Parma, Teatro Regio, Stagione Lirica 2011
“LA FORZA DEL DESTINO”
Melodramma in quattro atti
su libretto di Francesco Maria Piave dal dramma Don Álvaro o La fuerza del sino
di Ángel Perez de Saavedra
Musica Giuseppe Verdi
Edizione critica a cura di Philipp Gossett e William Holmes, the University of Chicago
Press, Chicago e Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano
Il Marchese di Calatrava ZIYAN AFTEH
Donna Leonora DIMITRA THEODOSSIOU
Don Carlo di Vargas VLADIMIR STOYANOV
Don Alvaro AQUILES MACHADO
Preziosilla MARIANA PENTCHEVA
Padre guardiano ROBERTO SCANDIUZZI
Fra Melitone CARLO LEPORE
Curra ADRIANA DI PAOLA
Un alcade ALESSANDRO BIANCHINI
Mastro Trabuco MYUNG HO KIM
Un chirurgo GABRIELE BOLLETT
Coro e Orchestra del Teatro Regio di Parma
Direttore Gianluigi Gelmetti
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia, scene, costumi, coreografie e luci Stefano Poda
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
Parma, 30 gennaio 2011
La forza del destino di Giuseppe Verdi ha inaugurato la Stagione Lirica del Teatro Regio di Parma con un buon successo di pubblico. L’allestimento, interamente a firma di Stefano Poda, potrebbe essere definito di una “ricercatezza dimessa”. Sommariamente: ricercatezza ravvisabile, ad esempio, nei dettagli di alcuni costumi, veramente di ottima fattura, che privilegiano l’utilizzo di tessuti stropicciati ma costantemente poco valorizzati dal disegno illuminotecnico. E ancora: ad una cura estrema per la recitazione dei protagonisti corrisponde il costante uso del mimo e di improbabili coreografie per le grandi scene corali. L’azione è sempre fissata in pose plastiche, il gesto ridotto al minimo, l’oggetto scenico perlopiù assente. Così per quattro atti: ne consegue un grande affresco teatrale, una sorta di tableau vivant, senz’altro coerente alla propria poetica e drammaturgia, ma fissato ad uno stato embrionale, di mero gusto edonistico in cui quadri tragici e triviali, trattati sullo stesso piano, hanno presa limitata. Le scene sono grigie: danno una vaga connotazione spaziale ai primi due atti due muri, ora mossi a seconda dell’azione in atto, fino a creare una croce alla scena di Leonora al convento. Dei costumi si è in parte già detto: pregevolissimi quelli delle dame e quello di Preziosilla all’atto secondo, l’unica a cui viene concesso un po’ di brio tramite screziature rossastre, e, più in generale, quelli dei soldati impreziositi da ricami sulle spalle.
Dimitra Theodossiou debutta il ruolo di Leonora di Vargas con grande successo personale. Il soprano greco è nota per essere cantante di temperamento e legata a ruoli sanguigni e combattivi, Abigaille in primis. La scrittura centrale del personaggio favorisce la zona mediana della voce della cantante che suona piena e consistente. Evita saggiamente, dove possibile, gli acuti “a voce piena” a favore di piani e pianissimi (alcuni dei quali, piuttosto fortunosi), disegnando un personaggio dolcissimo, languido, con grande profusione di sfumature ed un fraseggio sempre partecipe. Risulta tuttavia inefficace laddove sarebbe richiesto autentico accento tragico e un registro grave di maggiore consistenza (basti pensare al duetto col Padre Guardiano). Aquiles Machado è Don Alvaro: fermo restando il peso vocale con ogni probabilità inadatto al ruolo e un fraseggio alquanto generico, quello che più inficia l’esito complessivo è l’emissione tendenzialmente di forza che rende difficoltosa la modulazione del suono, soprattutto in zona acuta, dove lo squillo appare opaco e poco timbrato. Con una maggiore morbidezza, ne guadagnerebbe sicuramente in ampiezza e risonanza. Vladimir Stoyanov è un Don Carlo dal fraseggio nobile, quanto a intenzioni il più “verdiano” tra i cantanti protagonisti: anche per lui una taratura vocale verosimilmente inadeguata fa sì che perda in freschezza durante il corso della recita. Delude Mariana Pentcheva nei panni di Preziosilla: la zona centrale della voce risulta velata, gli acuti difficoltosi, il trillo abbozzato, pochi i colori. Ieratico e molto ispirato il Padre guardiano di Roberto Scandiuzzi, nonostante l’impoverimento della zona medio-acuta della voce. Carlo Lepore è un ottimo Fra’ Melitone, a buon diritto salutato con grandissimo calore dal pubblico presente in sala: mai caricaturale, sostiene il suono con grande accortezza risultando sempre sonoro. La direzione di Gianluigi Gelmetti si caratterizza per una complessiva discontinuità, sia a livello esecutivo sia a livello narrativo, sembrando mancare di un quadro complessivo d’insieme. Ennesima prova eccellente per il coro di Martino Faggiani. Successo per l’intera compagnia, con particolari apprezzamenti per Theodossiou e Lepore.
Foto Roberto Ricci ,Teatro Regio di Parma