gigantesche Camelie – altro omaggio a Dumas – che decorano il fondale, rosse nel primo atto, bianche nel secondo, nelle foglie secche dell’autunno e nella neve del finale. I costumi atemporali creati dalla stilista belga Tilley Kaat, al primo impegno operistico, sebbene pecchino in affinità cromatica, contribuiscono efficacemente a porre l’accento sulla falsità e l’ipocrisia del mondo che circonda Alfredo e Violetta, un mondo fatto di clown fra il sinistro e il grottesco dalle capigliature improbabili e dal volto infarinato.
In seguito alla cancellazione di Omer Meir Wellber, è salito sul podio dell’Orchestra Sinfonica di Rishon LeZion il Maestro del Coro dell’Israeli Opera Yishay Steckler, la cui direzione si è caratterizzata per certa pesantezza di tempi e d’intensità timbrica e da un rapporto non sempre ottimale fra buca e palcoscenico.
A Oksana Dika che avrebbe dovuto sostenere il ruolo di Violetta, è subentrata Cinzia Forte, già protagonista della produzione madre a Liège. La sua interpretazione risplende per classe ed eleganza del fraseggio, capacità di gestire fiato e dinamiche nonostante i tempi eccessivamente dilatati del direttore. La voce è al tempo stesso calda nei momenti lirici, brillante nelle colorature e sicura nell’agganciare il mi bemolle della cabaletta. Oltre ad avere una presenza scenica magnetica, la Forte è uno dei rari esempi di cantante realmente in grado di recitare, tanto che quasi dispiace la scelta registica di affidare la lettura della lettera a una voce maschile fuori campo.
Nei panni di Alfredo il giovane Stefan Pop ha un bel timbro di tenore lirico e lascia ben sperare nel duetto del primo atto modulando suadenti mezze voci per poi abbandonare ogni velleità interpretativa e attoriale nel resto dell’opera, tanto da cadere a tratti in una comicità involontaria. Georg Petean è un Germont dal timbro chiaro e dalla voce garbata ma poco autorevole e tendente al monocorde.
La Flora di Ayala Zimbler con un abito a spirale color ocra e una parrucca bicornuta vagamente somigliante a quella del Dracula di Francis Ford Coppola, tende a calcare troppo il registro di petto per scurire artificiosamente una voce altrimenti chiara. Guy Mannheim ha reso simpaticamente il personaggio di Gastone – impegnato sul coro dei mattatori in una corrida con un toro meccanico – ma potrebbe curare meglio la pronuncia. Buona l’Annina di Efrat Ashkenazi. Nei ruoli minori, Noah Briger riesce a far emergere il personaggio del Barone anche se a tratti difetta in legato, Vladimir Braun è un Dottor Grenvil con buona presenza vocale. Qualche imprecisione da parte del Marchese di Yair Goren. Decorose le prestazioni di Giuseppe (Mark Sheimer) e del Commissionario (Anatoly Krasik).