Città del Messico, Teatro Julio Castillo, Centro Cultural del Bosque
“MONTEZUMA” (1755)
Tragedia per musica in tre atti su libretto di Federico II di Prussia, basato su un testo in lingua francese tradotto in taliano da Giampietro Tagliazucchi
Musica di Carl Heinrich Graun
Montezuma FLAVIO OLIVER
Eupafórice LOURDES AMBRIZ
Tezeuco ROGELIO MARIN
Pilpatoé LUCIA SALAS
Erissena LINA LOPEZ
Fernando Cortés ADRIAN GEORGE POPESCU
Narvéz CHRISTOPHE CARRE
Coro de “Ciertos Habitantes”
Orquesta Concerto Elyma.
Direttore Gabriel Garrido
Regia Claudio Valdés Kuri
Scene Herman Sorgeloos
Costumi Jimena Fernández
Luci Carsten Sander.
Città del Messico, 21 ottobre 2010
Non è certo usuale che i monarchi scrivano libretti d’opera, ma l’istruito melomane, filosofo e flautista Federico II di Prussia rappresenta sicuramente un’eccezione, visto che preparò il testo di Montezuma affidandone poi la composzione al suo maestro di cappella Carl Heinrich Graun. Più attraverso la finzione che l’aderenza alla realtà e più ancora tramite una riflessione personale piuttosto che storica, quest’opera crea una sorta di parallelismo tra la vita dell’ultimo imperatore azteco del Messico e quella del monarca tedesco che, considerandosi un sovrano generoso ed eticamente corretto, poteva essere paragonato a Montezuma, vittima dell’arroganza e belligeranza di Fernando Cortés e del suo esercito. L’interesse di quest’opera singolare si sostanzia nel fatto che, attraverso la visione e la prospettiva di un re musicista, l’Europa potesse rivolgere lo sguardo verso l’America, per ripensare la conquista del Messico da parte degli spagnoli.
L’opera, andata in scena per la prima volta a Berlino nel 1755 , si presenta sul piano musicale come una partitura ricca di non comuni risorse stilistiche ed espressive, con passaggi musicali molto armoniosi e ricchi. Arie e duetti di grande fattura, sviluppati in varie forme, non solo con “da capo”, ma spesso in forma di cavatine. Il punto debole dell’opera sono sicuramente gli ampi ed estesi recitativi che, sebbene rilevanti alla trama, le sottraggono continuità musicale.
La riproposta del Montezuma si inserisce nelle manifestazioni che celebrano il bicentenario dell’inizio del processo di indipendenza del Messico, ed è il frutto dell’unione di varie sinsergie internazionali: il Theater der Welt il Festival di Edimburgo, il Kampnagel di Amburgo, l’Istituto Nazionale di Belle arti del Messico, il Festival Internazionale Cervantino del Messico, la Fondazione anglo-messicana ed il Teatro Reale di Madrid. Una produzione che ha compiuto una lunga tournée, iniziata alcuni mesi, attraverso Mülheim in Germania, Edimburgo, Guanajuato México , passando per il Teatro Real di Madrid (dove ha segnato l’inizio della direzione di Gerard Mortier ) fino ad arrivare alle rappresentazioni di Città del Messico.
La prova dell’orchestra Concerto Elyma, con strumenti di epoca, si caratterizza per un suono sempre leggero ed elegante, sotto la guida attenta e appassionata del Maestro argentino Gabriel Garrido, un esperto nel repertorio barocco dell’america latina che, per alleggerire il cupo finale dell’opera, che vede l”esecuzione di Montezuma, ha inserito una cantata per coro, Albricias Mortale di Manuel di Sumaya (1680 -1755) compositore e maestro di cappella della cattedrale di Città del Messico nel 1715.
Una compagnia di canto internazionale, con la presenza di ben tre controtenori: il francese Christophe Carré che ha creato un un energico ed aggressivo Narvés, anche se talvolta il suo canto risultava stridulo; il rumeno Adrián George Popescu, un violento Fernando Cortez, dotato di voce potente ed omogenea e lo spagnolo Flavio Oliver, un espressivo e sensibile Montezuma, molto commovente nelle sue arie alle quali ha prestato una impeccabile e coloristicamente ricca, linea vocale. Nel difficile ruolo di Eupaforice, promessa sposa di Montezuma , il soprano Lourdes Ambriz ha saputo destrggiarsi con grande abilità, ottenendo un grande successo personale nell’ardua aria che chiude l’atto secondo dell’opera. Corretti il resto dei cantanti, in particolare il soprano Lucia Salas che ha interpretato il guerrieo Pilpatoé con voce nitida e soave. Buona la prova del coro, composto da solo otto voci.
La parte visiva dello spettacolo si basava su un impianto scenico decisamente austero, firmato da Herman Sorgeloos che ha giocato il tutto praticamente su tre piramidi mobili e una colonna. Nella sua regia, Claudio Valdez Kuri, uno dei registi più all’avanguardia del teatro messicani, ha tratteggiato, nei primi due atti, l’immagine cruda e brutale della guerra e dello scontro tra due civilità , mentre il terzo atto, con una scelta assurdamente provocatoria, si trasferisce in un’epoca moderna, arrivando anche a collocare l’orchestra sul palcoscenico. Il pubblico, composto in gran parte da giovani, ha tributato un successo entusiastico allo spettacolo.
Foto di Javier del Real