Forse non tutti sanno che Maria Callas fu, come si dice oggi nel linguaggio della moda, la testimonial di Biki e la fece conoscere al mondo con quel suo strano soprannome – trasformazione esotica di “Bicchi”, come la chiamava Giacomo Puccini, il quale intendeva così dire birichina. In realtà Biki per l’anagrafe era Elvira Leonardi Bouyeure . Biki che ricordiamo sempre con in testa un grande turbante di seta aveva insegnato alla divina Maria che: “no, in casa, di sera, non si tiene un cappello dalla tesa larga di velluto”. Maria dimostrò anche in questo di avere un grande talento, le antenne sono un gran dono: si vestiva ormai come se lo avesse fatto da sempre, con gusto innato, di uno chic incredibilmente naturale.
Biki voleva essere chiamata “sarta”, il termine che preferiva, perché odiava quello di stilista. Quando trionfavano i francesi, anticipò il successo futuro della Moda Italiana. Era una donna di carattere e di grandi slanci, Guido Vergani diceva di lei che era come se “dal simbolo di Milano, il Duomo, fosse caduta una guglia”.
Vestì anche Luisa Baccara, l’ultima compagna dell’indebitatissimo Gabriele D’Annunzio, che la pagò con questa lettera elogio: “Biki, le pieghe, gli intervalli, il tessuto pieno e il merletto aereo, le cuciture, gli orli sono elementi del ritmo esatto, dell’incognito indistinto e perciò della poesia.”
Biki, insieme a Germana Marucelli e a Jole Veneziani: le sarte regine, la sarte del nascente stile italiano, una grande pioniera del Made in Italy. Nel 1936 Biky aprì la prima boutique a Milano e in seguito, nel 1950, un’ altra a St. Morirz. Nel 1962 seguirono altre boutiques, una a Portofino e una a Milano, mentre estendeva la sua attività oltre all’Alta Moda anche a borsette e profumi. E’ stata anche tra le prime sarte di Alta Moda ad allearsi con l’industria: dal 1960 al 1966 firmò per il Gruppo Finanziario Tessile la linea Cori.
Muore il 25 febbraio 1999 all’età di 92 anni ma sino all’ultimo continuò ad essere la” modosa” lavorando nell’atelier di Sant’Andrea.Di seguito vi riporto alcuni brani tratti dal libro di Hélène Blignaut, La scala di vetro (L’escalier de Verre), Rusconi, Milano 1995.
Verso la fine dell’anno 1951, Wally Toscanini presentò a Biki una persona destinata ad avere una parte dominante nella sua esistenza: Maria Callas. “Se dovessi mettermi a vestire una donna cosi diventerei pazza”, disse Biki a un divertito Alain, curioso di sentire la cronaca della serata che lei aveva trascorso in casa Toscanini, dove Wally aveva organizzato uno dei soliti incontri per musicisti e musicofili, dopo la rappresentazione alla Scala.
La sera del 7 dicembre, in casa Toscanini, era dunque stata invitata come ospite d’onore Maria Callas, una giovane cantante che stava affermandosi sulla scena internazionale. La ventottenne Maria aveva appena debuttato alla Scala nei “Vespri Siciliani”, sostenendo il ruolo di Elena, diretta da Victor De Sabata. Il pubblico elegantissimo della première l’aveva attesa con un certo scetticismo, affatto impressionato dai successi che lei aveva ottenuto all’estero. Ma il lunghissimo applauso, che le tributò dopo il bolero che conclude l’ultimo atto, testimoniò quanto la sua interpretazione fosse stata apprezzata. “che estensione prodigiosa dei toni, che agilità tecnica, che fenomeno!” , dissero gli intenditori.
Anche Biki, che aveva assistito alla prima, era rimasta impressionata dalla voce dalla padronanza scenica di Maria Callas, ma trovandosi vicinissima a lei, nel salotto di via Durini, la figura goffa della cantante l’aveva impressionata anche di più.
“mi colpiva il contrasto tra l’immagine che avevo ammirato sul palco e quella che adesso vedevo nella sua verità quotidiana”, continuo Biki nel suo racconto ad Alain ( genero di Biki) . “Mi colpiva l’importabile “mise” che Maria era riuscita a mettere insieme. Talmente grassa! E con un cappello, di sera, in casa! Dalla larga tesa di velluto nero. Alla sua giacchetta mancavano almeno cinque centimetri per chiuderla sul petto. Della camicetta meglio non dire. La gonna lunghetta non riusciva a coprire le gambe grosse e le scarpe erano di vernice nera, a barca, con uno stretto cinturino che non donava certo alla linea dei suoi piedi. La borsa, anche questa di vernice nera, era grossa come la sporta della spesa. Ma la cosa che mi ha procurato un vero choc sono stati gli orecchini. Hai presente i mosconi che si noleggiano per le gite in mare a Venezia? Ebbene, alle orecchie di Maria Callas brillavano due lunghi pendenti con ingombranti mosconi.“D’oro?”, rise Alain. “Ma no, di plastica!”. “Eppure“, riprese Biki dopo qualche momento, “quella donna ha avuto il potere di affascinarmi. Ha qualcosa di indecifrabile addosso che sconcerta. Si capisce, guardandola, che è capace di vivere forti passioni. Una protagonista nata, un temperamento vibrante di emozioni… Basterebbe un nulla. Qualche chilo in meno…”
Per alcuni giorni Biki e Alain non parlarono più di Maria Callas , poi una mattina il commendator Battista Meneghini, marito della cantante, telefonò all’atelier di via Sant’Andrea 3. “Signora Biki vorrei un appuntamento con lei. Mia moglie Maria ha espresso il desiderio che sia lei con suo genero Alain a occuparsi di vestirla.” Biki non seppe cosa rispondere e, per prendere tempo, invitò Maneghini a passare un momento da lei: “Così ci spiegheremo un po’ meglio e lei mi dirà di che cosa ha bisogno esattamente”. Biki e Alain ricevettero il commendatore con una cortesia estrema. “Lei immaginerà”, disse Biki, “quanto ci sentiamo lusingati dal fatto che sua moglie, di cui abbiamo grande ammirazione e stima, abbia voluto pensare a noi per il suo guardaroba. Solo che, se lei volesse accettare un nostro consiglio, meglio sarebbe per giovare alla figura della signora, e per meglio far risaltare l’abbigliamento, che la signora Callas… perdesse qualche chilo…Se questo non sarà difficile o a danno della sua voce.”
