Bologna, Teatro Comunale, Stagione d’Opera 2011
“ERNANI”
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma Hernani di Victor Hugo.
Musica di Giuseppe Verdi
Ernani RUDY PARK
Don Carlo MARCO DI FELICE
Don Ruy de Silva FERRUCCIO FURLANETTO
Elvira DIMITRA THEODOSSIOU
Giovanna SILVIA CALZAVARA
Don Riccardo UGO ROSATI
Jago SANDRO PUCCI
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Roberto Polastri
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Regia Beppe de Tomasi
Scene e Costumi Francesco Zito
Allestimento Teatro Massimo di Palermo
Bologna, 15 maggio 2011
Capita spesso di imbattersi, attraverso il web o la carta stampata, nelle foto dei leggendari allestimenti del passato, quelli che un po’ sprezzantemente vengono classificati come “dai fondali dipinti”, in cui la regia era per lo più assente e lasciata alle mani degli interpreti, magari domandandosi cosa potesse provare lo spettatore dell’epoca, tanto nei grandi teatri come in quelli di provincia. Chi ha avuto modo di assistere alla produzione di Ernani di Giuseppe Verdi in questi giorni al Teatro Comunale di Bologna, può essersi tolto questo sfizio. In un’epoca in cui spesso il disegno registico ha il sopravvento sulla drammaturgia, un allestimento classico può risultare rassicurante: così sono le scene di Roberto Zito, gradevoli nella loro semplicità, anche se talvolta un poco “naif” come all’atto terzo, alla cripta che racchiude la tomba di Carlo Magno, dove il gioco prospettico risulta forzato e poco riuscito. Quello che invece appare straniante oggigiorno è il totale immobilismo, una desolante assenza di regia: tale ci è parsa quella di Beppe de Tomasi. Pose plastiche, atteggiamenti sospirosi, un gran brandir di spade e l’inventiva della compagnia di canto. Poco altro. Capiamo anche che la gestione del coro e delle masse possa rappresentare un serio problema in qualsiasi allestimento, ma anche qui certe soluzioni ci sono parse veramente poco felici: le coppie semisdraiate a terra perfettamente in semicerchio durante la cavatina di Ernani sembravano più adatte all’atto primo di Giselle (mancava solo che il coro sollevasse le braccia al passare del bandito…) così come il coro diviso in due tronconi statici durante l’inno di giubilo per le imminenti nozze di Elvira e Ernani all’atto quarto aveva più un aspetto marziale che festoso. Sfarzosi e riccamente ricamati i costumi, sempre a firma Zito; gradevoli le luci di Daniele Naldi che si limitano sostanzialmente a chiaroscurare le scene.
Quanto all’aspetto musicale, sorprende a tutt’oggi Ferruccio Furlanetto come Don Ruy De Silva. Si potrà discutere all’infinito della sua particolarissima emissione e della forte accentuazione della parola ma dell’intera compagnia di canto ci è parso l’unico con peso vocale adatto e dotato di non comune senso del teatro. Una raffigurazione molto variegata e intimista nel fraseggio ne fanno il trionfatore della serata. Meno convincente la prova di Dimitra Theodossiou come Elvira. Attacca la sortita con buon piglio lirico ma brutte sono state alcune prese di fiato e i piani e le smorzature sparsi un po’ ovunque e con gusto arbitrario più che sorprendere, stancano. La stessa artista ci è parsa meno convinta rispetto a precedenti occasioni: più un carezzare la partitura che affrontarla com’è invece solito fare il famoso soprano greco. Visto il perdurare dell’indisposizione di Roberto Aronica, subentra nuovamente Rudy Park nei panni di Ernani: la voce di questo giovane tenore, già impiegato in ruoli onerosi come Pollione e Calaf, sarebbe anche bella e estesa, molto lirica. Il limite tecnico più evidente ci è sembrato il ricorso frequente alla gola, soprattutto nella zona di passaggio, dove la voce appare poco sfogata. Sul piano interpretativo, poco o nulla: fraseggio inerte e sforzo nell’accentare minimo. In compenso molti sono stati i portamenti, soprattutto all’ultimo atto. Il baritono Marco Di Felice, Don Carlo, viene annunciato indisposto prima dell’inizio della recita, arrivando al termine con evidente sforzo. Il giudizio va pertanto sospeso: ci limitiamo, avendo avuto modo di ascoltare quest’artista in molte altre occasioni, a rilevarne la sostanziale estraneità al repertorio verdiano. Poco incisivo il resto dei comprimari mentre buona la prova del Coro del Teatro Comunale. Sul podio Roberto Polastri continua a sostituire il veterano Bruno Bartoletti: una lettura un po’ routinaria e pesante nella concertazione, che è mancata di una visione narrativa unitaria e talvolta è sembrata poco rispettosa delle esigenze del canto. Applausi per tutti; isolate contestazioni al direttore.
Foto Rocco Casaluci