“Telefoni e rose” a Sirmione

Cari amici,poche settimane fa sono riuscito ad acquistare una serie di negativi originali che ritraggono Maria Callas a Sirmione sul Lago di Garda.Chi me l’ha vendute mi ha informato di averle a sua volta acquistate anni prima dal giornalista bresciano Savino Mariani, che io ho successivamente scoperto essere l’autore di un reportage pubblicato sul settimanale Incom del 10 maggio 1958. Qui di seguito riporto l’articolo in questione corredato delle foto di recente acquisizione. Buona lettura!
A SIRMIONE, NEL PUNTO PIU’ SUGGESTIVO DEL GARDA
TELEFONI E ROSE PER LA VILLA DELLA CALLAS La famosa cantante cura personalmente i lavori di restauro e l’arredamento dell’ex villa Giannantoni; la troverà pronta al suo ritorno da Londra dove in giugno canterà dinanzi alla regina Elisabetta per il centenario del Covent Garden.Corrispondenza di Savino Mariani.
Sirmione , maggio
La mattina del 21 aprile; una “Giulietta” verde oliva, targata Milano, si fermò dinanzi alla villa Giannantoni, che si eleva alle pendici d’una collinetta, all’estremità della penisola di Sirmione. La villa, che dal lato della strada guarda sul Garda e dall’altro su un parco lussureggiante, in cui si stagliano medie e basse conifere, sorge proprio nel punto in cui la strada assume un andamento sinuoso per portare alle rovine di bagni romani, che impropriamente vengono chiamate le grotte di Catullo. E’ quello uno dei siti più incantevoli del Garda. Trent’anni fa, l’industriale Giannantoni lo prescelse per costruirvi la villa che la volle dai tetti spioventi, come certe costruzioni svizzere, e che risultò una mescolanza di stili diversi, come mostrano i quattro tipi di finestre che si rivelano sul fronte principale. La villa poi fu venduta all’industriale zaratino Antonio Zerauschehek, ora trasferitosi in quel di Firenze, che nell’immediato dopoguerra la cedette a sua volta al fabbricante di forni elettrici Angelo Marinoni di Verona. L’ultimo passaggio di proprietà della villa Giannantoni è avvenuto nel dicembre scorso: l’ha comprata un altro industriale veronese, ramo laterizi, il comm. Battista Meneghini, per farne gentile dono alla consorte, la famosa cantante Maria Callas, che voleva una villa sul Garda. La villa – che dicono sia stata venduta per sessanta milioni – è iscritta al catasto come composta di tre piani compreso quello seminterrato, e di ventun locali per una superficie di 780 metri quadrati, mentre il parco annesso copre un’area di 7552 metri quadrati.

Quella mattina piena di sole, dalla “Giulietta” verde oliva fu proprio la nuova padrona della villa Giannantoni, la Maria Callas in persona, a scendere sveltamente ancor prima che il marito facesse in tempo ad aprirle la portiera. Portava un cappello a turbante scuro; aveva al collo una collana a un solo filo di grosse perle autentiche come di perle era la parure degli orecchini; sotto il mantello grigio principe di Galles indossa una camicetta di maglia color violetto chiusa sul davanti con una serie di bottoni di madreperla e una sottana grigia a quadratini. Con la sobria tenuta sportiva faceva contrasto il vistoso maquillage intorno ai grandi famosi occhi. Fra le braccia Maria Callas stringeva affettuosamente l’inseparabile barboncino Toy. “E gli altri?” domandò alla signora Emma Brutti, la custode della villa, che le era corsa incontro. “Dovrebbero essere qui a momenti”, fu la risposta. Gli “altri” erano l’architetto, l’impresario dei lavori e il titolare d’una grande ditta padovana famosa per i suoi vivai di piante ornamentali, che la signora Callas aveva convocati per quella mattina, alle ore dieci precise, a Sirmione per una specie di gran rapporto sui lavori che sono in corso nella villa di recente acquisto, al fine da farne un degno “pendant” rivierasco alla sua fastosa dimora milanese di via Buonarroti 40. Perché la signora Callas così come diresse di persona l’arredamento della sua ammirata abitazione milanese, così fu lei a scegliere ed acquistare i famosi “tromeaux” del Settecento francese, le statue che reggono candelabri, i quadri della scuola veneziana del Settecento, e a volere nella camera da letto il largo impiego del blu carta da zucchero, non altrimenti essa intende trasformare la villa Giannantoni in una dimora che sia callassiana anche nei più minuti particolari, a cominciare dalla cucina per finire al parco.
E’ appunto per realizzare le direttive del celebre soprano trasformatosi in un arredatore, sollecito di contemperare l’antico col moderno, che da quattro mesi una schiera di muratori, elettricisti, tappezzieri, arredatori, imbianchini e giardinieri stanno instancabilmente lavorando a Sirmione, sotto la guida d’un valente e noto architetto. Il primo ordine dato da Maria Callas quando nel febbraio scorso aveva compiuto la visita di possesso della villa Giannantoni, era stato: “Telefoni, telefoni”. Ora in tutte le stanze della villa è stato collocato un apparecchio telefonico. Il secondo ordine fu: “Rose, rose”. E le più famose specialità di rose, rose rampicanti, di siepe, ad alberello, nane e giganti, fioriranno nel giardino.
