Verona, 86° Festival Areniano: “Nabucco”

Fondazione Arena di Verona, 86° Festival 2008
“NABUCCO”
Melodramma in quattro atti di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi
Nabucco AMBROGIO MAESTRI
Ismaele WALTER  BORIN
Zaccaria PAATA BURCHULADZE
Abigaille MARIA  GULEGHINA
Fenena EUFEMIA TUFANO
Gran Sacerdote Carlo Striuli
Abdallo Angelo Casertano
Anna Stefania Spaggiari
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del Coro Marco Faelli
Regia, scene e costumi di Denis Krief
Movimenti coreografici di Maria Grazia Garofali
Verona, 7 agosto 2008

Altra ripresa all’Arena di Verona Nabucco di Giuseppe Verdi nell’allestimento curato da Denis Krief dello scorso anno. Nabucco oltre al carattere risorgimentale è opera di scontro tra poteri, elemento non innovativo nel melodramma, ma qui raggiunge apici e forme di singolare taglio. Krief realizza la sua lettura cogliendo nell’opera lo scontro tra la cultura e il potere, e non rifuggendosi in convenzionali e soporifere attuazioni storiche, colloca l’ambientazione in un immaginario astratto, segno della pertinenza di ogni tempo e luogo. Una scena fissa con contrapposte due gigantesche costruzioni raffiguranti una di torre, il potere, l’altra un bianco cubo senza pareti con parvenza di moderna biblioteca, realizza una cornice simbolica, di pensiero non coreografica, dove due civiltà con i loro più insigni rappresentanti si scontrano per la supremazia sull’altro. Costumi lineari ma efficaci determinano una posizione netta tra bene e male, non c’è via di mezzo, neppure nella momentanea follia del protagonista; semmai è l’azione ad essere leggermente carente con un coro piuttosto statico, ma sviluppata nel percorso analitico del pensiero, una sommaria inerzia produce invece un aspetto architettonico anche suggestivo.
L’assenza di suntuosità e sfarzo ne fa uno spettacolo più polare, più umano, seppur non condivisibile da tutti, noi consideriamo un buon risultato fuori dal canone rituale. Per l’ennesima volta un Daniel Oren molto più attento ai particolari, indiscusso musicista ma mai fuoriclasse e dallo stile altalenante dirige con prudenza. Bizzarro che solo Abigaille eseguisse il da capo della cabaletta, e ridicolo che “Va pensiero” venga bissato ormai ad ogni recita, anche non richiesto. Cast decisamente debole a cominciare dal protagonista Ambrogio Maestri, nasale, sfuocato e cattivo interprete, gli si affianca in negativo il rozzo e sfibrato Zaccaria di Paata Burchuladze ormai inclassificabile quale cantante. Il volenteroso Valter Borin, Ismaele, e la corretta Eufemia Tufano, Fenena, erano discreti interpreti vocali, meno scenicamente.
Infine Maria Guleghina, Abigaille, l’unico componente del cast che sapeva di essere su un palcoscenico e cosa avrebbe dovuto fare. Complessivamente una buona prestazione, con qualche acuto sfuocato, talvolta gridato, ma anche alla ricerca di sfumature, di un fraseggio che rendesse il suo personaggio vero, curdo e credibile, cantando tutta la parte con da capo compresi. La sua Abigaille, rispetto a quella sentita una decina d’anni or sono, è ben più limitata ma qui siamo in presenza di una cantante-attrice, con limiti e usure comprensibili, per gli altri ho seri dubbi. Carlo Striuli, Angelo Casertano e Stefania Spaggiari completavano, dignitosamente, il cast. Spettacolo apprezzato dal pubblico, ma anche in questo caso è assolutamente incomprensibile un intervallo di venticinque minuti dopo una sola mezz’ora di spettacolo.