Roma, S. Giovanni in Laterano – Festival “In Signo Domini”
“LA RESURREZIONE” HWV 47
Oratorio per la Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo su testo di Carlo Sigismondo Capece
Musica di Georg Friedrich Händel
Angelo PAOLA GONZALES
Maddalena EMANUELA TESCH
Cleofe NICOLA MARCHESINI
San Giovanni EDOARDO MILLETTI
Lucifero ALEXEY KOKANOV
Orchestra barocca ed Ensemble “Celeste Armonia”
Direttore Vincent Barthe
Roma, 27 Aprile 2011
Si è concluso in”magno gaudio” il Festival “In Signo Domini” – Musica sacra nelle Basiliche romane con La Resurrezione HWV 47 Oratorio per la Risurrezione di Nostro Signor Gesù Cristo di Haendel nella nuova edizione critica Barenreiter Halle, rappresentante per l’Italia Sonzogno.
«La Risurrezione di nostro Signor Gesù Cristo» è il capolavoro di un Händel giovanissimo, appena 23enne, da poco approdato in Italia come operista, tra Venezia e Firenze; e intanto attivo presso il marchese Ruspoli, a Roma. Siamo nel 1708. Per Pasqua, in concorrenza con un oratorio di Scarlatti patrocinato dal cardinale Ottoboni, Ruspoli prepara una festa senza precedenti. E senza badare a spese: tre prove d’ assieme, scene appositamente dipinte; orchestra più ricca di quella che Händel, di lì a 46 anni, avrebbe avuto a disposizione per «Il Messia». Primo violino nientemeno che Arcangelo Corelli. Händel stesso siede al cembalo.
Questo è un oratorio «italiano» e manca dei vasti squarci corali, poi tipici dell’ autore. Narrando gli eventi tra la morte di Cristo e la scoperta del sepolcro vuoto, si privilegia il tratto cameristico: dialoghi combattuti, tra l’ Angelo e Lucifero; dolenti tra Maddalena, Cleofe e Giovanni; gioiosi, poi, all’ annuncio della salvezza. Ma non manca certo di grandiosità.
Il direttore francese Vincent Barthe ha diretto l’Orchestra barocca ed Ensemble Celeste Armonia con grandissima attenzione facendo trasparire con un gesto assolutamente morbido ed elegante la ricchezza della partitura. Possiede un innato senso del teatro, sa “dialogare” eccellentemente con i cantanti ed ha dimostrato una padronanza assoluta dello stile.
Paola Gonzales nel ruolo dell’Angelo ha dovuto sostituire all’ultimo momento la collega turca Serap Gogus: sebbene dotata di grande musicalità, la sua è una voce piccola, alle volte sin troppo puntata ed alquanto anonima. Purtroppo latita lo squillo e non pagano solo le sue belle intenzioni. Dove sono il festoso slancio anapestico e gli aerei, mirabili vocalizzi che segnano la prima aria dell’ Angelo, “Disserratevi, porte d’ Averno”? Indubbiamente le condizioni in cui l’artista si è trovata ad esprimersi hanno sicuramente pesato sulla sua resa vocale , sebbene vale sempre la possibilità per ognuno di non accettare “in extremis” ruoli impegnativi con la consapevolezza di non esserne adeguati.
Il giovane tenore Edoardo Milletti (San Giovanni) ha affrontato una scrittura ricca di tratti espressivi e di preghiera accorata. La linea di canto di questo cantante appare a tratti frammentaria e priva delle sfumature di colore che la partitura richiederebbe. I recitativi erano più che interpretati, cantati, risultando così inespressivi. Il recitiativo merita una maggiore cura e Milletti non ha ancora ben chiaro lo stile barocco. L’aria “Caro Figlio” (ripresa da Haendel nel Rinaldo come “Cara Sposa”) è stata cantata con eccessivo distacco emotivo. La voce comunque risulta di colore interessante, anche se non molto grande, e nel complesso comunque apprezzabile.
Il basso russo Alexey Kokanov ha interpretato con difficoltà la parte di Lucifero parte affidata di solito a cantanti con voce di timbro più scuro e corposo. La voce, all’ascolto, si dimostra sin troppo chiara tanto da dubitare che sia un vero basso. La zona grave della voce è alquanto fragile e così il cantante cerca di scurire il timbro in modo innaturale rendendo così la linea di canto disomogenea e incolore, minando, non solo la dizione, che appare incomprensibile, ma anche la naturale espansione della voce che, anche in zona acuta, appare limitata. Una “performance” decisamente modesta.
Il ruolo di Cleofe è stato affrontato dal controtenore Nicola Marchesini con forte espressività, fraseggio accorato e grande presa emozionale. Nella sua voce ritroviamo quella morbidezza e dolcezza del canto tipico dello stile barocco senza eccessivi patetismi. Rimarchevole la sua aria “Piangete, si, piangete” (usata poi da Haendel in «Floridante») dove regala un’interpretazione consapevole e ricca di sfumature. Il procelloso turbinare degli archi, i tremoli e i vocalizzi di «Naufragando va per l’ onde» (da Händel ripresa poi in «Agrippina», come buona parte di quest’ oratorio) hanno confermato che il cantante vicentino è in grado di essere capace di abbandoni, di rapidi passaggi, improvvisi intenerimenti sino a roventi espansioni. Una tecnica sicura che gli permette di superare senza problemi gli scogli di una tessitura insidiosa rimanendo perfettamente “in stile”.
Il soprano Emanuela Tesh (Maddalena), ha messo in luce una voce di bel colore, rotonda e corposa e ricca di sfumature, supportata da una tecnica di tutto rispetto nonostante qualche insicurezza. La dizione, soprattutto nei recitativi, è stata a volte poco comprensibile per l’eccessivo arrotondamento del suono rendedoli così scarsamente espressivi. La sua è stata comunque una prova più che positiva .
Pubblico assolutamente attento, composto da moltissimi turisti prossimi a presenziare la cerimonia della beatificazione di papa Giovanni Paolo II, a cui il concerto era dedicato, autorità ecclesiastiche e dall’autorevolissimo Comitato d’Onore formato da Ambasciatori presso la Santa Sede e la Repubblica Italiana provenienti dai cinque continenti.