Parma, Teatro Regio, Festival Verdi 2008
“GIOVANNA D’ARCO”
Dramma lirico in quattro parti su libretto di Temistocle Solera dal dramma “Die Jungfrau von Orleans” di Friedrich von Schiller
Musica di Giuseppe Verdi
Edizione critica di Alberto Rizzuti
Carlo VII EVAN BOWERS
Giacomo RENATO BRUSON
Giovanna SVETLA VASSILEVA
Delil LUIGI PETRONI
Talbot MAURIZIO LO PICCOLO
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Bruno Bartoletti
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia Gabriele Lavia
SceneAlessandro Camera
Costumi Andrea Viotti
Parma, 3 ottobre 2008
Il Verdi Festival di Parma ha scelto come titolo inaugurale l’opera Giovanna d’Arco che andò in scena alla Scala il 15 febbraio 1845. Opera dei cosiddetti anni di galera, non è certamente un capolavoro, anzi, forse è tra le meno riuscite di Verdi, soprattutto per un “libretto insulso “(così lo definisce Osborne) di Solera, che trae spunto dal dramma di Schiller, il quale nel suo testo teatrale sulla celebre “pulzella ” non si colleta affatto alla storia, ma crea un dramma di tronfio romanticismo. Segnalo, a tale proposito, la bellissima pubblicazione Johanne La pulzella d’Orleans – Storia, teatro, suoni e immagini edita dalla Fondazione Teatro Regio di Parma e dall’Istituto nazionale di studi verdiani che raccoglie saggi che non si limitano a ricostruire le vicende che hanno accompagnato il destino di Giovanna d’Arco, ma ripercorrono le innumerevoli e mutevoli immagini attraverso le quali oltre i confini imposti dalla storia, questa figura è entrata nella leggenda e nel mito. Verdi, decisamente, accenta l’aspetto patriottico dell’opera soprattutto della protagonista, vista anche in chiave riflessiva sugli avvenimenti del risorgimento italiano. Non mancano le belle pagine “liriche”, come la cavatina di Giovanna “O fatidica foresta”, o l’arioso di Giacomo “Speme al vecchio”.., ma su tutto prevale quel senso di onore patrio al cui sacrificio si invitano i mortali, ora nei moti ottocenteschi, prima nella riunificazione della Francia. A questo aspetto “risorgimentale” giustamente trae spunto l’impostazione registica di Lavia, che inserisce un sipario raffigurante una carica di cavalleria , che scorrendo ora a destra ora a sinistra crea efficaci quanto repentini cambi di scena. Va detto che, trovare una chiave di lettura efficace è assai difficile per un’opera sbilenca come Giovanna, ma Lavia adotta una via pertinente e risolutiva, centrando, se non pienamente, almeno in larga misura, una lettura drammaturgica scarna ma efficace a tratti ermetica, che non scivola sul facile terreno della retorica, ma realizza sia momenti di grande effetto , ma anche una visione dell’ eroina, combattiva e visionaria, di indubbio spessore. In quest’ottica si inseriscono perfettamente gli splendidi costumi di Andrea Viotti (in particolare nella scena dell’incoronazione) e la funzionale ma scarna scena di Alessandro Camera, fondamentale contributo alla riuscita di uno spettacolo oltremodo narrativo ed efficace. Bruno Bartoletti si adoperava in una concertazione quasi “quarantottesca” traendo spunto dall’impeto cavalleresco dell’opera, tempi stretti e calzanti, lettura molto teatrale, epica. Semmai ci è parsa l’orchestra non perfettamente a fuoco, leggermente appannata rispetto alle ottime prestazioni cui siamo abituati. Svetla Vassileva rispondeva al meglio delle sue possibilità in un ruolo quasi limite per la sua vocalità, messa a dura prova dalle impennate nel registro acuto, ma risolveva con bravura e perizia fraseggio e accenti molto pertinenti. Cosa che non si può dire per Evan Browes carente tecnicamente e scenicamente insignificante. Infine Renato Bruson! Gli anni passano, e la meravigliosa voce di questo artista ormai appare corta e usurata . Rimane solo il senso dello stile, l’accento e la capacità di creare un personaggio. Non è poco e sarebbe assurdo pretendere altro a quasi cinquant’anni dal debutto, quel che è grave è che non si ravvisano sostituti, non per eguagliarlo, ma per proseguire uno stile di canto cosi autorevole. Buone le parti di fianco e ottimo il coro. Alla fine un corale consenso di pubblico.
Foto Roberto Ricci – Teatro Regio di Parma