Fondazione Arena di Verona – 88° Festival 2010 – Franco Zeffirelli e l’Arena
“AIDA”
Opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni.
Musica di Giuseppe Verdi
Il Re CARLO STRIULI
Amneris DOLORA ZAJICK
Aida LUCREZIA GARCIA
Radamès MARCO BERTI
Ramfis VITALIJ KOWALJOW
Amonasro AMBROGIO MAESTRI
Un messaggero ENZO PERONI
Sacerdotessa NICOLETTA CURIEL
Primi ballerini VLADIMIR SHISHOV, ILENIA MONTAGNOLI, GHISLAINE VALERIANI
Orchestra, coro, corpo di ballo e tecnici dell’Arena di Verona.
Direttore, Daniel Oren
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi, Anna Anni ripresi da Maria Filippi
Coreografia, Vladimir Vassiliev ripresa da Maria Grazia Garofoli
Verona, 8 luglio 2010
Questa produzione di Aida che inaugurò la stagione areniana del 2002 non mancò di sbalordire per le dimensioni veramente “faraoniche” dell’impianto scenico. Una grande struttura a tubi metallici dorati, con al centro una grande periatto piramidale che, ruotando, creava le diverse ambientazioni dei quadri e degli atti. Un sicuro impatto visivo se utilizzato in un concetto stilizzato dell’opera verdiana. Questo non è un concetto che appartiene a Zeffirelli e così la scenografia invade buona parte del pur ampio palcoscenico, riducendo lo spazio d’azione a una fetta alquanto ridotta di proscenio. Sappiamo poi che Zeffirelli non si limita certo allo stretto necessario, anzi! Così il tripudio di sgargianti vessilli, tra guerrieri, ancelle, popolo, personificazioni umane del dio Horus e quant’altro, appare come un ammasso che cerca di conquistare un minimo di spazio vitale. Aldilà di questo aspetto, l’ allestimento del regista toscano sicuramente risponde alla visione più spettacolarmente superficiale dell’opera verdiana e in un contesto come quello dell’Arena lo si può se non accettare, almeno tollerare, visto che il polo primo d’attrazione è la spettacolarità.
Sul versante musicale, la direzione di Daniel Oren esprime una concezione di un Verdi scabro e mordente. I tempi sono vividi e imperiosi. Non manca il senso della narrazione e gli accompagnamenti sono complessivamente accurati. La giovane e quasi esordiente Lucrezia Garcia potrebbe essere anche un’Aida ragguardevole per timbro e estensione, cerca anche di trovare dei bei colori, ma, al momento, non è propriamente a suo agio. Speriamo possa maturare tecnicamente e non essere travolta dalle “leggi di mercato”. Marco Berti è un Radames sempre forzato e sfoggia un canto povero di colori e modulazioni quasi sempre limitate al mezzo forte e al forte. La veterana di tante Amneris, Dolora Zajick riesce ancora a essere un’interprete aggressiva e imperiosa anche se le ha sempre fatto difetto una mancanza di vera regalità. Ambrogio Maestri è un Amonasro solo truce e iracondo, con un canto imbevuto di “verismo”. Il Ramfis di Vitalij Kowaljow sfoggia la tipica emissione slava, cavernosa e piuttosto intubata e comunque manca di imponenza e della solennità che converrebbe a questo ruolo. Corretto, anche se non particolarmente in serata, il Re del basso Carlo Striuli. Apprezzabili il messaggero di Enzo Peroni e la sacerdotessa di Nicoletta Curiel. Buoni coro e orchestra. Pubblico festoso in un’Arena ben lontana dai “pienoni” di altri tempi.