“Turandot” al Teatro Filarmonico di Verona

Verona, Teatro  Filarmonico, stagione lirica 2008-09
“TURANDOT”
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni.
Musica di Giacomo Puccini
Scena finale di Franco Alfano su appunti di G. Puccini
Turandot  
  LILLA LEE
L’Imperatore    COSIMO VASSALLO
Timur   DANIEL  GOLOZZOV
Calaf    FRANCESCO ANILE
Liù  HYUNN KYUNG SON
Ping   BAYEMPINI  NGQUNGWANA
Pang   ENEA SCALA
Pong   CARLOS NATALE
Mandarino  VALDIS JANSONS
Principe di Persia   SUNNYBOY DLADLA
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Coro di Voci Bianche A.Li.Ve.
Direttore Antonio Pirolli
Maestro del Coro Marco Faelli
Voci bianche dirette da Paolo Facincani
Coordinatore alla regia, alle scene e ai costumi: Gianfranco De Bosio
con la collaborazione di Giuseppe Filippi Venezia, Paolo Mazzon e Silvia Bonetti
Movimenti coreografici di Maria Grazia Garofoli
Verona, 27 gennaio 2009

Il secondo appuntamento veronese con l’opera vedeva l’abbinamento della Turandot di Giacomo Puccini con il Concorso Internazionale di Canto in collaborazione con L’Istituto Internazionale per l’Opera e la Poesia dell’Unesco, le cui finali si sono tenuto proprio a Verona ed i vincitori  sono stati i protagonisti di questa produzione al Teatro Filarmonico. La recita alla quale ho assisto presentava il cast dei vincitori con un’unica variazione per il ruolo di Calaf. Una compagnia di canto qualitativamente alta rispetto a molte esecuzioni a cui ho assistito in passato teoricamente più “blasonate”. In netta evidenza  Lilla Lee, (Turandot), e Hyunn Kyung Son, (Liù). La prima dotata di voce solida, ferma e sicura nel registro acuto, delineava una protagonista credibile ed efficace, indubbio che la parte è molto onerosa e sarebbe interessante sentirla in ruoli futuri nei quali possa esprimere anche accenti diversi. La Son interpretava una Liù molto commuovente lirica e di grande carisma, indubbio che abbia conquistato il pubblico con generosi e convinti applausi. A loro si aggiungeva un buon Francesco Anile, un Calaf musicale, dotato di voce molto interessante soprattutto per lo spessore drammatico, ma poco squillante. Delude invece il basso Daniel Golozzov (Timur) : voce opaca, ingolata e di scarso volume. Assai meglio le tre maschere,   Bayempini  Ngqungwana, Enea Scala e Carlos Natale (Ping,Pong, Pang) interpreti convincenti e validi cantanti. Buono l’apporto del Coro dell’Arena di Verona, mentre era un po’ incolore il coro di voci bianche. Antonio Pirolli concertava diligentemente senza andare oltre una lettura di classica ruotine, eccedendo però in sonorità talvolta debordanti. Gli dobbiamo riconoscere l’ottimo e sicuramente oneroso lavoro  svolto su una doppia compagnia di giovani. L’aspetto più triste di questa Turandot è stato l’allestimento. La locandina annunciava che si trattava di un Nuovo Allestimento della Fondazione Arena di Verona, ma di nuovo non c’era nulla se non poco. La scena fissa per tutti e tre gli atti era una scala in obliquo (evidente riciclo areniano) mentre sullo fondo pezzi di scene della recente “Nixon in China” dal quale si sono attinti pure i costumi delle ancelle Turandot. Il coro cantava in “borghese” o se erano costumi, l’impressione era che proprio non lo fossero.  La scelta di attualizzare l’opera a giorni nostri regge poco o per neinte per Turandot che è pur sempre una fiaba . Mimi insignificanti e di pessimo gusto, ancelle vestite come guardie di piazza Tienanmen, i ministri in smoking, la sola Turandot aveva un costume  veramente “cinese”. Un vero “caos stilistico” che dava  un’unica impressione, quella di essere a una prova e non a una rappresentazione vera e propria. L’unica originalità di questo allestimento, se così lo si può chiamare, era una certa cura nella recitazione dei soli protagonisti, ma niente altro. Stupisce che un nome come quello di De Bosio si sia prestato per una tale messinscena, vista la sua nomea di regista scrupoloso ed originale, ma con tutta probabilità  gli aspetti economici hanno pesato  su questa Turandot raffazzonata e  che dimenticheremo presto. Sarebbe stata molto più dignitosa un’esecuzione in forma di concerto. Pubblico non numeroso, ma partecipe e piuttosto critico verso  l’allestimento.