Meneghini sembrava già preparato a questo tipo di accoglienza e rassicurò i suoi interlocutori.“Abbiamo già cominciato una cura ad hoc, una speciale dieta che in breve tempo riporterà Maria a una linea più armoniosa, senza danno per la sua salute. Naturalmente sarà una cosa graduale…”
Biki notò che Meneghini aveva detto “abbiamo” al posto di “Maria ha” e questo le fece comprendere con chi avrebbe dovuto misurarsi d’ora in avanti. Maria aveva manifestato un desiderio, ma in realtà chi decideva era lui.
Trascorse qualche mese prima che Maria Callas tornasse. Poi, in una bella giornata di prima estate del 1952, Maria Callas accompagnata dal marito, salì la scala di vetro che dal pianterreno dell’atelier di Biki in via Sant’Andrea al 3 portava al piano superiore.
Biki e Alain vedendo il suo incedere e la sua immagine che si rifletteva nella luminosità delle fiancate della scala, compresero subito la potenza del suo fascino, la capacità di Maria d’esser presente in ogni luogo come se fosse su un palcoscenico. La Callas era una vera bellezza greca, con una figura da Giunone e una gestualità naturalmente imperiosa. La sua testa importante si reggeva sul collo lungo come quella di una statua classica e la folta capigliatura bruna donava al colore olivastro dell’incarnato. Gli immensi occhi scuri guardavano pensosi, il naso dava un taglio severo dell’espressione, ma la bocca carnosa raccontava dalla generosità del suo cuore e dei suoi sensi.
L’amicizia è come l’amore , nasce in seguito a un colpo di fulmine e si rende per facili strade: la parzialità della istintiva preferenza reciproca consentì subito a Biki e a Maria di superare in modo naturale ogni formalità e le indusse presto alla confidenza. E prima ancora di conoscere le intenzioni di Biki sull’assunzione del ruolo di creatrice dei suoi abiti, Maria seppe d’avere incontrato un’amica sincera. Le ragioni per cui Biki si sentiva attratta da Maria si potevano forse ricondurre all’affinità che esisteva tra questi due esseri. Entrambe animate da un indomabile senso di conquista, entrambe dotate di uno spirito indipendente, di una sensibilità esasperata che trovava requie solo nell’espressione del proprio talento.
“Adesso, la responsabilità di disegnare un abito per te diventa sovrumana”, disse Biki a Maria, quando questa arrivò scortata dall’immancabile Meneghini. Maria si schermì, come se ancora non potesse comprendere tutta la forza del personaggio che stava creando su di sé. Biki e Alain guardavano la diva, che in un anno era riuscita già a dimagrire un po’ , e a tratti scambiandosi occhiate, annuivano.
“La vestiremo di leopardo e di zibellino.Di raso porpora, raso oro e grandi gonne e ampie stole”, mormoravano, ed era, per ora, la loro maniera migliore di amarla.
Tempo dopo Maria era in partenza per l’America. “come farò a sapere se questo sta bene con questo?”, chiese Maria a Biki, con una certa ansia, indicando il mucchio di abiti piegati e pronti per essere messi nei bauli aperti nella sua stanza da letto. “Risolveremo anche questo problema, vedrai”, e Biki comandò al domestico di chiamare Alain dall’atelier. Alain arrivò, Biki gli spiegò il problema di Maria e, poco dopo, fu offerta alla cantante la migliore delle soluzioni. “Maria, dovrai custodire gelosamente i bigliettini che adesso ti prepareremo”, e osservando l’insieme dei capi, degli accessori e della biancheria, stilarono una serie di appunti. “Metterai il vestito numero 2 con il cappello numero 3 oppure 5, ma solo con le scarpe numero 6 e la biancheria numero 10…Metterai la gonna numero 3solo con la camicia…” Fu poi compito della guardiarobiera attaccare dei minuscoli numeri ai vari capi. Maria fu in questo modo tranquillizzata e sicura di essere sempre all’altezza delle serate newyorchesi. Eccola allo specchio , mentre si aggiusta la stola di seta, immancabile accessorio del suo guardaroba. “A quei tempi c’erano solo due persone che sapevano portare la stola in quel modo: Maria Callas e il cardinale di Milano Montini, che sarebbe divenuto papa Paolo VI”.
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