Chi scrive è, in questa circostanza, “clamorosamente” di parte, perchè non solo ha conosciuto Pierluigi Petrobelli ma ha avuto l’onore di esserne stato allievo negli anni di frequentazione sapientina. L’insigne musicologo padovano (classe 1932) è mancato a Venezia lo stesso giorno in cui le pagine di tutti i quotidiani venivano invase dalla notizia improvvisa della scomparsa di Lucio Dalla. Si sa, però come sono i giornali… chi si conosce fa notizia, gli altri… Queste righe servono allora, forse anche ai nostri quotidiani, per ricordare l’uomo, il docente, lo studioso, danno uno spazio ad una figura che è stata centrale per l’Italia e per la diffusione della sua cultura, una causa che Pierluigi Petrobelli ha sposato e perseguito lungo l’intero arco della sua vita.
Una peculiarità rara, che anche all’estero è stata notata e premiata: lo dimostrano la Chair of Italian Culture all’Università di California a Berkeley nel 1988 e recentemente la Lauro De Bosis Lecturership in History of Italian Civilization all’Harvard University nel 1996. Dopo la laurea in Lettere alla “Sapienza” con una tesi su Giuseppe Tartini, Pierluigi Petrobelli si è perfezionato in Musicologia alla Princeton University per raggiungere quindi Parma e l’Istituto di Studi Verdiani dapprima come archivista, e poi come presidente (parliamo del 1980).
Nel mentre l’insegnamento, non una dimostrazione di conoscenza o un esercizio di saccenza, ma una passione e un impegno autentico, una missione vissuta come esperienza vera di condivisione del sapere, quasi guidato da una maturata consapevolezza che una cultura è tale solo se insieme costruita e custodita: dal ‘68 al ‘73 Petrobelli è assistente e poi Professore incaricato di Storia della Musica a Cremona, dal ’73 all’80 alla London University e poi ancora all’Università di Perugia, fino alla Sapienza di Roma, dove è stato maestro (per lo meno per il sottoscritto) di umanità straordinaria, didatta esemplare e coinvolgente.
Al docente vanno affiancati lo studioso tenace (in particolar modo di Tartini, Corelli, Dallapiccola, Mozart e Verdi) e il saggista acuto e pungente quanto stilisticamente limpido, con all’attivo più di cento articoli in periodici e volumi sull’Ars Nova Italiana, l’opera del Seicento, Mozart, la musica strumentale barocca e la stagione del melodramma italiano. Allo studioso e al saggista si affianca anche il filologo, membro del Comitato editoriale per l’edizione critica delle opere di Verdi (Chicago e Milano) e del Comitato scientifico del Mozarteum di Salisburgo nonché curatore, con Wolfang Rehm, dell’edizione critica del Re pastore di Mozart per la “Neue Mozart Ausgabe” e del Carteggio Verdi-Ricordi 1880-81.
Per questi meriti e tanti altri che qui sarebbe dispersivo elencare, l’American Musicological Society e la Royal Musical Association inglese lo hanno eletto socio onorario; l’Università di Cordoba (in Argentina) lo ha insignito del titolo di “Visitante distinguido” (alias, gli ha conferito la laurea honoris causa). In Italia, L’Accademia Nazionale dei Lincei lo ha voluto fra i suoi membri, la Rivista Italiana di Musicologia lo ha avuto come direttore responsabile (dal 1968 sl1971), il simpatico Club dei 27 di Parma lo ha nominato “Cavaliere di Verdi”, una carica a cui va sommata quella assai più onerosa della direzione dell’Istituto Nazionale di Studi Verdiani alla quale già abbiamo fatto cenno.
Pierluigi Petrobelli è stato in sostanza una figura poliedrica, un intellettuale completo e soprattutto indipendente, un prisma baciato e attraversato dalla luce del sapere nella sua accezione più alta (di studio e di vita), una luce non trattenuta ma riflessa in un’infinità di modi e colori su studiosi, studenti e appassionati di musica di mezzo mondo. All’Italia resta la memoria di un personaggio centrale per la sua storia e per la diffusione della sua cultura, nell’attesa che acquisisca una nuova consapevolezza dell’alta statura dell’uomo e gli renda ancora una volta omaggio, agli studiosi restano i suoi numerosissimi scritti mentre il sottoscritto, qui non studioso ma ex-studente, conserva gelosamente il ricordo delle sue preziosissime lezioni e l’indimenticabile esempio di un uomo che ha servito, nel silenzio, con dedizione e fedeltà la causa della conoscenza, forse sapendo di svolgere così un servizio ad una Nazione che del suo esempio avrebbe ancora bisogno… oggi più che mai!
Marco Stacca