Modena, Teatro Comunale “Luciano Pavarotti”, Stagione lirica 2010-2011
“MACBETH”
Melodramma in quattro parti di Francesco Maria Piave
dall’omonimo dramma di William Shakespeare
Edizione Edwin F. Kalmus&Co., Inc.
Musica di Giuseppe Verdi
Macbeth DARIO SOLARI
Banco PAVEL KUDINOV
Lady Macbeth SUSANNA F. BRANCHINI
Dama di Lady Macbeth SHOUSHIK BARSOUMIAN*
Macduff ROBERTO IULIANO
Malcolm ANTONELLO CERON
Medico/Domestico FUMITOSHI MIYAMOTO*
Sicario/Araldo DANIELE CUSARI
*Allievi del CUBEC – Accademia di Alto Perfezionamento per Cantanti Lirici
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro Lirico Amadeus – Fondazione Teatro Comunale di Modena
Direttore Aldo Sisillo
Maestro del coro Stefano Colò
Regia Giancarlo Cobelli
ripresa da Lydia Biondi e Adriano Arrigo
Scene e costumi Carlo Diappi
Movimenti mimici Lydia Biondi
Luci Andrea Ricci
Coproduzione coi teatri di Bolzano e Piacenza
Modena, 3 marzo 2011
Macbeth, la prima opera in cui Giuseppe Verdi tentò di misurarsi col genio poetico di William Shakespeare, ritorna al Teatro Comunale di Modena con lo stesso allestimento che ebbe l’occasione di festeggiare l’anno delle celebrazioni verdiane. La regia di Giancarlo Cobelli, qui ripresa da Lydia Biondi e Adriano Arrigo, si muove essenzialmente su due piani narrativi: anzitutto la scena, costituita da una pedana lignea inclinata munita di botole, che resta vuota per l’intera durata della rappresentazione costituendo il vero fulcro dell’azione. La scenografia è invece ricavata da una cortina, dietro la quale vengono rappresentate, mediante coreografie pantomimiche, scene drammaturgicamente secondarie (come l’arrivo a corte di Duncano e la sepoltura dello stesso). La regia risulta quindi snella e agevole: il coro, posizionato ai lati della scena, evita problemi di gestione dello stesso, riducendo sì lo spazio d’azione ma nel contempo esaltando la presenza dei cantanti. Altra caratteristica dell’allestimento è una forte marcatura della componente macabra del dramma, mediante la creazione di vere e proprie scene da Grand-Guignol: i soldati entrano in scena già imbrattati di sangue, il banchetto non è altro che una pelle animale sulla quale vengono riversati brandelli di carne, le streghe all’atto terzo sono donne incinte che partoriscono i responsi delle tre apparizioni. Resta irrisolta e drammaturgicamente povera la scena del combattimento finale, in cui un manipolo di guerrieri seminudi, munito di sole fronde, uccide Macbeth: probabilmente una scena più adatta allo scherzo perpetrato dalle fate ai danni di Falstaff. I costumi di Carlo Diappi, in perfetta consonanza con le scene sempre a firma del medesimo, sottolineano una regalità primitiva, lontana da qualsivoglia fasto: un Macbeth quasi sempre a torso nudo il cui solo simbolo di potere è rappresentato dalla corona, una Lady in sottoveste e ammantata da una pelliccia, esaltandone così la ferina femminilità, soldati e servitori seminudi. Le luci di Andrea Ricci, giocate esclusivamente su tonalità bianche e rosso rubino, creano squarci di grande suggestione soprattutto nei quadri demoniaci.
Quanto all’aspetto musicale, potremmo limitarci a sottolineare la complessiva riuscita dell’esecuzione, considerata la sostanziale omogeneità del cast vocale. Nel dettaglio: vera protagonista dell’opera a ben vedere è Lady Macbeth qui rappresentata da Susanna Branchini. Il soprano romano, smessi gli scomodi panni dell’Odabella bussetana, offre una lettura nel complesso soddisfacente: la voce è bella in natura e offre ampie risonanze. Sa essere luciferina e seduttrice attraverso un sorvegliatissimo fraseggio (ottima nella grande scena del sonnambulismo) ma gli acuti sono sempre problematici causa l’emissione troppo forzata e le agilità non risultano perfettamente sgranate. Peccato. Dario Solari è Macbeth: quanto a intenzioni musicali emerge sull’intero cast: possiede inoltre voce fresca e discreti accenti ma acuti opachi e poco timbrati. Pertinente il Banco di Pavel Kudinov anche se quanto a vocalità farebbe pensare ad una natura più baritonale. Buono Roberto Iuliano quale Macduff, capace di essere sonoro anche nel canto smorzato: gli si può imputare un atteggiamento un po’ caricaturale nell’esecuzione dell’aria all’atto quarto. Il Malcolm di Antonello Ceron, oltre ad una presenza scenica tutt’altro che accattivante, ha voce logora e mal impiegata. I ruoli della Dama di Lady Macbeth e del Medico/Domestico sono degnamente sostenuti da due allievi del CUBEC (L’Accademia di Alto Perfezionamento per Cantanti Lirici diretta da Mirella Freni): Shoushik Barsoumian e Fumitoshi Miyamoto. Il maestro Aldo Sisillo offre una lettura lucida e attenta della complessa partitura verdiana, nonostante occasionali scollamenti tra buca e palco. Buone infine le prove dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna e del Coro Lirico Amadeus. Successo caloroso per tutti, con particolari apprezzamenti per Branchini e Sisillo: alcune isolate contestazione indirizzate agli autori della parte visiva.
Foto Rolando Paolo Guerzoni