Oggi, 12 maggio 2010, avrebbe compiuto 100 anni, ma Giulietta Simionato ci ha lasciato lo scorso 5 maggio, a Roma. Aveva debuttato nel 1927, dopo alcuni anni come comprimaria, il successo finalmente le arrise nel 1947 alla Scala in “Mignon” facendola diventare mezzosoprano più applaudito di quegli anni: accanto a Maria Callas (Norma, Aida, Anna Bolena), con direttori come Toscanini, Gavazzeni, Giulini, in un repertorio che spaziava da Rossini (Cenerentola, Italiana in Algeri, Semiramide), Donizetti (La Favorita), a Bizet (Carmen), da Verdi (Don Carlos, Aida, Il Trovatore…) a Meyerbeer (Gli Ugonotti) a Mascagni (Cavalleria rusticana). Potremmo aggiungere molti altri autori, un repertorio vastissimo, che la Simionato ha affrontato con piena aderenza stilstica che, in molti casi (ad esempio Rossini, Donizetti, Verdi, Thomas e tanti altri), è stata un’autentica specializzazione. L’aver differenziato Cenerentola da Santuzza, o Leonora di Guzman da Dalila, o ancora Azucena da Eboli, o Rosina da Amneris, è un merito che ha visto trionfare la Simionato in tutti i massimi teatri del mondo, quel merito che impose ad una Callas all’apogeo di condividire con lei il trionfo dell’indimenticabile Anna Bolena scaligera. Una crescita artistica, quella della Simionato, raggiunta con gradualità di ampiamento vocale, di accortezza tecnica, dei più vari convincimenti espressivi per arrivare a imporsi come una delle più grandi lezioni di canto del dopoguerra e di sempre. Così è arrivata ad essere Arsace in Semiramide, Valentina negli Ugonotti, Ulrica nel Ballo in maschera e Donna Elvira nel Don Giovanni. Non solo una grande cantante quindi, ma anche una insuperata maestra di stile e misura che se ne è andata in punta di piedi come era entrata.