Roma, Teatro dell’Opera, Stagione Lirica 2010 / 2011
“LA BATTAGLIA DI LEGNANO”
Tragedia Lirica in quattro atti di Salvatore Cammarano, tratto dalla tragedia
“La bataille de Toulouse” di F.J. Mèri.
Musica di Giuseppe Verdi
Federico Barbarossa DMITRY BELOSELSKIY
Primo Console STEFANO RINALDI MILIANI
Secondo Console ALESSANDRO SPINA
Il Podestà di Como EZIO MARIA TISI
Rolando GIUSEPPE ALTOMARE
Lida SERENA FARNOCCHIA
Arrigo RICCARDO MASSI
Marcovaldo GIANFRANCO MONTRESOR
Imelda TIZIANA TRAMONTI
Un araldo PIETRO PICONE
Uno Scudiero di Arrigo REFAT LLEHSI
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma.
Direttore Pinchas Steinberg
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Ruggero Cappuccio
Scene e costumi Carlo Savi
con interventi di Mimmo Palladino e Matthew Spender
Luci Agostino Angelini
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
in coproduzione con il Gran Teatre del Liceu di Barcellona
Roma, 28 maggio 2011
Lo spettacolo è stato concepito nell’ambito delle celebrazioni per l’Unità d’Italia e senza dubbio il titolo appare quanto mai adatto allo scopo sia per l’argomento che per le vicende teatrali dell’opera stessa che forse più di ogni altra nell’ambito della produzione verdiana è legata al clima politico ed emotivo del Risorgimento ed in particolare ai fatti della Repubblica Romana. E proprio questo particolare legame, la cui traccia è rimasta evidentemente impressa nel corso degli anni, ha fatto sì che anche i principali successivi allestimenti fossero sempre associati ad eventi celebrativi della storia d’Italia. Stranamente però dopo la prima assoluta al teatro Argentina, proprio a Roma La Battaglia di Legnano non è più stata ripresa al Teatro dell’Opera se non una sola volta nel 1983 e questo allestimento colma dunque un importante vuoto nella sua storia esecutiva, sia per il suo valore simbolico ma soprattutto per l’oggettivo valore musicale. Molto interessante è apparsa l’idea del regista Ruggero Cappuccio di ambientare la vicenda in una sorta di museo ideale dell’arte italiana con numerose citazioni e simboli, atti a delineare una metafora sulla attuale scarsa considerazione verso il nostro patrimonio artistico e culturale, evitando saggiamente il ricorso a una facile retorica risorgimentale o a mascherate medioevali da cinema di consumo.
La narrazione della vicenda tenta di trasfigurare il senso della battaglia contro l’invasore in una battaglia dal respiro più vasto a favore dell’identità culturale, della creatività e della ricerca del bello con una operazione sicuramente lodevole sul piano delle intenzioni , anche in considerazione del clima attuale che il nostro paese sta vivendo, ma tuttavia di non sempre immediata e facile lettura. Inoltre vedendo lo spettacolo si ha l’impressione che al di là dell’intento di sottolineare con forza questo messaggio culturale di indubbio valore, manchino un po’ alcuni elementi utili per spiegare i dettagli della vicenda, per vivacizzare i movimenti delle masse in scena e, soprattutto, per sottolineare i momenti di alta e sincera tensione emotiva che i personaggi principali immersi nel corso della storia esprimono. Valga per tutti ricordare la scena finale della morte di Arrigo che teatralmente si è retta quasi esclusivamente sulla assoluta bellezza della scrittura e della resa musicale. Visivamente accattivanti sono risultati le scene ed i costumi pensati da Carlo Savi, anche qui con numerosi richiami e sottolineature come per esempio Lida che appariva come una sorta di strana via di mezzo tra la regina Margherita con il lungo filo di perle al collo e la principessa di Salina del Gattopardo, ma con l’indubbio fascino complessivo di scelte cromatiche sempre aderenti ai colori della partitura orchestrale e in sostanza all’idea del mondo medioevale di un uomo dell’ottocento che la pittura dell’epoca ci ha trasmesso.
Peccato che in questo non sia stato minimamente assecondato dall’uso dalle luci, assolutamente statico e privo della capacità di evocare atmosfere, sostenere la narrazione o trasmettere sensazioni. Molto convincente la direzione di Pinchas Steinberg, calorosamente applaudito dal pubblico fin dalla sinfonia, salutata con particolare entusiasmo. Il maestro ha infatti offerto una lettura di questa partitura molto equilibrata e priva di retorica che ben ha saputo coniugare l’alternarsi degli ampi involi melodici con la precisione della scrittura contrappuntistica. Buona la prova del coro diretto da Roberto Gabbiani sia pure un po’ penalizzato da movimenti scenici di limitata fantasia. La compagnia di canto da noi ascoltata e prevista per il secondo cast, era nella quasi totalità tutta piacevolmente italiana, evento non comune nei cartelloni odierni ed ha mostrato nel complesso un buon livello di omogeneità per quanto riguarda il modo di cantare e la cura nella resa del testo poetico, con diversi momenti di eccellenza.
Il baritono Giuseppe Altomare nel ruolo di Rolando sia pure con qualche trascurabile episodica stanchezza nel terzo atto ha reso il suo personaggio con singolare efficacia sia negli slanci eroici o di furore sia, soprattutto, nella cantabilità dei momenti legati alla sfera degli affetti che la sua bella parte prevede. In particolare si è fatto apprezzare per la cura della dizione e del senso della parola scenica unite ad una elegante figura ed ad uno svolgimento della linea vocale sempre nobile e misurato. Il soprano Serena Farnocchia, sia pure, va detto, con un peso vocale forse per costituzione non completamente adatto alla parte, ha interpretato il ruolo di Lida con delicata e inappuntabile musicalità, riuscendo ad esprimere i tormenti interiori e i trasalimenti del suo personaggio con sincera e sentita efficacia. Ottima la tenuta vocale e scenica del tenore Riccardo Massi nel ruolo di Arrigo che si è fatto apprezzare per l’omogeneità ed il volume della voce, per la cura del legato e per il modo di cantare generoso e spontaneo. Molto bene anche il basso Dmitry Beloselskiy nella parte di Federico Barbarossa per ampiezza vocale e autorevole recitazione. Infine tutti di ottimo livello sia musicale che scenico gli interpreti dei ruoli minori, tra i quali si sono particolarmente distinti il basso Stefano Rinaldi Miliani per la bella e nobile vocalità ed il baritono Gianfranco Montresor per l’efficace presenza scenica. Molto curato ed interessante il programma di sala, assolutamente adeguato all’importanza ed al complessivo livello di uno spettacolo di oggettivo interesse e singolare capacità di emozionare e che senz’altro avrebbe a buon diritto meritato un maggior risalto nell’ambito delle celebrazioni organizzate per l’unità di Italia.