Teatro “La Fenice” di Venezia, Stagione Lirica 2010
“L’ELISIR D’AMORE”
Melodramma giocoso in due atti di Felice Romani, da Le philtre di Eugene Scribe
Musica di Gaetano Donizetti
Adina DESIREE RANCATORE
Nemorino CELSO ALBELO
Belcore ROBERTO DE CANDIA
Il dottor Dulcamara BRUNO DE SIMONE
Giannetta ORIANA KURTESHI
Coro e Orchestra del Teatro “La Fenice”
Direttore Matteo Beltrami
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Maestro al fortepiano Stefano Gibellato
Regia Bepi Morassi
Scene e costumi Maurizio Fercioni
Movimenti coreografici Barbara Pessina
Luci Vilmo Furlan
Allestimento del Teatro “La Fenice” di Venezia
Venezia, 2 novembre 2010
Nella difficile situazione di contingenza che affligge i teatri lirici italiani, finalmente si attua una politica di aprire i magazzini e di riproporre degli allestimenti che, ovviamente andrebbero invece riutilizzati più di frequente. E’ il caso di questo allestimento veneziano dell’Elisir d’amore, proposto per la prima volta al Teatro “Malibran” nel 2003. Per un titolo di grande repertorio come questo, di sicuro richiamo per il pubblico, giocare su produzioni “sicure”, ossia non frutto di operazioni registiche cervellotiche, è sicuramente una carta vincente. E’ stato così per questo Elisir. La combinazione di titolo e allestimento sicuri, con l’aggiunta di un buon livello musicale e vocale (almeno per ciò che riguarda il primo cast), hanno fatto sì che in teatro, al termine dello spettacolo, si percepisse uno dei rari momenti di soddisfazione e di successo convinto. In questo Elisir tutto si svolge come da libretto. Un impianto scenico, firmato da Maurizio Fercioni, semplicissimo, monocromatico, a quinte con utilizzo di sipari e proiezioni. Pochi oggetti di scena in un’ambientazione sulla quali agiscono i nostri personaggi in tradizionali abiti rurali ottocenteschi. Venendo proprio all’azione, ossia alla regia, Bepi Morassi ha sicuramente dato un’impronta generale, ma si ha la netta sensazione che i cantanti agiscano seguendo un proprio istinto interpretativo. In sostanza ci metteno decisamente del loro. Pur con qualche eccesso comico, rischio assai facile con queste partiture, nell’insieme funziona tutto e, come abbiamo detto, il pubblico si diverte e, alla fine è giusto dare agli spettatori l’ultima parola.
Sul piano musicale ci si allinea alla tradizione, ossia l’opera viene eseguita con i soliti “tagli” di pressochè tutte le riprese delle cabalette e delle “chiuse” dei duetti. La concertazione di Matteo Beltrami è complessivamente scrupolosa, ma anche vivace e si fa apprezzare per la levità degli accompagnamenti al canto. Désirèe Rancatore è un’Adina gradevole, anche se riporta il personaggio a uno stile di canto “soubrette”. Un errore, perchè Adina sicuramente non è “soubrette”. Si disimpegna tuttavia con un canto gradevole e non cade nel lezioso. Buone le agilità e, soprattutto, in questa partitura può dare “libero sfogo” a quello che è di certo il suo punto forte, ossia il registro acuto e sopracuto. Non perde quindi occasione per lanciarsi in puntature di sicuro effetto anche se, talvolta un po’ arbitrarie. Al suo fianco, il tenore Celso Albelo è un Nemorino scenicamente disinvolto, di bel timbro vocale, sufficientemente lieve ed elegante, facile nel registro acuto, anche lui quindi non perde occasione per poter fare sfoggio di questa sua qualità. Roberto De Candia centra, nelle linee generali, la figura di Belcore, ma di certo ne da una visione più da “bonaccione” che da militare gradasso. Il Dulcamara di Bruno De Simone vocalmente è piuttosto consunto ma, almeno ha il grosso pregio di non essere grottesco e di non cadere in lazzi buffoneschi. Buona infine la Giannetta di Oriana Kurteshi così come complessivamente valide le prove del Coro e dell’Orchestra del Teatro “La Fenice” di Venezia.
Foto Michele Crosera