Non erano passati che pochi minuti dall’arrivo dei coniugi Meneghini, quando giunsero a Sirmione, con puntualità cronometrica, le persone attese: L’architetto Gianni Barbesi, direttore dei lavori di restauro, l’ingegnere Neddo Faccioli, titolare dell’impresa appaltatrice dei lavori, entrambi veronesi, e il comm. Sgaravatti di Padova. Ultima a giungere fu la vistosa “Studebaker Flight Hawk 3000” di Aldo Maurin, il gioviale segretario del comm. Meneghini. Maurin scese di macchina brandendo una gabbia con dentro due spauriti canarini, acquistati a Trieste, e destinati alla grande voliera, che a Sirmione ospiterà i più rari campioni canori impegnati a cimentarsi con la voce da usignolo della nuova proprietaria della villa Giannantoni. Postasi alla testa dei sopraggiunti e dei loro rispettivi assistenti, in tutto una decina di persone, la signora Callas diede principio alla ispezione ai lavori. Era la terza volta che veniva a Sirmione e doveva constatare che le opere di restauro,ormai pressoché complete, erano state eseguite a puntino giusta i suoi desideri e in armonia con quanto concordato con l’architetto. “Qui è il luogo dove verrò a riposare tra una tournée e l’altra” disse e si capì che per il suo soggiorno aveva scelto le stanze che danno sulparco. Approvò la sistemazione dell’arco sotto il quale si sale per accedere all’atrio. Approvò com’era stato adattato l’appartamento per gli ospiti. Approvò la tinteggiatura dei muri. Quindi messo finalmente in libertà il barboncino Toy, scese nel parco dove il sopralluogo fu ancora più minuzioso e lungo che nell’edificio. Il giardino della villa, infatti muterà radicalmente aspetto. Centinaia e centinaia di piante verranno messe a dimora. Lungo la stradetta che pavimentata alla romana con lastre di travertino, conduce alla chiesetta di San Pietro in Navino, che si fa risalire al periodo longobardo, verranno fatte crescere odorose siepi. Proteiformi tassi sorgeranno come statue modellate fra le piante di acero, di acacia, di viburno, di abelia, di araucaria. Gli anemoni, le gardenie, le magnolie, le camelie, le azalee e le ortensie si mescoleranno a i ginepri, ai bossi ai ligustri mentre a primavera una fantasmagoria di giacinti, di tulipani e di narcisi precederà la fioritura estiva dell’oleandro. Ma la nota dominante sarà data dalle specie più pregiate di rose.
Durante i lunghi e continui giri nel parco – il sopralluogo durò più di tre ore- Maria Callas parlò quasi senza interruzione per tutto quel tempo, impartendo istruzioni precise e circostanziate, dando suggerimenti ogni qualvolta v’era qualche difficoltà da superare e dimostrando in tutto uno straordinario senso pratico. Fece vedere di sapersi muovere in mezzo ai problemi piccoli e grandi della vita di tutti i giorni, con la stessa disinvoltura e sicurezza con cui si muove sul palcoscenico. Quello che sorprese chi ebbe modo quel giorno di avvicinarla per la prima volta, fu il suo tratto affabile, fu l’amabilità e la dolcezza con cui cercava d’illeggiadrire il suo inalterabile pigio autoritario. A villa Gianantoni tutti han preso a volerle bebe, anche perché è apparsa ben differente dalle descrizioni punto rosee che ne erano state fatte. Terminata che fu la visita, Maria Callas e suo marito vollero che il loro piccolo stato maggiore edilizio partecipasse, alla “Laguna nuova”, un noto ristorante della bassa riviera gardesana, a un intimo convivio: si trattava di festeggiare il nono anniversario del loro matrimonio.
Fu infatti il 21 aprile 1949 che Battista Meneghini sposò a Verona la cantante ormai già famosa, ch’egli aveva conosciuta due anni prima in occasione d’una recita della Gioconda all’Arena. Quel giorno, nella chiesa dei Filippini, erano presenti sei persone in tutto, sposi compresi: i due coniugi Battista e Maria Meneghini, i testimoni ing. Orlandi e dott. Capparoli, il sacerdote e il segretario Maurin. Il viaggio di nozze durò appena due ore, perché il treno che doveva portare a Genova la sposa diretta in Argentina partiva poco dopo e il comm. Meneghini era impegnato a Verona dai suoi affari. Durante il pranzo, frammezzo ai patetici ricordi di quella lontana giornata veronese, la signora Callas trovò modo di tornare a parlare di lucidatura a piombo dei pavimenti, di ritocchi da dare a questa o quella sala di soggiorno nonché alla cucina. Tutto questo detto in perfetto dialetto veronese, perché la cantante, come ha avuto cura di farmi sapere il segretario Maurin, non solo parla correttamente l’inglese, l’italiano, il francese, il greco, lo spagnolo e il tedesco, ma sa esprimersi anche in dialetto meneghino oltre che naturalmente in quello veronese.
Maria Callas conta poter ritrovare la sua villa sul Garda bell’e pronta ad accoglierla al suo ritorno dalla prossima tournée in Inghilterra, fissata per il mese di giugno, il centenario del Covent Garden, il massimo teatro d’opera inglese, verrà festeggiato solennemente il 10 giugno e quella sera la Callas canterà alla presenza della regina Elisabetta. Sarà di cartellone una opera belliniana ognora fresca e appassionante: i Puritani. Poi, sempre a Londra dal 20 al 30 giugno reciterà nella Traviata. Bevuto il terzo caffè, la Callas distribuì ai convitati dei datteri, quale simbolico atto di reminescenza nuziale. Era giunta l’ora di risalire in macchina per far ritorno a Milano. Tenne a sottolineare che lei non se la sentirà mai di guidare un’automobile in mezzo al traffico: “Ho troppe cose da fare – esclamò .- i nuovi spartiti da studiare, la mia casa da tener da conto, ho il personale da sorvegliare, e poi ho mio marito. Non ho il tempo di pensare a giudare: amo essere servita e… credo, che voi uomini siate felicissimi di farlo”.