Parma, Teatro Regio, Stagione Lirica 2009
“I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA”
Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera dal dramma omonimo di Tommaso Grossi
Musica di Giuseppe Verdi
Arvino ROBERTO DE BIASIO
Pagano MICHELE PERTUSI
Viclinda CRISTINA GIANNELLI
Giselda DIMITRA THEODOSSIOU
Pirro ROBERTO TAGLIAVINI
Un Priore GREGORY BONFATTI
Acciano JANSONS VALDIS
Oronte FRANCESCO MELI
Sofia DANIELA PINI
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Daniele Callegari
M.o del coro Martino Faggiani
Regia Lamberto Pugelli
Scene Paolo Bregni
Costumi Santuzza Calì
Luci Andrea Borelli
Parma, 15 gennaio 2009
La stagione invernale del Regio di Parma si inaugura con un primo Verdi, il terzo titolo nella cronologia del compositore locale. Obiettivamente si poteva scegliere altro considerato che a Parma in autunno si allestiscono tre opere verdiane nell’omonimo Festival, ma assistiamo con piacere a quest’opera ormai poco eseguita e quasi lasciata in disparte anche per le difficoltà di reperire cantanti adeguati. I lombardi è sciuramente un’altra di quelle opere nelle quali il giovane Verdi cercava una sua strada un suo linguaggio un suo stile. Pur essendo opera nervosa e talvolta brutale, è decisamente superiore per senso del dramma e inventiva melodica, al precedente Nabucco e alle successive Alzira, Giovanna d’Arco e Stiffelio. Le idee in Verdi non mancavano, lo stile neppure, gli faceva semmai difetto un’energia creativa grossolana e concitata, che sarà ben presto superata. Lo spettacolo proposto è la ripresa della produzione del 2003, una regia efficace e solida con qualche accenno ai tempi attuali (gli ebrei che pregano al muro) senza calcare troppo la mano e uscire di seminato. Pugelli è raffinato, di tradizione, ma mai banale, peraltro capace, cosa assai pregevole, di muovere con dovizia masse e solisti. Coloristicamente ricchi e raffinati i costumi di Santuzza Calì, scarne, essenziali e di facile cambio le scene di Paolo Bregni. Daniele Callegari centrava in pieno lo spirito del primo verdi, combattivo e tagliente, pur con qualche momento oscillante, ma gli rispondeva un’orchestra precisa (bravissimo il primo violino nell’assolo del IV atto) e un coro ben preparato. Trionfatice della serata è stata Dimitra Theodossiou osannata con lanci di fiori all’uscita solitaria finale atto II. Francamente ho trovatto eccessivo questo “trionfo” e mi sono anche chiesto se sono io a non capire più nulla e se il mio gusto non si è evoluto. Il soprano greco , da sempre,ha una voce di non particolare fascino, compensata una discreta tecnica che le ha consentito di superare le insidie delle complesse partiture che ha affrontato. Ora a Parma ha mostrato un temperamento ammirevole, ottimo fraseggio, preciso negli accenti, ma ahimè con un settore acuto totalmente compromesso, con note che rasentavano l’urlo e talvolta calanti, se non bastasse, le mezzevoci suonano innaturali, con un’emissione artefatta che poco si adatta alle pagine più marcatamente liriche della partitura. Con ciò non vorrei affermare che il soprano dovesse esser contestato (comunque a Parma una simile esibizione vent’anni fa non sarebbe passata) ma nemmeno essere oggetto di ovazioni. Viceversa abbiamo trovato in Michele Pertusi un puntuale e raffinato Pagano, magari più attento alle sfumature che agli slanci canori. Francesco Meli sfoggiava la consueta ed ammirata voce calda e sensuale, e diversamente da recenti esibizioni, ha cercato più volte con successo di sfumare, di tentare la mezzavoce e con risultato, speriamo continui e abbandoni il suo usuale cantare aperto, ci aspettiamo queste e altre cose da un cantante di tali possibilità. Buona prova anche per Roberto di Biasio, cui spetterebbe qualcosa di più che un Arvino, come per Cristina Giannelli, bene il resto della compagnia. Teatro non esaurito con un pubblico caloroso che ha decretato un autentico successo. Foto di Roberto Ricci, Teatro Regio di Parma