Città del Messico,Teatro del Palacio de Bellas Artes :”Tosca”

Città del Messico, Teatro del Palacio de Bellas Artes
“TOSCA”
Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica dal dramma di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Tosca BERTHA GRANADOS/EUGENIA GARZA
Mario Cavaradossi: DIEGO  TORRE/ JOSE’ LUIS DUVAL
Il Barone Scarpia: JUAN OROZCO/GENARO SULVARAN
Cesare Angelotti: RICARDO LOPEZ
Il sacrestano CHARLES OPPENHEIM/ARTURO LOPEZ CASTILLO
Spoletta VICTOR CAMPOS
Sciarrone, Un carceriere ÓSCAR VELASQUEZ
Un pastore Solista della Schola Cantorum de México
Coro e  Orchestra del Teatro de Bellas Artes
Schola Cantorum de México
Direttore  Niksa Bareza
Maestro del Coro Xavier Ribes
Voci bianche dirette da Alfredo Mendoza
Regia Raúl Falcó
Scene Ricardo Legorreta
Luci César Guerra
Città del Messico, maggio 2011
Sapere che, stando alle statistiche di Operabase, Puccini e Mozart sono i compositori più rappresentati al mondo, può far presupporre che non vi sia cosa più semplice e di successo che proporre i titoli dei rispettivi cataloghi. Quello che occorre è portare in scena una interpretazione fresca, piena di nuove intenzioni e che poi possa essere nuovamente riproposta. Non è stato il caso è della Tosca di Puccini con la quale la Compañía Nacional de Ópera (CNO) ha proseguito la propria stagione 2011, denotando la mancanza di una programmazione fantasiosa e col rischio che una proposta innovativa comporti rimaneggiamenti. Con le rappresentazioni del 15, 17, 19, 22, 24 e 26 di maggio nel Teatro del Palacio de Belles Artes e alternando due cast, la CNO è ricorsa nuovamente alla produzione di Tosca concepita per il Festival di San Luis Potosì nel 2007, nuovamente proposta al Belles Artes nel 2008. Questa volta, lo splendore originario, sicuramente sopravvalutato sul momento, che vede la scenografia di Ricardo Legorreta, è stato ridotto a causa di modifiche non necessarie e fuori luogo. Nel dettaglio, la rappresentazione è stata inficiata da due fattori, principalmente.
Il primo: la regia di Raúl Falcó, improntata a movimenti di cliché, incapace di innestare una lettura interessante o idonea ai personaggi, puntando ad un effetto caricaturale, come nel caso di Scarpia, combos, che arriva a praticare atti di bullismo sui suoi sgherri o che interrompe il climax di “Vissi d’arte” indossando un cappotto o una vestaglia. Il bene per Falcò è che come direttore della CNO è tristemente celebre: come regista difficilmente qualcuno si ricorderà di lui. Lasciando da parte le luci ordinarie e brusche di César Guerra, il secondo aspetto che ha condizionato questa Tosca è stata la lettura approssimativa del direttore croato Niksa Bareza che ha messo in difficoltà nella respirazione i solisti, indispensabile per la costruzione drammatica del fraseggio e degli stessi personaggi e dei lori stati emozionali. Una lettura piatta e senza sfumature.
Il ruolo protagonistico è stato interpretato dal soprano Bertha Granados, con uno strumento di grande peso drammatico inversamente proprzionale alle capacità di interprete: non è stata in grado di trasmettere l’evoluzione emotiva del proprio personaggio. Molto più coinvolgente e appassionata è stata la Tosca del secondo cast, Eugenia Garza, che ha esibito una salda padronanza delle sue risorse vocali e ha interpretato con un temperamento adeguatamente divistico il personaggio di Tosca. Canta questo tipo di personaggi con buona voce e molta pesonalità. Il Cavaradossi del tenore Diego Torre ha fatto affidamento su una voce scura, potente ma piuttosto fissa negli acuti. Il suo fraseggio, poi, non è particolarmente raffinato né adatto a trasmettere l’evoluzione del proprio personaggio; resta comunque preferibile al tenore con cui si è alternato, José Luis Duval che, nonostante la sicurezza della voce, ha optato per una lettura gelida e esangue, che canta indistintamente il suo amore per Tosca o l’odio per Scarpia. Il baritono Juan Orozco ha interpretato Scarpia senza cercare sfumature nella sua voce poderosa. Ha cantato sempre sul forte, comportando una perdita di raffinatezza e colori. Molto più elegante è stato Genaro Sulvaràn che utilizza il proprio strumento con maggiore controllo, allo stesso modo con cui cerca maggiori intenzioni espressive. Il basso Charles Oppenheim, che nel 2006 venne criticato per non avere abbastanza esperienza e preparazione per debuttare in questo teatro, è divenuto invece uno dei cantanti più attivi in Messico per interpretare il personaggio del Sacrestano. Per buona parte del primo atto è stato inudibile e solo verso la fine la voce è riuscita a rimbalzare dalla scena. E’ stato senz’altro più sicuro rispetto al 2006, nonostante permangano problemi vocali soprattutto nel registo acuto. Scenicamente è stato manierato, come un po’ in tutti i personaggi che interpreta. Più controllato in scena ma con stessi problemi vocali si è presentato nel secondo cast Arturo López Castillo. Giovani artisti come Óscar Velázquez, Roberto Aznar e Ricardo López o il tenore Víctor Campos hanno potuto esibirsi per accumulare esperienza attraverso i ruoli minori.