Gran Teatro La Fenice di Venezia, Stagione d’Opera 2008
“VON HEUTE AUF MORGEN” (Dall’oggi al domani)
Opera in un atto Op. 32 su libretto di Max Blonda http://www.examcrowd.com
Musica di Arnold Schönberg
Il marito GEORG NIGL
La moglie BRIGITTE GELLER
L’amica SONIA VISENTIN
Il cantante MATHIAS SCHULZ
Il bambino MICHELANGELO D’ADAMO
“PAGLIACCI”
Dramma in un prologo e due atti
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
Nedda ADINA NITESCU
Canio PIERO GIULIACCI
Tonio JUAN PONS
Peppe LUCA CASALIN
Silvio MARCO CARIA
Due contadini FRANCESCO SAUZULLO, PIERGIORGIO FREDDI
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
(M.o del Coro Claudio Marino Moretti)
Piccoli Cantori Veneziani
(M.o del Coro Diana D’Alessio) Cisco 642-436
Direttore Eliahu Inbal
Regia Andreas Homoki
Scene Frank Philipp Schlossmann
Costumi Gideon Davey
Luci Frank Evin
Venezia, 16 dicembre 2008
La stagione lirica veneziana si è chiusa con un dittico desueto: “Dall’oggi al domani” di Schonberg e “Pagliacci” di Leoncavallo. Due autori agli antipodi sia per linguaggio ed espressione musicale sia per contesto storico. Il comune denominatore è l’adulterio, ovviamente su basi ed analisi differenti. Nell’autore tedesco troviamo un testo, peraltro scritto con pseudonimo dalla moglie, piuttosto spensierato e molto ironico sulla ricca borghesia degli anni ’30 del secolo scorso. Affronta il concetto “alla moda”, cioè ciò che è lecito fare per essere al passo con i tempi all’interno di una coppia in crisi che, alla fine ritrova l’armonia dopo aver superato situazioni abbastanza complesse: addirittura durante una telefonata si propone velatamente uno scambio di coppia. Veramente scabroso per i tempi! Una partitura dal linguaggio chiaramente “dodecafonico” staccato dal gruppo dei compositori tedeschi coevi e dalla prassi stessa della dodecafonia, risulta una partitura con soluzioni e permute cromatiche originali. L’opera di Leoncavallo è il tipico esempio del verismo italiano anzi, come affermava Marchesi, ne è il manifesto. Soggetto (su libretto dello stesso autore) realmente accaduto in Calabria, dove la famiglia del musicista aveva un podere. Il pagliaccio di una compagnia di girovaghi al termine della rappresentazione uccise a coltellate la moglie e l’amante di lei, che poi era un domestico di casa Leoncavallo. Un prologo e due atti, uniti in unicum drammaturgico, nei quali il tessuto narrativo si sfalda in due parti la vita reale e la commedia (teatro nel teatro), dove due passi segnano il nervo dell’opera: il proclama di Tonio nel prologo (“l’autore ha cercato uno squarcio di vita”) e l’affermazione di Canio nel primo atto (“il teatro e la vita non la stessa cosa”). I personaggi sono figure tipiche del melodramma ottocentesco, ma qui assumo una veste nuova, più truce e una condizione sociale inferiore. L’esecuzione veneziana ci è parsa piuttosto deludente a cominciare dal direttore Eliahu Inbal, più attento al lato più sinfonico che all’opera, soprattutto in “Pagliacci” non ha trovato una chiave di lettura pertinente, mostrando evidenti grossolane cadute di stile. Assai meglio in Schoenberg, dove un secco e ripetitivo gesto ha ben supportato la recitazione stile Sprechgesang tipico dell’opera. Il cast aveva ha trovato due eccellenti protagonisti in Georg Niegl e Brigitte Geller, audaci e simpatici coniugi in Schoenberg, affiancati dai validissimi Sonia Visentin e Mathias Schulz. In Leoncavallo Piero Giuliacci, pur dotato vocalmente, non ha mostrato un bagaglio tecnico tale da rendere credibile il personaggio tantomeno superare i passi più ardui. Buona la prova di Adina Nitescu, pur con alcune fissità in alto, ed apprezzabili per garbo e stile Mario Caria e Luca Casalin. Juan Pons infine, faceva dimenticare quando di egregio ha prodotto in una lunga carriera, tanto sono disastrate le sue attuali condizioni vocali. Pregevole l’allestimento curato d Andreas Homoki che sceglie un’ambientazione futuristica per “Dall’oggi al domani” con tipici interni berlinesi ben riprodotti dalle scene di Schlossmann. Recitazione raffinata ed accurata. Essenziale, forse troppo, l’impianto di “Pagliacci”, per il quale si utilizza il retro delle scene utilizzate per Schoenberg. Un eccesso di monocromia che rendeva ancor più triste, cupo e violento l’effetto scenico, con una visione a senso unico della tragica vicenda. Applausi di cortesia , con qualche dissenso isolato nei confronti del direttore e del protagonista dell’opera di Leoncavallo.